Attivissimo talent scout e produttore discografico, collaboratore di importanti artisti italiani, tra i quali Paolo Conte e Fabrizio De André, autore televisivo di programmi musicali, festival e speciali, produttore esecutivo di numerosi show televisivi e infine auditore dell’ultima edizione di X-Factor, Roberto Manfredi è autore di Talent shop un saggio “condito” da interviste e numerosi aneddoti, in cui ripercorre i quarant’anni della vita discografica italiana.
Mettendo in evidenza come nella tv di oggi il meccanismo della popolarità sia stato completamente ribaltato, con i talent show attuali gemellati con i reality show, dove i partecipanti diventano soggetti televisivi da utilizzare al di là delle loro doti artistiche.
Attraverso le sue molteplici esperienze dirette, racconta la storia dei giovani talenti di ieri e di oggi e le diverse quanto opposte modalità di scouting: dalle audizioni negli uffici discografici negli anni Settanta e Ottanta ai “Karaoke casting” televisivi degli anni Novanta, fino ai grandi raduni di massa dei pre-casting dei talent show odierni.
Inoltre ponendo l’accento sul fatto che mentre nelle audizioni discografiche in passato era bandita la cover di un brano famoso, oggi nei pre-casting dei talent show è proibito eseguire un inedito.
E se negli anni Settanta gli aspiranti talenti erano musicisti, band e cantautori che si esibivano cantando e suonando brani originali, nei talent show di oggi si è scelti cantando a cappella, a voce nuda, senza l’utilizzo di strumenti musicali di accompagnamento. E le cover di brani noti sono obbligatorie.
D’accordo la crisi in campo musicale-artistico… ma qual è il modo – secondo lei – per far ripartire il carrozzone musicale?
Domanda difficile e risposta quasi impossibile, ma ci provo. Credo che alla base di tutto ci sia una crisi industriale dovuta a una mancanza di talento cronica di chi gestisce il business musicale. La musica non è un prodotto industriale, ma è un’arte, e come tale va prodotta e diffusa. Ai vertici delle major dovrebbero esserci persone che almeno provengano dalla musica o dallo spettacolo. I discografici della scuola da cui provengo (Nanni Ricordi, Ennio Melis, Claudio Fabi, Lucio Salvini, Tony Casetta) sapevano perfettamente cosa vendevano. I discografici di oggi applicano alla musica le regole di marketing che hanno appreso da altri settori (tecnologia, videogame, telefonia, etc.). Questo processo porta inevitabilmente il settore della musica allo sfascio. Quindi, il primo passo da fare è una rivoluzione di competenza. Gente giusta nei posti giusti. Auspico un talento industriale innanzitutto… solo così il carrozzone musicale potrà ripartire.
Tenendo conto della pirateria, crede sia giusto che alcuni, nonostante la domanda sia diminuita mentre l’offerta rimane molto ampia, mantengano il prezzo del prodotto non sul nuovo punto in cui si incontrano domanda e offerta ma sul vecchio punto di convergenza che ormai non c’è più?
Pirateria a parte, il problema sostanziale del costo della musica è quello dell’Iva. Non si capisce perché il disco non debba essere considerato un prodotto culturale e avere la stessa Iva del libro. Questa della de-tassazione dell’Iva è una vecchia battaglia di almeno 15 anni fa. La politica finse di interessarsi al problema o non se ne occupò abbastanza, così della ‘cosiddetta legge sulla musica’ non se ne fece niente. Poi si potrebbe anche tentare una provocazione culturale. Se fossi al posto del ministro Bondi, proporrei una legge in cui i dischi di scarso valore artistico (il pop) dovrebbero costare dai 50 euro in su… così non li comprerebbe nessuno e quelli di alto spessore, 10 euro. Forse, solo così potremmo avere in testa alla classifica Tom Waits, Norah Jones o Ludovico Einaudi e Vinicio Capossela, tanto per fare qualche nome. La stessa regola l’applicherei ai libri o ai film. Vuoi vedere il cinepanettone? Ti costerà 30 euro… il film dei fratelli Cohen invece ti costa 7. Vuoi regalare il libro delle ricette della Clerici? Costa 60 euro. L’ultimo libro del romanziere indiano Vikram Chandra, costa 18. E’ un’idea pericolosa ma efficace.
