La denuncia di Giorgio Meletti, presidente di Confartigianato: "Rischio di aumento della pressione fiscale sulle imprese". Il Carroccio respinge le accuse: "Prima approviamo il decreto, poi mettiamolo in atto". "Accuse strumentali"
La protesta contro il federalismo parte da Varese, un territorio dove ci sono 23mila aziende artigiane e luogo di nascita della Lega Nord. A denunciare una norma che “rischia di pesare sul portafoglio delle imprese, coinvolte in una sempre più stretta morsa di tassazione e burocrazia”, è Giorgio Meletti, presidente di Confartigianato. Meletti chiede che l’ultimo testo, uscito dall’ultima, sofferta e contrattata bozza Calderoli sull’autonomia fiscale dei comuni, venga rivisto. “Nella nuova versione del testo del decreto – spiega il presidente – è scomparso l’obbligo di riduzione alla metà dell’Imu (Imposta municipale unica) per gli immobili produttivi delle imprese o dati in locazione. L’obbligo di riduzione si è trasformato in una facoltà per i Comuni, con un evidente rischio di aumento della pressione fiscale sulle imprese”. Molto meglio, quindi, “la precedente formulazione del decreto”.
Nei giorni scorsi, gli stessi dubbi erano stati espressi sia da Luca Ricolfi sul quotidiano torinese La Stampa, sia dal Sole 24 Ore. Ricolfi riassumeva il timore sempre più diffuso che “l’esigenza, tutta politica, di ottenere l’ok dell’Anci”, potesse portare “a un ulteriore aumento della pressione fiscale”. Secondo i calcoli del giornale di Confindustria “le imprese subiranno un aumento medio del 18,75 per cento rispetto a quello che pagano ancora con l’Ici”. La bozza ferma infatti “l’Imu al 7,6 per mille anche per gli immobili strumentali, con un rincaro medio del 18,75 per cento rispetto all’aliquota media dell’Ici in vigore”. Di qui lo scontento della Confartigianato: “I conti devono tornare – dice ancora Meletti – ma se li si fa senza l’oste le sorprese arrivano arrivano puntuali: se la platea dei paganti si dimostra insufficiente a pareggiare, la si amplia. Puntando alle imprese come ha fatto il governo”.
I conti sono ipotetici, ma le piccole e medie imprese (Pmi) fanno sentire la loro voce: “Questo non è il federalismo che ha chiesto e chiede la Confartigianato”. Sembra un invito al ripensamento: “Se federalismo dev’essere, che lo sia nell’ottica di una sussidiarietà dinamica e non capricciosa. Cioè volta alla crescita e non al ‘fare cassa’”.
Ma la Lega respinge le accuse: “Mi lascia molto perplesso il fatto che Confartigianato, un’ora dopo aver visto la bozza del decreto, abbia già fatto tutti i calcoli”, commenta il senatore Fabio Rizzi, sindaco di Besozzo. Rizzi, sentito dal quotidiano La provincia di Varese, riconduce il tutto a “una presa di posizione strumentale e non di contenuti”. Nessun federalismo annacquato quindi: “Certo non siamo il Canton Ticino, ma non dimentichiamo che oggi ci arriva lo 0,86 per cento dei proventi delle entrate fiscali, alla Provincia lo 0,84 per cento e la media del nostro territorio è sotto l’1 per cento. Le future percentuali, che oscillano tra il 5 e l’8,3 per cento sono numeri. E sono numeri chiari”. Anche Stefano Candiani, sindaco di Tradate, frena gli allarmismi: “Si sta arrivando in maniera molto sofferta all’approvazione del federalismo”, ma quelle su cui s’esprimerà la bicamerale “non sono tavole della legge bensì il primo passo verso una riforma che deve portare a una maggiore responsabilità di chi gestisce la cosa pubblica”. I margini per migliorare ci sono: “Ora bisogna completare questa fase di rinnovamento, perché non c’è nulla di peggio di un Paese che non riesce a imboccare una strada, provocando un danno a tutti”. Conclude Candiani: “Approviamo tutti insieme il federalismo e il giorno dopo confrontiamoci per attuarlo”.
(ER)