Leggo la risposta di Beppe Severgnini ad un messaggio inviato da un lettore del Corriere su una questione già oggetto di un animato botta-risposta con Arcigay.
Il lettore rimprovera a Severgnini la sua affermazione di rifiuto dell’adozione a due persone omosessuali. E Severgnini replica con due argomentazioni, tra di loro diverse. Da una parte, riporta l’esempio del matrimonio. “Perchè, allora,il matrimonio non può essere fra tre persone? O fra quattro? O fra tre uomini, due donne e un avatar?“, si domanda Severgnini. E’ la stessa domanda che mi è stata posta in uno dei miei convegni.
Ma proviamo un secondo a riflettere. Anzitutto, di che stiamo parlando? Del requisito di diversità di genere dei coniugi (meglio, dei nubendi). E dove sta scritto questo requisito? Ebbene, da nessuna parte! Già, perché a scorrere le norme del codice civile in materia di matrimonio si noterà che tra i requisiti di nullità del matrimonio non è incluso quello della diversità di genere. E allora da dove viene questo requisito? Dalla giurisprudenza. Esso è, cioé, prodotto del pensiero dei giudici e degli accademici. Certo, supportato da un’idea diffusa nella cultura. Ecco, allora, un primo dato: il matrimonio è un istituto riservato alle coppie eterosessuali perché così lo vogliono la tradizione e la cultura.
Che lo vogliano la tradizione e la cultura non lo rende certo giusto o sensato. La vera questione è fino a che punto si possono spingere la cultura e la tradizione quando è in gioco un diritto fondamentale dell’individuo. Quale diritto fondamentale? Quello di vivere il proprio legame sentimentale – “né patologico, né illegale”, come ci ricorda il Tribunale di Venezia – con la persona alla quale vorremmo promettere amore eterno e con la quale vorremmo condividere tutti gli aspetti della nostra vita. Senza l’amore, non siamo nulla. Se il legame è così fondamentale, allora ne discende che fondamentale è il diritto che lo riconosce. “Il diritto fondamentale di vivere liberamente la propria condizione di coppia“, come dice la nostra Corte costituzionale con riguardo alle persone gay e lesbiche.
La cultura dominante che s’insinua nelle pieghe dei sentimenti umani fa più male che bene. E non è un caso che ciò avvenga nei confronti delle persone omosessuali. Non dimentichiamo mai, quando trattiamo questi temi, che per secoli gli omosessuali sono stati oggetto di persecuzioni, violenza, torture e morte. Migliaia son finiti nei campi di concentramento e, una volta usciti, rimessi in prigione solo perché gay o lesbiche. Oggi parliamo di discriminazione e non più di persecuzione, ma si tratta sempre, rispettivamente, della figlia e della madre. Non dimentichiamo mai che la privazione dei diritti, o di un singolo diritto, appartiene ad una logica di segregazione non lontana da quella che ha ispirato le più immani tragedie dell’umanità perpetrate nei confronti di una categoria di persone la cui unica caratteristica distintiva è quella di provare attrazione per persone dello stesso sesso, una caratteristica che è innata e non è modificabile.
E mi lasci dire, caro Severgnini, che il buon senso, la storia e la natura son davvero cattive consigliere quando si tratta di diritti fondamentali. Perché non l’odore, allora? Perchè non priviamo del diritto al matrimonio i puzzolenti (col rischio di incrociare per strada due puzzolenti anziché uno solo: che orrore!). Il buon senso ci impone di lavarci, perché ci rende più gradevoli. La natura ci fa nascere con un certo metabolismo. Beh, perché non eliminiamo tutte le persone grasse? In un mondo di risorse scarse, l’umanità potrebbe solo giovarsene. Sono esempi stupidi, banali, mi rendo conto. Ma azzeccati. E mi fermo qui, perchè esempi della razza, del colore della pelle, come di certe caratteristiche fisiche, son fin troppo note a tutti perchè me ne occupi qui.
Poi, mi scusi, ma ha ragione il nostro lettore: il riferimento alla procreazione e alla conservazione della specie la accomuna anche a personaggi come Heinrich Himmler, che ne hanno fatto una bandiera. Si fidi, meglio tenersi alla larga da certi personaggi, anche se morti e sepolti.
Tornando a Severgnini, è indubbio invece che dal riconoscimento alle coppie gay del diritto al matrimonio non discende null’altro. Nulla che possa in qualche modo scardinare l’istituto. Non significa che ci si potrà sposare in tre o col proprio cane o, come pure è stato detto, “ora si potranno sposare anche le scimmie”. Che i gay si sposino non toglie nulla agli etero: le coppie eterosessuali continueranno ad accedere al matrimonio come hanno sempre fatto. “Perché il matrimonio non può essere fra tre persone, fra quattro o con un avatar?” Non può esserlo perché non è di questo che stiamo parlando. Stiamo parlando del requisito della diversità di genere. Concentriamoci su quello senza divagare. Qui, caro Severgnini, non la seguo proprio.
E veniamo al secondo punto. Adozione alle coppie gay e lesbiche. Mi limito ad un pensiero flash: perchè altrove esiste? Saranno mica dei pazzi i legislatori di altri Stati a consentire agli omosessuali di adottare? Voglio dire, ci hanno ragionato ed hanno concluso che l’orientamento sessuale dei genitori non ha alcun impatto, in negativo, sulla crescita dei bambini. Cosa ne sanno i legislatori?, mi si dirà. Chiediamo allora agli psicologi. E scoprirà che hanno detto esattamente questo: che un buon genitore non è colui che forma una certa coppia, ma colui che dà amore. Indipendentemente dal fatto che sia gay o eterosessuale. Chiediamolo a questo ragazzo dell’Iowa cresciuto da due mamme lesbiche. Chiediamolo alle tantissime coppie omogenitoriali gay e lesbiche, presenti anche in Italia.
Caro Severgnini, mi sa tanto che ho smesso di seguirla da un po’.