Tornando con i piedi per terra… come crede si possa combattere questa “inflazione” in ambito musicale?
L’inflazione in ambito musicale è un altro vecchio problema di difficile soluzione. Ogni mese escono in Italia 35-40 cd. E’ chiaro che non si può impedire a nessuno di autoprodursi un disco… ma il problema non è la quantità, ma la qualità. Anche sul web si trovano cose pregevoli e allo stesso tempo delle schifezze immonde. E’ nella natura umana. Comunque una soluzione possibile è quella che ho descritto prima… riequilibrare il rapporto qualità-prezzo all’inverso. Basta intendersi sul significato del termine: qualità.
Quale crede sia la giusta evoluzione della musica? Perché secondo lei, nonostante il progresso tecnologico e i nuovi strumenti a disposizione, la Musica sembra sempre uguale?
La musica resta sempre uguale solo in ambito pop-rock. Lady Gaga imita Madonna. Gli Oasis i Beatles. Gli esempi sono innumerevoli e imbarazzanti. Per il resto invece ci sono molte sorprese. Basta cercare ‘altra musica’. Rivolgere le orecchie ai suoni che provengono da un mondo diverso. La musica indiana e africana in questo senso sono avanti anni luce rispetto al pop. Musicisti come Ry Cooder e Bill Frisell la suonano da anni. Il punto è che continuiamo a considerare la musica, solo quella che ascoltiamo nelle radio commerciali o che vediamo nei videoclip televisivi. E se cominciassimo a consumare altro? L’evoluzione è solo nella conoscenza e nella ricerca. Se smettiamo di conoscere, consumiamo solo ignoranza.
Lei da talent scout che genere di artisti si sentirebbe di promuovere?
Cerco artisti che non assomiglino a nessun altro. Il talento è unicità, diversità. Quando sento qualcuno che dice ‘Assomiglia a ….’, bè quella è la fine. E’ impossibile assomigliare a Tom Waits, così come è impossibile per un giocatore di calcio assomigliare a Maradona, o per un attore assomigliare a Carmelo Bene. Il talento è solo personalità. Tutto il resto è noia.
Che lo Stato italiano destini pochissime risorse alla cultura è ben noto. Non crede sia giusto che anche in Italia gli artisti abbiano una effettiva qualifica come avviene negli altri paesi europei?
L’agghiacciante battuta di Tremonti: ‘Con la cultura non si mangia’ spiega tutto. Se poi fare cultura è finanziare film come Barbarossa che è stato uno dei più grandi flop nella storia del cinema italiano… cosa vuole che le dica? Ogni tanto spunta fuori un artista italiano che dopo una vita passata nel cinema o nel teatro, è ridotto alla fame. Allora qualcuno scrive un articolo o una lettera a Napolitano e si fa la colletta. Che tristezza. Il punto è sempre lo stesso. Il talento manca dove serve. Cioè alla politica. I governi dei tecnici non si fanno mai… perché la competenza al potere non piace. E’ un mistero tutto italiano. Oggi lo Stato finanzia la televisione commerciale e i Conservatori musicali chiudono. Questa è la nostra realtà. E questo da anni, accade con i governi di destra e di sinistra, purtroppo. Qualche anno fa in Campania, si scoprì che parte dei finanziamenti europei andarono a sovvenzionare una specie di ‘Università delle veline’. Bassolino si giustificò dicendo che ‘non si può non andare incontro alle esigenze dei giovani’. Che glielo dico a fare ?
