L'invito del presidente della Repubblica ad abbassare i toni per evitare lo scioglimento delle Camere ha lasciato il premier a bocca aperta. Per Calderoli "sembra di stare davanti a una torre di Babele che sta per sgretolarsi". Casini: "Se si continua così, meglio andare a votare"
Il rischio di una fine anticipata della legislatura è reale. Ne è convinto il ministro dell’Interno Roberto Maroni, che durante la registrazione di ‘Che tempo che fa’, ha detto: “La situazione di contrasto e di conflitto permanente determina questo rischio”. Le parole di Maroni arrivano dopo ieri Giorgio Napolitano ha invitato il mondo politico a contenere le tensioni, altrimenti le Camere potrebbero essere sciolte. Un richiamo che ha lasciato a bocca aperta Silvio Berlusconi.
“Se il premier decidesse di dimettersi – ha aggiunto Maroni – Napolitano potrebbe sciogliere le Camere. Ma finora Berlusconi ha deciso il contrario”. Qualche ora prima l’intervento del Quirinale era stato commentato da un altro leghista, il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli: ”Passo indietro, abbassare i toni? – si è chiesto – Sembra che tutti a parole concordino ma poi nessuno sembra disposto ad abbassare i toni davvero. Sembra di stare davanti alla torre di Babele che sta per sgretolarsi”. Secondo Calderoli, quindi, l’invito del capo dello Stato a contenere la tensione nel confronto politico rimarrà inascoltato: “Passi indietro ne hanno annunciati tanti – ha continuato Calderoli – ma sembra che nessuno abbia intenzioni di farli davvero. Quando alla piazza si risponde con la piazza il rischio è quello di finire male, perché basta una scintilla”.
La richiesta di “uno sforzo di contenimento delle attuali tensioni” è arrivata ieri dal Quirinale, all’indomani dell’incontro con il presidente del Consiglio. Se non si abbassassero i toni, “sarebbe a rischio la stessa continuità della legislatura”. Napolitano ha così ipotizzato lo scioglimento anticipato delle Camere. Arrabbiato Berlusconi. E stupito, visto che la nota dal Colle è stata sollecitata proprio da palazzo Chigi. Con una telefonata al Quirinale, il sottosegretario Gianni Letta ha infatti chiesto che venissero smentite le ricostruzioni dei quotidiani, che parlavano di un faccia faccia con il presidente della Repubblica molto duro, in cui il premier sarebbe addirittura arrivato ad alzare la voce. In ogni caso, il colloquio è stato sul filo della tensione, anche se il premier non ha minacciato di ricorrere alla piazza contro i magistrati, così come ha precisato il Quirinale. Che aveva a sua volta motivo di lamentarsi per il trattamento riservatogli dai giornali vicini al premier: ieri Libero e il Giornale hanno infatti attaccato Napolitano e lo hanno invitato a darsi da fare per difendere Berlusconi dal “golpe” dei pm.
Durante l’incontro Napolitano ha invitato il premier a farsi giudicare, ricordandogli che il conflitto di attribuzione si solleva in tribunale e non in Parlamento. Poi, con la nota di ieri, l’ipotesi che la legislatura possa finire prima della sua durata naturale. Una doccia fredda per il premier. Che però non crede di potere essere mandato a casa, almeno finché in Aula avrà i numeri che reggono la maggioranza. E poi, il Cavaliere ne è convinto, a volere lo scontro è la procura di Milano che è “responsabile di un attacco giudiziario senza precedenti”.
Sostegno a Berlusconi è arrivato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa: “Il governo ha voglia di lavorare, di fare cose per gli italiani e non ha alcun interesse ad alzare i toni. Ma – avverte – non si può stare in silenzio se gli altri ti tirano le pietre”. D’accordo con il monito di Napolitano, Pier Ferdinando Casini ha invece commentato: “Se le cose continuano così, allora è meglio andare a votare perché questa paralisi non serve a nessuno, non serve alla politica ma soprattutto non serve agli italiani”.
(l. f.)