Le polemiche sono cominciate ancora prima delle riprese. Il “Romanzo criminale” che la società romana “Tao due”, di Pietro Valsecchi, si appresta a girare tra aprile e maggio a Casal di Principe per raccontare la storia di una delle più grandi e temute holding criminali del panorama camorristico, suscita preoccupazione. A lanciare l’allarme sono state le associazioni di volontariato impegnate sul fronte anticamorra. Temono che il racconto televisivo possa alimentare miti negativi e far soccombere chi quotidianamente lotta contro la camorra.
E’ stato il coordinatore di Libera e del Comitato don Peppe Diana, Valerio Taglione, dalle colonne della cronaca provinciale del quotidiano “Il Mattino” ad aprire la polemica: “A chi non è fornito della giusta dose critica, darà un’altra occasione per creare dei falsi modelli. Per parlare di questo popolo, sarebbe stato forse meglio puntare i riflettori su don Peppe Diana, prete di Casal di Principe che al clan ha resistito”. Della stessa opinione anche Simone Scarpati, presidente dell’Associazione Studenti Napoletani contro la camorra e il commissario regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli: “Al di là della qualità del prodotto televisivo, è davvero inquietante sapere che sta per essere girata una fiction sui Casalesi a Caserta. Innanzitutto il clan in questione non è stato ancora sgominato e poi le esperienze simili in passato hanno prodotto emulazione e non certo critica nei nostri territori. Queste serie hanno spesso trasformato i camorristi in eroi e personaggi positivi come il ‘simpatico figlio’ di un camorrista al Grande Fratello”.
Sull’argomento sono intervenuti in tanti: dal Sindaco di Casal di Principe, Pasquale Martinelli, al prete di Frontiera, Stefano Giaquinto, fino al magistrato Lello Magi, estensore della sentenza Spartacus (quella del maxi processo contro la camorra casalese), e tutte con lo stesso filo conduttore: “La fiction sui casalesi potrebbe rendere accattivanti figuri che sono dietro le sbarre al 41bis e non quelle persone che combattono i criminali”.
“Questo sarebbe un cattivo servizio a quanti cercano di uscire dalla cappa di illegalità che da anni ha pervaso questo territorio – spiega Renato Natale, medico, a capo dell’associazione Jerry Masslo che si occupa da più di vent’anni di immigrazione, e da alcuni mesi anche commissario della sezione del Pd di Casal di Principe – Voglio ribadire un concetto che qui ormai è già noto da tempo: Casalesi è il nome di un popolo e non di un clan. Se si continua a criminalizzare tutti i cittadini di Casal di Principe, facendo di tutta l’erba un fascio, non solo siamo lontani dalla realtà, ma non si fa nemmeno un buon servizio a quanti quotidianamente cercano di combattere il sistema criminale”.
Ma una lancia a favore del “romanzo criminale” sui casalesi, la spezza Raffaele Cantone, magistrato che conosce più da vicino la camorra di quei territori: “Il rischio che quando si racconta di queste cose si possa creare qualche sbilanciamento, c’è sempre. Ma sono altrettanto convinto che se si racconta la verità, in tutte le sue sfaccettature, non si fa un danno. E bisogna raccontare sempre. Non si può dire che va bene quando lo fa Roberto Saviano e non va bene quando lo fanno gli altri. L’importante, ripeto, è che si racconti l’esatta verità”.
Si dice sorpreso delle polemiche Pietro Valsecchi, titolare della “Tao due”, la società di produzione televisiva che vanta al suo attivo fiction come quella del Capo dei capi, Distretto di Polizia, Ris. “Capisco le preoccupazioni dei cittadini di Casal di Principe – afferma Valsecchi – e, riflettendoci bene, posso dire che staremo attenti a che ciò che loro adombrano non accada. Cambieremo già il titolo della serie televisiva. Avevamo deciso di chiamarla “Il clan dei casalesi”. Mediaticamente funzionava, ma alla luce delle preoccupazioni che sono state formulate, sarà necessario pensare ad un altro titolo. Saranno 6 puntate ognuna di 100 minuti. Poi – afferma ancora Valsecchi – anche chi ha scritto la sceneggiatura, Claudio Fava, il cui padre è stato ucciso dalla mafia, credo sia stato molto attento a non cadere nell’errore di mitizzare i criminali.”