Talent Shop
, di Roberto Manfredi
Pagine 239, Edizioni Arcana
Anno di pubblicazione 2010
Pasquale Rinaldis
Giornalista
Musica - 11 Febbraio 2011
Risolleviamo le sorti (musicali) del Paese
Attivissimo talent scout e produttore discografico, collaboratore di importanti artisti italiani, tra i quali Paolo Conte e Fabrizio De André, autore televisivo di programmi musicali, festival e speciali, produttore esecutivo di numerosi show televisivi e infine auditore dell’ultima edizione di X-Factor, Roberto Manfredi è autore di Talent shop un saggio “condito” da interviste e numerosi aneddoti, in cui ripercorre i quarant’anni della vita discografica italiana.
Mettendo in evidenza come nella tv di oggi il meccanismo della popolarità sia stato completamente ribaltato, con i talent show attuali gemellati con i reality show, dove i partecipanti diventano soggetti televisivi da utilizzare al di là delle loro doti artistiche.
Attraverso le sue molteplici esperienze dirette, racconta la storia dei giovani talenti di ieri e di oggi e le diverse quanto opposte modalità di scouting: dalle audizioni negli uffici discografici negli anni Settanta e Ottanta ai “Karaoke casting” televisivi degli anni Novanta, fino ai grandi raduni di massa dei pre-casting dei talent show odierni.
Inoltre ponendo l’accento sul fatto che mentre nelle audizioni discografiche in passato era bandita la cover di un brano famoso, oggi nei pre-casting dei talent show è proibito eseguire un inedito.
E se negli anni Settanta gli aspiranti talenti erano musicisti, band e cantautori che si esibivano cantando e suonando brani originali, nei talent show di oggi si è scelti cantando a cappella, a voce nuda, senza l’utilizzo di strumenti musicali di accompagnamento. E le cover di brani noti sono obbligatorie.
D’accordo la crisi in campo musicale-artistico… ma qual è il modo – secondo lei – per far ripartire il carrozzone musicale?
Domanda difficile e risposta quasi impossibile, ma ci provo. Credo che alla base di tutto ci sia una crisi industriale dovuta a una mancanza di talento cronica di chi gestisce il business musicale. La musica non è un prodotto industriale, ma è un’arte, e come tale va prodotta e diffusa. Ai vertici delle major dovrebbero esserci persone che almeno provengano dalla musica o dallo spettacolo. I discografici della scuola da cui provengo (Nanni Ricordi, Ennio Melis, Claudio Fabi, Lucio Salvini, Tony Casetta) sapevano perfettamente cosa vendevano. I discografici di oggi applicano alla musica le regole di marketing che hanno appreso da altri settori (tecnologia, videogame, telefonia, etc.). Questo processo porta inevitabilmente il settore della musica allo sfascio. Quindi, il primo passo da fare è una rivoluzione di competenza. Gente giusta nei posti giusti. Auspico un talento industriale innanzitutto… solo così il carrozzone musicale potrà ripartire.
Tenendo conto della pirateria, crede sia giusto che alcuni, nonostante la domanda sia diminuita mentre l’offerta rimane molto ampia, mantengano il prezzo del prodotto non sul nuovo punto in cui si incontrano domanda e offerta ma sul vecchio punto di convergenza che ormai non c’è più?
Pirateria a parte, il problema sostanziale del costo della musica è quello dell’Iva. Non si capisce perché il disco non debba essere considerato un prodotto culturale e avere la stessa Iva del libro. Questa della de-tassazione dell’Iva è una vecchia battaglia di almeno 15 anni fa. La politica finse di interessarsi al problema o non se ne occupò abbastanza, così della ‘cosiddetta legge sulla musica’ non se ne fece niente. Poi si potrebbe anche tentare una provocazione culturale. Se fossi al posto del ministro Bondi, proporrei una legge in cui i dischi di scarso valore artistico (il pop) dovrebbero costare dai 50 euro in su… così non li comprerebbe nessuno e quelli di alto spessore, 10 euro. Forse, solo così potremmo avere in testa alla classifica Tom Waits, Norah Jones o Ludovico Einaudi e Vinicio Capossela, tanto per fare qualche nome. La stessa regola l’applicherei ai libri o ai film. Vuoi vedere il cinepanettone? Ti costerà 30 euro… il film dei fratelli Cohen invece ti costa 7. Vuoi regalare il libro delle ricette della Clerici? Costa 60 euro. L’ultimo libro del romanziere indiano Vikram Chandra, costa 18. E’ un’idea pericolosa ma efficace.
