Ci sono andata per caso. Sì, con il lavoro che faccio, ormai alle manifestazioni ci vado quasi sempre per raccontarle, difficilmente per partecipare. Ma vari amici mi hanno detto: “Noi andiamo, vieni?” (cosa che peraltro non capitava da tanto tempo per un appuntamento in piazza). E allora mi sono detta: “Perché no? Uno sguardo non mi dispiace”. Ma a piazza del Popolo a Roma, c’era tantissima gente. Di più, molta di più, di quanta ne hanno mobilitata le ultime manifestazioni politiche. Piazza pienissima, vie laterali invase. Tantissime donne, di tutte le età, ma anche uomini, famiglie e passeggini. Tantissima gente della mia generazione (ovvero di nati negli anni ’70). Mentre, all’inizio, risuonavano le note di People has the power di Patty Smith, ho sentito l’atmosfera delle grandi manifestazioni , quelle che evidentemente nascono da un’esigenza comune, dal bisogno sentito di dire basta, di partecipare, di fare massa, tutti insieme.
Questa settimana Internazionale pubblica l’articolo di una escort statunitense (che gestisce un blog, Nightmarebrunette.blogspot.com), dal titolo esplicito, A tutte le ragazze che mi invidiano. Nel quale tenta di rispondere a una domanda: “Perché molte donne vogliono trovarsi nella mia condizione?” E poi scrive: “Ci viene continuamente ripetuto che guadagneremo un posto a tavola – qualunque tavola – se saremo curate e ben vestite, con i capelli lucidi e taglia 38. Le ragazze che mi scrivono hanno tante risorse (…) ma vivono in un mondo in cui il valore di una donna è perennemente identificato con il suo sex appeal. Perché stupirsi se per tante di loro diventa logico portare quell’equazione fino in fondo?”. Io sono testarda, mi piace andare avanti per la mia strada, e una parte di me si è sempre rifiutata di accettare i discorsi “sulle donne, per le donne, dalle donne”. Ma devo ammettere che un’analisi come quella fatta dalla blogger statunitense è molto più vera, e anche molto più socialmente accettata, nell’Italia di oggi che in quella di quando avevo 20 anni.
Nello stesso numero di Internazionale c’è un altro articolo sul tema, Le ragioni delle donne di Elisabetta Povoledo e Rachel Donadio (uscito sul New York Times) in cui si dimostra – numeri alla mano – come rispetto agli altri paesi dell’Unione europea l’Italia sia “molto indietro per quanto riguarda gli indicatori che misurano la parità di genere, come il tasso di occupazione femminile e il numero di donne che ricoprono posizioni dirigenziali”. Un passaggio colpisce: si dice che “le strutture di potere più radicate” ovvero “la chiesa cattolica e la criminalità organizzata” (…la criminalità organizzata…) sono ancora dominate dagli uomini. E comunque sostiene che “in un paese noto per l’assenza di meritocrazia, il cammino delle donne è tutto in salita”. Anche questa, affermazione difficilmente contestabile.
E allora, ecco il senso di una manifestazione, dove Berlusconi e le sue frequentazioni di minorenni, dove la “sistemazione” in politica di un esercito di veline, non sono che l’estremizzazione di una tendenza. E peraltro, in una società in cui spesso saltano i parametri dei rapporti personali e professionali, privati e pubblici, non è detto che per gli uomini sia molto più facile e bello. Magari è solo diversamente difficile.