“Voglio rassicurare quelli che fanno “polemiche preventive” – precisa Claudio Fava – Sarà un’occasione per raccontare il potere con le parole e i fatti di cui hanno scritto i magistrati che hanno condannato i camorristi casalesi. Sarà la storia dell’ascesa e del declino di un potere camorristico che spara e che si fa potere politico e finanziario. Racconteremo l’antagonismo di quella parte dello Stato che ha lottato contro la politica collusa. Racconteremo di don Diana, della vicenda di un sindaco che lottava contro il clan e che fu costretto a dimettersi. Al centro di tutto ci sarà un magistrato, non uno specifico, ma sarà il simbolo di quei tanti che sul fronte opposto alla camorra hanno reso possibile il declino dei gruppi criminali. Insomma storie di ribellioni e non mitizzazioni di criminali”.
di Raffaele Sardo
Mafie
A Casal di Principe è polemica
per la fiction sulla camorra
Per il sindaco Pasquale Martinelli: “La serie potrebbe rendere accattivanti figuri che sono dietro le sbarre al 41bis e non chi combatte i casalesi”. Risponde lo sceneggiatore Claudio Fava, il cui padre è stato ucciso dalla mafia: "Racconteremo il potere con parole e fatti di cui hanno scritto i magistrati che hanno condannato i camorristi"
E’ stato il coordinatore di Libera e del Comitato don Peppe Diana, Valerio Taglione, dalle colonne della cronaca provinciale del quotidiano “Il Mattino” ad aprire la polemica: “A chi non è fornito della giusta dose critica, darà un’altra occasione per creare dei falsi modelli. Per parlare di questo popolo, sarebbe stato forse meglio puntare i riflettori su don Peppe Diana, prete di Casal di Principe che al clan ha resistito”. Della stessa opinione anche Simone Scarpati, presidente dell’Associazione Studenti Napoletani contro la camorra e il commissario regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli: “Al di là della qualità del prodotto televisivo, è davvero inquietante sapere che sta per essere girata una fiction sui Casalesi a Caserta. Innanzitutto il clan in questione non è stato ancora sgominato e poi le esperienze simili in passato hanno prodotto emulazione e non certo critica nei nostri territori. Queste serie hanno spesso trasformato i camorristi in eroi e personaggi positivi come il ‘simpatico figlio’ di un camorrista al Grande Fratello”.
Sull’argomento sono intervenuti in tanti: dal Sindaco di Casal di Principe, Pasquale Martinelli, al prete di Frontiera, Stefano Giaquinto, fino al magistrato Lello Magi, estensore della sentenza Spartacus (quella del maxi processo contro la camorra casalese), e tutte con lo stesso filo conduttore: “La fiction sui casalesi potrebbe rendere accattivanti figuri che sono dietro le sbarre al 41bis e non quelle persone che combattono i criminali”.
“Questo sarebbe un cattivo servizio a quanti cercano di uscire dalla cappa di illegalità che da anni ha pervaso questo territorio – spiega Renato Natale, medico, a capo dell’associazione Jerry Masslo che si occupa da più di vent’anni di immigrazione, e da alcuni mesi anche commissario della sezione del Pd di Casal di Principe – Voglio ribadire un concetto che qui ormai è già noto da tempo: Casalesi è il nome di un popolo e non di un clan. Se si continua a criminalizzare tutti i cittadini di Casal di Principe, facendo di tutta l’erba un fascio, non solo siamo lontani dalla realtà, ma non si fa nemmeno un buon servizio a quanti quotidianamente cercano di combattere il sistema criminale”.
Ma una lancia a favore del “romanzo criminale” sui casalesi, la spezza Raffaele Cantone, magistrato che conosce più da vicino la camorra di quei territori: “Il rischio che quando si racconta di queste cose si possa creare qualche sbilanciamento, c’è sempre. Ma sono altrettanto convinto che se si racconta la verità, in tutte le sue sfaccettature, non si fa un danno. E bisogna raccontare sempre. Non si può dire che va bene quando lo fa Roberto Saviano e non va bene quando lo fanno gli altri. L’importante, ripeto, è che si racconti l’esatta verità”.
Si dice sorpreso delle polemiche Pietro Valsecchi, titolare della “Tao due”, la società di produzione televisiva che vanta al suo attivo fiction come quella del Capo dei capi, Distretto di Polizia, Ris. “Capisco le preoccupazioni dei cittadini di Casal di Principe – afferma Valsecchi – e, riflettendoci bene, posso dire che staremo attenti a che ciò che loro adombrano non accada. Cambieremo già il titolo della serie televisiva. Avevamo deciso di chiamarla “Il clan dei casalesi”. Mediaticamente funzionava, ma alla luce delle preoccupazioni che sono state formulate, sarà necessario pensare ad un altro titolo. Saranno 6 puntate ognuna di 100 minuti. Poi – afferma ancora Valsecchi – anche chi ha scritto la sceneggiatura, Claudio Fava, il cui padre è stato ucciso dalla mafia, credo sia stato molto attento a non cadere nell’errore di mitizzare i criminali.”
