Vi ricordate i Due Minuti d’Odio? Nel romanzo 1984 (un tempo fantascienza, ora già quasi storia) erano le manifestazioni collettive organizzate quotidianamente dal governo del Grande Fratello. Orwell ne fa una descrizione fenomenale: Una estasi mista di paura e di istinti vendicativi, un folle desiderio di uccidere, di torturare, di rompere facce a colpi di martello percorreva l’intero gruppo degli astanti. I Due Minuti d’Odio servivano a deflettere la rabbia dei prolet per le condizioni miserevoli in cui versavano, dai governanti (che ne erano responsabili) verso un nemico esterno (che cambiava a seconda delle circostanze, delle alleanze e della propaganda). Il capro espiatorio di tutte le nefandezze era Goldstein, l’individuo spregevole, il controrivoluzionario che aveva tradito il Partito (nessuno sapeva quando e perché) e quindi era diventato un rinnegato verso il cui volto, che campeggiava sui teleschermi giganti durante i minuti d’odio, veniva canalizzata la furia delle masse.

Eccitare l’Odio nel mondo descritto in “1984” era uno dei tanti metodi per consolidare il controllo sui prolet (ignoranti e indigenti) e cementare la fedeltà dei membri del partito, che andava di pari passo con il costante lavaggio del cervello perpetrato dal Ministero della Verità.

Nel regime del Nano Fratello il Ministero della Verità è conosciuto come Minzculpop. Il rito collettivo che svolge una funzione analoga ai Due Minuti dell’Odio (a cui non è obbligatiorio partecipare, ma a cui la stragrande maggiornaza inebetita partecipa ugualmente) si consuma durante i Telegiornali attraverso video messaggi, discorsi su sfondo azzurro cielo e “interviste” fasulle (mitica quella dove le domande erano state montate successivamente alle risposte). Al posto delle potenze di Eurasia o Estasia, i nemici si chiamano con martellante sicumera “Comunisti” a cui fanno da contorno pubblici ministeri, giustizialisti, Corte Costituzionale, Presidente della Repubblica, giornalisti al 90% di sinistra, i terroristi (da arrestare preventivamente). Negli ultimi mesi si è persino materializzato un Goldstein nostrano nella persona di Gianfranco Fini, il reprobo sabotatore del Partito dell’Amore (in 1984 invece c’era il Ministero dell’Amore, ma Orwell puritanicamente non immaginò orge consumate all’interno). Il rito contemporaneo non sempre sfocia in un impeto di esecrazione collettiva, ma spesso si impenna in un crescente delirio di autoesaltazione (il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni) davanti ai telelobotomizzati destinatari dei videomessaggi.

In 1984 le immagini erano studiate per influenzare psicologicamente gli spettatori, con una colonna sonora di suoni metallici e rumori sgradevoli che scuotevano i nervi degli spettatori (tipo i ringhi di La Russa o Lupi), oggi si alternano a toni suadenti, concilianti promesse di abbassare i toni e profferte di riforme condivise, specie dopo i moniti del Colle (luogo onirico di cui in 1984 non sembra esservi traccia) volti ad indurre un sopore tranquillizante.

Oltre ai Due Minui d’Odio quotidiani, il governo del Grande Fratello organizzava le Settimane dell’Odio per eccitare ancor di più gli animi anche attraverso la ripetizione collettiva dei tre slogan, del partito Socing (che sta per socialismo inglese, mentre noi dovremmo dire Berlit)  “L’Ignoranza è Forza” (ogni volta che lo rileggo mi viene in mente un prato a Pontida) “La Guerra è Pace” (questo invece mi evoca gli editti bulgari e le contumelie ai pm), “La Libertà è Schiavitù” (qui mi appaiono i volti di Bondi o di Fede).

Neanche il genio di Orwell però poteva umanamente prevedere che nella realtà la Settimana dell’Odio si sarebbe protratta per anni. Insomma quando vedete le maschere deformate dall’odio, i toni esagitati, le movenze sconnesse della Daniela Tacchiaspillo, dei Belfacciadipietro, dei Vittori Sgorbio, abbiate un momento di umana comprensione. Come i membri di rango inferiore del Socing – costretti a una umiliante fedeltà – si illudono di sfogare, attraverso gli attacchi e il vilipendio degli avversari additati dal Nano Fratello, le miserie della loro condizione di servi.

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