“Un comunicato politicamente criminale, che ha rischiato di dirottare nel grottesco l’iniziativa politica di Berlusconi”. La migliore sintesi del cortocircuito mediatico che sta travolgendo il Pdl, è nelle parole di Giuliano Ferrara, uno dei più ascoltati consiglieri del premier. Nel suo editoriale che verrà pubblicato domani sul Foglio, Ferrara stronca l’operazione pro-Berlusconi annunciata oggi pomeriggio in un comunicato ufficiale del partito: “Nell’ambito delle iniziative e delle manifestazioni politiche e movimentiste da svolgersi su tutto il territorio nazionale, il presidente Berlusconi ha incaricato Daniela Santanchè e Michela Vittoria Brambilla di predisporre un piano di iniziative e mobilitazioni a sostegno dell’attività di governo e a difesa del premier dalle aggressioni mediatico-giudiziarie. Questo avverrà coinvolgendo tutte le componenti della società civile e tutte le strutture del Pdl, centrali e periferiche”.
Passano pochi minuti e arriva la secca smentita di Paolo Bonaiuti, portavoce del premier: “Per un banale equivoco è stata attribuita al presidente Berlusconi la decisione di incaricare alcuni dirigenti del Pdl per un piano di iniziative e di mobilitazione. Non c’è stata invece nessuna decisione in merito, anzi di questo tema non si è parlato neanche per un minuto nel corso del vertice del Pdl”. Nel pomeriggio le agenzie battono la dichiarazione anonima di “un alto dirigente Pdl che non rientra tra le colombe”, il quale parla di “marchiano errore”. L’ufficio stampa Pdl rincorre affannosamente le dichiarazioni e smentisce nuovamente la notizia delle nuove iniziative”. Insomma, sotto accusa finiscono Brambilla e Santanché, le quali però notoriamente non muovono foglia senza che Silvio non voglia.
La storia della manifestazione anti pm si è arricchita quindi di una nuova puntata. Tutto era iniziato venerdì, quando Berlusconi l’aveva annunciata per il 13 febbraio. Anche in quel caso, la retromarcia arrivò in meno di 24 ore, ma con modalità diverse da quelle di oggi. A seguito delle preoccupazioni espresse da Napolitano e di qualche voce critica che si era levata nel partito (su tutte, quella dell’ex ministro Giuseppe Pisanu), il Popolo della libertà aveva annullato l’annunciata manifestazione prevista a Milano per il 13 febbraio: tra quelli che dichiararono che “nessuna manifestazione è prevista per quella data” c’era anche Daniela Santanché, oggi invece additata tra i “colpevoli”. “Tutto è bene quel che finisce bene”, commenta Ferrara: “E’ ovvio che Berlusconi ha molti fronti aperti, visto che è sotto l’assedio borbonico e moralistico del circuito mediatico giudiziario, ma se non si controlla lo spin, cioè la comunicazione dell’agenda politica di un uomo di stato, governare non diventa impossibile, diventa inutile”. Insomma, l’importante è che la “comunicazione” di Berlusconi sia quanto di più lontano esista dall’affaire Ruby, sembra consigliare il direttore del Foglio.
In realtà, al di là delle strategie mediatiche, è proprio il caso prostitute e minorenni la causa di tutte le tensioni. Non tanto per quanto è stato pubblicato fino ad oggi, ma soprattutto per quanto potrebbe ancora uscire. Il terrore dei vertici del partito sono le foto e i video dei festini di Arcore. A dare una mano a chi avesse ancora dei dubbi sull’esistenza del materiale, è Luca Barbareschi, tra i più accaniti sostenitori della nascita di Fli e ora sempre più lontano dal partito di Fini. Tanto che ieri sera è stato ad Arcore. E oggi ha rivelato qualcosa di importante proprio sulle foto: “Nell’inchiesta – dice Barbareschi nella trasmissione radiofonica “La Zanzara” – ci sono delle foto fatte in casa di Berlusconi con strumenti professionali usati per lo spionaggio. Sappiamo che questi apparecchi costano più di 25.000 euro l’uno. Gli investigatori hanno fatto delle foto e sono notizie certe. Non sono foto fatte dalle ragazze con i telefonini ma foto scattate con strumenti professionali. Non è più un Paese libero. Se dovessi vedere una foto di Berlusconi io come cittadino italiano mi sentirò offeso”. Insomma, Barbareschi si dice assolutamente certo che le foto esistono. E preannuncia quella che sarà la carta utilizzata dal premier per neutralizzare il loro contenuto: sostenere che sono frutto di spionaggio e non che sono state trovate nei computer delle ragazze durante le perquisizioni. Una mossa disperata che racconta però bene il clima che si respira nella corte del Cavaliere. Anche se, bisogna dirlo, le presunte immagini finiranno agli atti di questo processo solo se negli scatti dovesse comparire Ruby, che è il perno dell’inchiesta sulla prostituzione minorile. Altrimenti di esse si parlerà solo quando verrà chiusa l’inchiesta contro Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede