Politica

Un altro finale per il Caimano

Troppo pericoloso per il servizio pubblico lasciare che a Parla con me si vedessero gli ultimi minuti de “Il Caimano” alla vigilia della manifestazione del Pdl milanese davanti al palazzo di Giustizio di Milano contro i magistrati che indagano il padrone del partito che è pure la quarta carica dello Stato.

Quello a cui si è assistito è stato più che altro un raduno di capi locali del Pdl, con il fratello del ministro La Russa, Romano che ha tentato una difesa non troppo appassionata della consigliera Minetti, la presidente della Commissione cultura a Montecitorio Valentina Aprea evidentemente mossa da istanze attinenti la sua carica e la valchiria personale del grande perseguitato che arringava i presenti contro “il palazzo di ingiustizia” e i magistrati “spioni” e “golpisti” che lo popolano.

Dai manifestanti e soprattutto dalle manifestanti, non più di centocinquanta in tutto, con molti cartelli che invitavano il premier a “resistere, resistere, resistere” contro la persecuzione giudiziaria che dura quanto meno dal ’94, anche se non c’è all’interno del Pdl certezza assoluta sulla precisa datazione dell’inizio della crociata giudiziaria, la rivendicazione dello svago per il capo e la granitica persuasione che sia l’invidia la molla di tutta questa ostilità.

E se i giornalisti domandavano un po’ sorpresi “l’invidia?”, le risposte in particolare quelle delle signore presenti non davano adito a dubbi: “l’invidia dei comunisti”, e si presume anche dei magistrati “perché è ricco” e va con delle belle ragazze e l’invidia delle donne di sinistra che scendono in piazza domenica “perché sono racchie”, mentre le papi girls sono fantastiche.

Paragonare questo spaccato da strapaese regredito al modello che ha sempre avuto Berlusconi del suo elettore, e cioè, testualmente, “uno con la testa di un ragazzino di undici anni nemmeno tanto sveglio”, alle immagini tragiche con cui si chiude magistralmente “Il Caimano” dove il protagonista si lascia alle spalle il palazzo di giustizia e con esso le istituzioni a ferro e fuoco in una paese perduto, è fortunatamente ancora, ma non sappiamo per quanto, un po’ eccessivo.

Ma il solo fatto che con un atto di protervia che si è risolto in una manifestazione di sostanziale isolamento e palese debolezza il partito del presidente del Consiglio abbia voluto sfidare in singolar tenzone i rappresentanti di un potere autonomo ed indipendente che applicano la Costituzione e le leggi dello Stato, deve indurre qualsiasi cittadino non ottenebrato a fare, nei modi che ritiene più opportuni, la propria parte.

Davanti al palazzo di Giustizia di Milano abbiamo visto qualcosa che poteva anche assomigliare ad una esibizione semi folkloristica, con signore in età indignate contro i magistrati che mettono il naso negli svaghi del principe; oggi abbiamo assistito alla parata circense, nonché “antipuritana” contro l’ipocrisia dei soliti comunisti snob, organizzata dallo stesso consigliere del principe che gli scrive le domande e le risposte nelle pseudo interviste sui giornali di famiglia in merito al “golpe bianco” e alle incursioni dei PM con metodi da Stasi ecc…

Intanto al di là dell’aspetto auto caricaturale di queste iniziative che hanno comunque un fine intimidatorio non secondario, vengono scodellate ogni giorno iniziative legislative finalizzate a sanzionare i magistrati per le intercettazioni “indebite”, a reintrodurre l’autorizzazione a procedere con tanto di sospensione di processi per l’intera legislatura, mentre è stato scongelato il processo breve. Parallelamente con la propaganda governativa che rimbalza dal Foglio al Tg 1 minzoliniano, viene imposto il bavaglio a tutto quello che resta delle inchieste giornalistiche e dell’approfondimento in Rai, con una serie di trovate tragicomiche. Non è così scontato che quel drappello di fedelissimi all’uomo dei loro sogni “che lavora sodo per il paese e si svaga a casa sua”, quei signori e quelle signore con quell’aria un po’ da reduci che si sentono rassicurati dai ruggiti della Santanché, rappresentino la maggioranza del paese, né tantomeno il suo futuro.

Forse il finale de “Il Caimano” nella realtà può essere diverso e possiamo ancora contribuire a scriverlo insieme.