Entro marzo verrà costituito un comitato congiunto governo-opposizione per le riforme costituzionali in Egitto. L’iniziativa è stata decisa nel corso del vertice tenutosi al Cairo tra il vicepresidente egiziano Omar Suleiman e i rappresentanti dell’opposizione, tra cui i Fratelli musulmani. La questione egiziana sembra, dunque, avviarsi verso una conclusione condivisa.

L’accordo. Il documento, redatto dai partecipanti dell’ incontro prevede l’esecuzione di tutte le promesse fatte da Mubarak nel suo discorso del primo febbraio. In particolare l’organizzazione di elezioni presidenziali da tenere entro breve tempo dopo la scadenza del mandato dell’attuale presidente, previsto per settembre. Assicurata l’assenza di Mubarak tra i candidati alle prossime elezioni, la riforma degli articoli 76 e 77 della Costituzione, una riforma delle legge elettorale, il rinvio a giudizio di tutti i politici e funzionari accusati di corruzione e considerati responsabili degli episodi di violenza dei giorni scorsi in Egitto. Per essere certi che l’attuale governo faccia queste riforme, è stata decisa la creazione di una commissione, composta anche da giudici, che studi la fattibilità delle riforme costituzionali. Inoltre il governo si è impegnato ad aprire un ufficio che riceverà i ricorsi di tutti i detenuti politici. E’ stata deciso anche di concedere la massima libertà a tutti i media e di revocare lo stato d’emergenza.

Franco Frattini. Al contrario di quanto vogliono di americani, il governo italiano, per bocca del ministro degli esteri, vuole sì la transizione ma con Mubarak. In Egitto “prima serve la riforma elettorale, poi una nuova costituzione, poi andare alle urne” a settembre. Così “la transizione sarebbe rapida ma non sarebbe il caos”, come invece accadrebbe se il presidente Hosni Mubarak andasse “via domani”, come qualcuno auspica, ha detto il ministro degli Esteri all’Intervista di Maria Latella a Skytg24.

Il vice presidente Usa chiama Suleiman. Prima del vertice al Cairo, Joe Biden ha telefonato Omar Suleiman chiedendo che si realizzino “progressi credibili nei negoziati” che il vice presidente egiziano avvia oggi con l’opposizione. Secondo quanto ha reso noto la Casa Bianca, il vicepresidente americano ha sottolineato come questi progressi debbano permettere “una transizione dell’Egitto ad un governo democratico che risponda alle aspirazione del popolo egiziano”. Intensi contatti telefonici anche per Barack Obama che ha parlato con il principe reggente saudita Mohammed bin Zayed, con il premier britannico David Cameron e con il cancelliere tedesco Angela Merkel per discutere la crisi al Cairo.

Le proteste. Intanto la “rivoluzione egiziana” entra nella sua tredicesima giornata. Migliaia di persone sono scesi in piazza Tahrir nel centro del Cairo. Oggi la giornata di protesta è intitolata “ai martiri”, dovrebbero partecipare oltre un milione di persone. Sono attesi anche numerosi cristiani che pregheranno per i defunti assieme ai musulmani. L’esercito ha stabilito numerosi posti di blocco intorno al centro e allo stesso tempo sta frattanto cercando di confinare i manifestanti già arrivati e quelli che sono rimasti per tutta la notte scorsa in un settore della piazza che lasci libero il passaggio del traffico, che oggi cerca di tornare a una parvenza di normalità. Dopo una settimana di chiusura, le banche hanno riaperto stamane i battenti, e subito agli sportelli si sono formate lunghe file, mentre numerosi impiegati statali sono tornati al lavoro.



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