Continuano gli scontri al Cairo tra manifestanti anti Mubarak e sostenitori del regime. Questi ultimi hanno fatto irruzione in un hotel alla ricerca dei corrispondenti stranieri. Un cronista svedese è stato accoltellato e ora è grave. Dalla notte scorsa le vittime sono più di dieci. El Baradei: "No al dialogo se il presidente non lascia il potere"
Secondo il ministero della Sanità, nella notte gli scontri tra manifestanti pro e anti Mubarak in piazza Tahrir hanno causato 13 morti e 1.200 feriti.
In mattinata il primo ministro Ahmed Shafiq ha annunciato l’apertura di una inchiesta sulle violenze di ieri mentre il vicepresidente Omar Soliman, che ieri sera aveva detto che non ci sarebbe stato nessun dialogo con le opposizioni finché i manifestanti rimanevano in piazza, ha annunciato una ripresa di contatti con le opposizioni. Secondo la Cnn online, Shafiq si è anche scusato per le violenze commesse ieri sui manifestanti. “E’ stato un errore fatale e quando le indagini chiariranno chi è dietro questo crimine e coloro che lo hanno permesso, prometto che saranno ritenuti responsabili e puniti per quello che hanno fatto”, ha detto il primo ministro.
L’apertura è però stata seccamente respinta da Mohamed El Baradei e dai fratelli musulmani che hanno ribadito la richiesta di sempre: “Prima di sedersi la tavolo, il rais se ne deve andare”. Nel frattempo si è diffusa la notizia che una ventina di esponenti di Hezbollah detenuti in un carcere al Cairo sono riusciti a evadere e hanno già raggiunto il Libano. Continuano le aggressioni nei confronti dei giornalisti stranieri, da ieri obiettivo di aggressioni da parte dei sostenitori di Mubarak che cercano di impedire a cameraman e fotografi di riprendere quanto sta avvenendo su piazza Tahrir.
Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di proteggere il diritto di manifestazione pacifica. Una missione di ricerca dell’organizzazione, presente in questi giorni in Egitto, ha riferito che la violenza è apparsa orchestrata dalle autorità, nel tentativo di sopprimere le proteste pacifiche in favore di riforme politiche. “L’esercito sembra stia venendo meno al suo impegno a proteggere i manifestanti pacifici”, ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnestyl. “Il fatto che si consenta alle violenze di proseguire in presenza dei soldati fa venire il dubbio che questi abbiano ricevuto ordini di non interferire”. Gli scontri tra manifestanti costituiscono un modello ricorrente della violenza politica in Egitto, organizzata dalle autorità per sedare e disperdere le proteste. Nelle tornate elettorali degli anni scorsi, Amnesty International aveva documentato come le autorità avessero assoldato bande di criminali per intimidire coloro che si recavano al voto e disperdere manifestazioni dell’opposizione.
(ER)