“Voglio rassicurare quelli che fanno “polemiche preventive” – precisa Claudio Fava – Sarà un’occasione per raccontare il potere con le parole e i fatti di cui hanno scritto i magistrati che hanno condannato i camorristi casalesi. Sarà la storia dell’ascesa e del declino di un potere camorristico che spara e che si fa potere politico e finanziario. Racconteremo l’antagonismo di quella parte dello Stato che ha lottato contro la politica collusa. Racconteremo di don Diana, della vicenda di un sindaco che lottava contro il clan e che fu costretto a dimettersi. Al centro di tutto ci sarà un magistrato, non uno specifico, ma sarà il simbolo di quei tanti che sul fronte opposto alla camorra hanno reso possibile il declino dei gruppi criminali. Insomma storie di ribellioni e non mitizzazioni di criminali”.
di Raffaele Sardo
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Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - Il collaboratore di giustizia Pietro Riggio, ex agente di Polizia penitenziaria, avrebbe avuto dei contatti con un uomo della Cia, che avrebbe fatto da "garante" per "i progetti" della criminalità organizzata. A rivelarlo è lo stesso Riggio, proseguendo la sua deposizione al processo a carico di due generali dei Carabinieri, due ex investigatori antimafia, Angiolo Pellegrini e Alberto Tersigni, accusati di depistaggio. Per la Procura di Caltanissetta, rappresentata in aula dal pm Pasquale Pacifico, i due ufficiali oggi in pensione, avrebbero depistato le indagini per riscontrare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Pietro Riggio. I due, in particolare, avrebbero intralciato, secondo l’accusa, il lavoro dei pubblici ministeri, che stavano cercando riscontri alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia nisseno Pietro Riggio sulla strage di Capaci. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tersigni, 63 anni e l’82enne Pellegrini hanno lavorato a lungo per la Dia. Pellegrini è stato anche uno storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone.
Alla domanda del Procuratore aggiunto Pacifico se ha mai conosciuto "un soggetto di nome Roger D'Onofrio?", Riggio ha risposto: "Sì. Mi è stato presentato da Giuseppe Porto", un detenuto che il collaboratore ha conosciuto in carcere. "In una occasione - racconta Riggio - andai a Benevento presso lo studio dell'ingegnere Antonio D'Onofrio. Roger D'Onofrio era anziano, ultrasettantenne. Porto disse che era il nostro 'garante' per tutte le operazioni che dovevamo fare. Era un appartenente ai servizi segreti americani in Italia, era della Cia. Mi fu detto da Porto".
E poi Pietro Riggio aggiunge: "Stavamo progettando la realizzazione di un pastificio per dare una parvenza legale e giustificare i movimenti di Porto e altri soggetti in territorio di Caltanissetta". A quel punto, il pm Pacifico ha chiesto il riconoscimento fotografico di D'Onofrio a Riggio. E gli mostra un album fotografico. "Sì, D'Onofio è al numero 10", dice Riggio.
Roger d'Onofrio era un agente della Cia. Italiano di origini, nel 1983 D'Onofrio era stato coinvolto in un traffico d’armi verso il Medio Oriente. Lo 'spione' degli americani il 2 dicembre 1995 venne arrestato. L’ipotesi era che avesse svolto un ruolo nel commercio di armi dalla Croazia, fatte arrivare in Italia via Albania.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La risoluzione del Pd, frutto di un lavoro condiviso positivo, contiene un messaggio chiaro, l'invito a rafforzare il percorso di costruzione dell'autonomia strategica dell'Europa". Lo ha detto Piero De Luca, deputato e capogruppo del Pd in commissione politiche europee, a margine della riunione dei gruppi congiunti dem sulla risoluzione Ue.
"Ribadiamo la linea chiara sulla politica estera con il pieno sostegno all'Ucraina e il rilancio di un'azione diplomatica di pace che veda protagonista l'Europa. Condanniamo la guerra commerciale dei dazi invitando ad evitare illusorie scorciatoie bilaterali, ed chiediamo al governo di avviare il percorso per raddoppiare le risorse del prossimo bilancio pluriennale europeo, così come di lavorare a nuovi investimenti con debito comune, sulla scia del Next Generation per rilanciare la competitività e difendere il nostro modello sociale di welfare".
