Il Fatto Quotidiano di lunedì primo febbraio dedica sei colonne a Giuliano Ferrara fondatore & direttore de il Foglio.
Il fatto che persino il Fatto riservi tanto spazio a codesto vanesio inquisitore & disquisitore per conto del Caimano, costituisce l’ennesimo riscontro dell’indubitato successo del suo Foglio igienico, puntualmente citato dalla stragrande maggioranza dei giornalisti come sorta di bibbia della loro casta.
Persino i giornalisti di tendenze opposte a quelle di Giuliano, sanno bene che l’italiota tipo, più che con il bello, il pulito e il buono, preferisce identificarsi con il brutto, lo sporco e il cattivo. Insomma ai Mario Monti e ai Renzo Piano si preferiscono i Luca Barbareschi e i Fabrizio Cicchitto.
Altrimenti come comprendere il seguito di gaglioffi come Mussolini, Andreotti, Craxi & Caimano annesso e connesso, dei quali l’elefantino ricalca perfettamente l’opportunismo trasversale e trasformista?
Figlio di Maurizio Ferrara direttore de l’Unità e di Marcella de Francesco, ex partigiana e segretaria particolare di Togliatti, Giuliano, nella versione del sessantottin-contenstatore, partecipò agli scontri di Valle Giulia a Roma. Il che non gli impedì nel 1973 di assurgere a capogruppo del Pci torinese, cheek to cheek con Piero Fassino. Nel 1983, gettato alle ortiche il partito, collabora con l’Espresso e si avvicina a Benito Craxi, segretario del partito socialista e presidente del Consiglio. Negli ’80 passa al Corsera con la rubrica Bretelle Rosse (sic!) e a Reporter, giornale di area socialistica diretto dai due ex lottatori continui Enrico Deaglio & Adriano Sofri. Nei ’90 si trasferisce a Rai3 con Linea Rovente e a Rai2 con Il Testimone. Passa quindi a Canale 5 dove conduce Radio Londra e allo scoppio di Tangentopoli vede bene di scagliarsi contro le Procure della Repubblica. Il partito socialista è ormai in decomposizione e lui l’abbandona per assumere il dicastero dei Rapporti con il parlamento del primo governo Berlusconi. E finalmente, nel 1996, grazie a Veronica Lario, fonda il Foglio da gabinetto mentre il suo approccio neoconservatore, gli consente di sostenere, da consigliere più auscultato dal premier, i governi del secondo e terzo governo berluscone. Dopo l’11 settembre 2001 assumerà posizioni sempre più antilaiciste, sostenendo da ateo devoto – definizione di Beniamino Andreatta ripresa da Eugenio Scalfari – il rafforzamento dei valori giudaico-cristiani. Nel 2003 su La7 idea & conduce Otto e Mezzo, poi inter/cambiato da Gad Lerner and CO. Nel 2007 propone una moratoria universale sull’aborto, da lui ritenuto scandalo supremo della nostra epoca, omicidio tout court addirittura. Fonda la lista Associazione della vita. Aborto? No grazie, con la quale, come alleato del Polo delle Libertà, si presenta alle elezioni ma viene pesantemente sconfitto. Ripiegherà assumendo l’ideologia cristianista, ispirata ai neocon statunitensi, dei e dai quali Giuliano è considerato lo studioso e il divulgatore italiota per eccellenza.
Ciò nonostante, non c’è rassegna stampa che non si periti di citare giorno dopo giorno quel che il fin dicitore & direttore dell’igienico Foglio abbia scritto o non detto, vista & considerata l’abitudine giornalistica di riferirsi a Ferrara chiamandolo per nome, come si fa con un parente, un amico, un sodale e via discorrendo.
E adesso, persino il Fatto Quotidiano, unico giornale a grande tiratura non sovvenzionato dal Potere e pagato solo dai suoi lettori, dopo averci informato sulle pessime condizioni finanziarie del Foglio di gabinetto, si domanda domandandoci quale sarà il destino della sua redazione, visto & considerato il buco di sei milioni di euri deficitari, da ripianare con le maledette sovvenzioni statali sottratte dalle tasche del solito pantalone, per non dire della maretta che tira maledetta nelle file del centro destra post fascista & limitrofi.
Come se non fosse già chiaro che in questo ex ben paesino antimeritocratico per antonomasia, i poveri strapagati giornalisti di codesto Foglio, nonostante i sessantottardi precedenti di taluni di loro, troveranno sicura sistemazione grazie all’opportunismo trasformista trasversale di sempre, nerbo costitutivo dell’ossatura, si fa per dire, di quel giornalismo italiota privo di vergogna, che non sia quella che ci sta rimbalzando addosso dai quattro angoli del mondo.