Tornando con i piedi per terra… come crede si possa combattere questa “inflazione” in ambito musicale?
L’inflazione in ambito musicale è un altro vecchio problema di difficile soluzione. Ogni mese escono in Italia 35-40 cd. E’ chiaro che non si può impedire a nessuno di autoprodursi un disco… ma il problema non è la quantità, ma la qualità. Anche sul web si trovano cose pregevoli e allo stesso tempo delle schifezze immonde. E’ nella natura umana. Comunque una soluzione possibile è quella che ho descritto prima… riequilibrare il rapporto qualità-prezzo all’inverso. Basta intendersi sul significato del termine: qualità.
Quale crede sia la giusta evoluzione della musica? Perché secondo lei, nonostante il progresso tecnologico e i nuovi strumenti a disposizione, la Musica sembra sempre uguale?
La musica resta sempre uguale solo in ambito pop-rock. Lady Gaga imita Madonna. Gli Oasis i Beatles. Gli esempi sono innumerevoli e imbarazzanti. Per il resto invece ci sono molte sorprese. Basta cercare ‘altra musica’. Rivolgere le orecchie ai suoni che provengono da un mondo diverso. La musica indiana e africana in questo senso sono avanti anni luce rispetto al pop. Musicisti come Ry Cooder e Bill Frisell la suonano da anni. Il punto è che continuiamo a considerare la musica, solo quella che ascoltiamo nelle radio commerciali o che vediamo nei videoclip televisivi. E se cominciassimo a consumare altro? L’evoluzione è solo nella conoscenza e nella ricerca. Se smettiamo di conoscere, consumiamo solo ignoranza.
Lei da talent scout che genere di artisti si sentirebbe di promuovere?
Cerco artisti che non assomiglino a nessun altro. Il talento è unicità, diversità. Quando sento qualcuno che dice ‘Assomiglia a ….’, bè quella è la fine. E’ impossibile assomigliare a Tom Waits, così come è impossibile per un giocatore di calcio assomigliare a Maradona, o per un attore assomigliare a Carmelo Bene. Il talento è solo personalità. Tutto il resto è noia.
Che lo Stato italiano destini pochissime risorse alla cultura è ben noto. Non crede sia giusto che anche in Italia gli artisti abbiano una effettiva qualifica come avviene negli altri paesi europei?
L’agghiacciante battuta di Tremonti: ‘Con la cultura non si mangia’ spiega tutto. Se poi fare cultura è finanziare film come Barbarossa che è stato uno dei più grandi flop nella storia del cinema italiano… cosa vuole che le dica? Ogni tanto spunta fuori un artista italiano che dopo una vita passata nel cinema o nel teatro, è ridotto alla fame. Allora qualcuno scrive un articolo o una lettera a Napolitano e si fa la colletta. Che tristezza. Il punto è sempre lo stesso. Il talento manca dove serve. Cioè alla politica. I governi dei tecnici non si fanno mai… perché la competenza al potere non piace. E’ un mistero tutto italiano. Oggi lo Stato finanzia la televisione commerciale e i Conservatori musicali chiudono. Questa è la nostra realtà. E questo da anni, accade con i governi di destra e di sinistra, purtroppo. Qualche anno fa in Campania, si scoprì che parte dei finanziamenti europei andarono a sovvenzionare una specie di ‘Università delle veline’. Bassolino si giustificò dicendo che ‘non si può non andare incontro alle esigenze dei giovani’. Che glielo dico a fare ?
Talent Shop
, di Roberto Manfredi
Pagine 239, Edizioni Arcana
Anno di pubblicazione 2010
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25 scatti musicali del 2010
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Ciao Ernesto
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.