"Abbiamo poi rivolto al Governo l'invito a promuovere investimenti congiunti necessari per realizzare l’autonomia strategica nella sicurezza comune, a coordinare le capacità industriali, a rafforzare l'interoperabilità dei sistemi difesa, verso un esercito comune. In tal senso, è importante lavorare nel corso del negoziato sul Libro bianco per cambiare gli elementi di criticità del Piano di riarmo, per condizionare tutte le spese, gli strumenti e gli investimenti alla pianificazione, allo sviluppo, all’acquisizione e alla gestione di capacità comuni per evitare riarmi nazionali privi di coordinamento, ma ponendo invece le basi per la costruzione di una vera e propria difesa europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Rafforzare le nostre capacità di difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali". Occorre quindi un approccio a 360 gradi, perché "senza difesa non c'è sicurezza, senza sicurezza non c'è libertà". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "L'invio di truppe italiane in Ucraina non è mai stato all'ordine del giorno così come riteniamo che l'invio di truppe europee proposto da Francia e Regno Unito sia un'opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Poste Italiane amplia la diffusione del servizio di richiesta e rinnovo del passaporto negli uffici postali, che da oggi è attivo anche in 12 uffici di Milano, 12 di Napoli, 3 di Bergamo e in 4 comuni della provincia di Firenze. Milano, Napoli e Bergamo si aggiungono quindi a Roma, Bologna, Verona, Cagliari, Aosta, Catanzaro, Perugia, Venezia, Matera, Modena, Monza e Brianza, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Sassari, Treviso e Vicenza dove il servizio è disponibile già da alcuni mesi. Il servizio, si legge in una nota, è stato esteso inoltre in 88 uffici postali nei Comuni della provincia di Milano, in 42 della provincia di Napoli e in 121 della provincia di Bergamo: tutti inclusi nel progetto Polis di Poste Italiane, l’iniziativa rivolta ai 6.933 Comuni al di sotto di 15 mila abitanti che permette ai cittadini l’accesso digitale ai servizi della pubblica amministrazione direttamente dagli uffici postali. In totale, sono circa 14 mila le richieste di passaporto presentate nei 388 uffici postali abilitati delle grandi città in cui è disponibile il servizio. Ad esse si aggiungono le circa 25 mila richieste presentate nei 2.052 uffici postali dei Comuni inclusi nel progetto Polis
Ottenere il rilascio o il rinnovo del passaporto è un’operazione estremamente semplice. Grazie alla Convenzione firmata tra Poste italiane, Ministero dell’Interno e Ministero delle imprese e del made in Italy, infatti, agli interessati basterà consegnare all’operatore del più vicino ufficio postale del proprio Comune un documento di identità valido, il codice fiscale, due fotografie, pagare in ufficio il bollettino per il passaporto ordinario della somma di 42,50 euro e una marca da bollo da 73,50 euro. In caso di rinnovo bisognerà consegnare anche il vecchio passaporto o la copia della denuncia di smarrimento o furto del vecchio documento. Grazie alla piattaforma tecnologica in dotazione agli uffici postali abilitati, sarà lo stesso operatore a raccogliere le informazioni e i dati biometrici del cittadino (impronte digitali e foto) inviando poi la documentazione all’ufficio di Polizia di riferimento.
Per richiedere il rilascio del passaporto negli uffici postali delle grandi città è necessaria la prenotazione che si può fare registrandosi al sito di Poste Italiane. Il nuovo passaporto potrà essere consegnato da Poste Italiane direttamente a domicilio. Negli uffici postali Polis è possibile ritirare certificati anagrafici e di stato civile, certificati previdenziali, certificati per le pratiche di volontaria giurisdizione. Ad oggi sono stati erogati già 55 mila documenti. I nuovi servizi sono forniti dagli uffici postali allo sportello, nelle sale dedicate o tramite totem digitali che permetteranno al cittadino di eseguire le richieste in modalità self.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Sulla questione immigrazione "non dimentico il nostro impegno sulle soluzione innovative, come tra tutte, in prima battuta, il protocollo Italia-Albania che il Governo è determinato a portare avanti, anche alla luce dell'interesse e del sostegno mostrato da sempre più nazioni europee. Penso sia chiaro a tutti che se nella nuova proposta di Regolamento si propone di creare centri per i rimpatrii in Paesi terzi è grazie al coraggio dell'Italia, che anche su questo ha fatto da apripista". Lo ha affermato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "La mediazione trovata nel Pd dimostra che non occorre alcun congresso: se i democratici discutono e si confrontano tra loro, si trova la sintesi migliore". Così la deputata Paola De Micheli a margine del dibattito nell’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari Pd sul Rearm e il conseguente voto a Senato e Camera.
"Questa posizione unitaria del Pd ci rimette dentro la discussione in corso in Europa sulla difesa e sull’integrazione europea, dibattito in cui il Partito democratico deve stare e ha il compito storico di indirizzarlo, in quanto delegazione più numerosa del Partito socialista europeo. E il Pd ha anche il compito di tenere la barra dritta sulla necessità di un’Europa unita e forte e di una difesa comune europea perché, come sottolineato oggi dalla segretaria Schlein, le destre assecondano le spinte nazionaliste che sempre hanno portato verso i conflitti e non verso la pace. In questo momento il governo Meloni è senza direzione, diviso sull’Europa e incapace di essere credibile nel cuore della politica continentale”.