Il commissario, che da un anno gestisce il capoluogo emiliano, potrebbe decidere di candidarsi per il centrodestra. Il Pd protesta: "Si dimetta subito, non è più super partes"
Almeno Bologna sembrava, in casa Pd, una pratica archiviata. Fatte le primarie, riscosso successo, trovato un candidato. Tutti i tasselli al proprio posto. Fino a quando non è calata sul tavolo la manina di Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio. Che ha proposto ad Annamaria Cancellieri, commissario del Comune, di candidarsi alle elezioni. Una mossa che ha fatto saltare i nervi al Partito democratico, convinto, dopo le primarie, di aver ritrovato un proprio (già precario) equilibrio. Oggi, con la carta Cancellieri sul tavolo (l’ex prefetto di Genova ha preso qualche giorno per sciogliere le riserve) sono saltati tutti i giochi e anche il partito di Bersani rischia di spaccarsi tra coloro che vorrebbero offrire una chance a Cancellieri e quelli che, invece, non hanno nessuna intenzione di inficiare le primarie e il suo vincitore Virginio Merola, solido e strutturato uomo di partito. Quel Merola scelto dalla base e che sembrava essere una garanzia di vittoria al primo turno.
Con la Cancellieri, amata anche da una gauche molto chic e salottiera, nulla è più così scontato. Così il partitone decide che “farà ogni cosa per impedire che il commissario prefettizio si candidi”. E in questo ha già raccolto l’adesione di Repubblica, giornale che a Bologna è venduto e ascoltato. “Deve dimettersi subito da commissario”, ha tuonato ieri dalle colonne del giornale di Ezio Mauro il capo della redazione bolognese. “Anche solo considerare l’ipotesi di una candidatura deve farle fare un passo indietro, non è più super-partes”.
Ma davvero la signora Cancellieri spaventa così tanto? Probabilmente sì, anche se nessuno sconosce la sua reale popolarità. I bolognesi in questo anno di commissariamento – dopo le dimissioni di Flavio Delbono, travolto da uno scandalo fatto di viaggi, amanti e una presunta ipotesi di corruzione – hanno apprezzato il suo lavoro, è vero. Ma si sono trovati di fronte a un prendere o prendere. Doveva andar bene per forza, nonostante la sua gestione si sia distinta spesso per proclami e repentine marce indietro.
Il suo sbarco a Bologna è datato 18 febbraio 2010. Si presenta come donna di ferro l’ex prefetto di Genova, lusingata dell’incarico e con tanta voglia di fare e non semplicemente gestire. La prima delibera arriva a pochi giorni dal suo insediamento: 6,3 milioni per coprire le buche nelle strade. Neppure un mese e annuncia che la metrotranvia è ormai definita e che diventerà una realtà entro breve. Miracolo nel quale non erano riuscite tre amministrazioni precedenti. Ma l’esultanza dura pochissimo: a due mesi dall’annuncio, in un discorso all’Unione industriali, spiega che per la costruzione del metrò si dovrebbero chiedere troppi sacrifici, per almeno dieci o vent’anni. Tecnicamente, in queste condizioni, non si può portare a termine il progetto”.
E’ solo uno dei tanti proclami disattesi: qualcosa di simile avviene col Duse, uno dei teatri storici di Bologna. Il prefetto di ferro si presenta alla festa del Pd in agosto e annuncia: “Il Duse è salvo”. Tre giorni dopo: “Non sono più tanto sicura”. Il Duse chiuderà.
Ma la patata bollente si presenta a dicembre, a ridosso delle festività di Natale. In piazza Maggiore muore di freddo un bambino nato da pochi giorni. La vicenda è confusa. Cancellieri cerca subito di smarcarsi: “I servizi sociali avevano contattato quella famiglia, loro avevano rifiutato l’aiuto”. In realtà si scoprirà più avanti che le cose non sono andate così e, comunque, lavarsi la coscienza a sorsate di candeggina dopo un episodio del genere le attira antipatie. In realtà quel bambino è morto proprio perché i servizi sociali del Comune, una volta fiore all’occhiello, non hanno funzionato. E anche su questo il commissario dovrà fare pubblica ammenda.
Detta così sembra un anno disastroso su tutti i fronti: in realtà Cancellieri ha saputo comunque tenere la scena in una città che usciva da cinque anni di Cofferati e un anno di Delbono a dir poco disastroso, con un epilogo che ha fatto vergognare una città intera. Il prefetto poteva nascondersi nelle stanze di palazzo d’Accursio e aspettare le elezioni, per poi ritornare a disposizione del ministero dell’Interno.
E invece non lo ha fatto. Ha provato a sbloccare alcune situazioni incancrenite da anni e i problemi “popolari”, come le buche nelle strade e i graffiti sui muri, sono stati risolti. E questo lo aveva capito anche il Pd che le ha sempre offerto il suo appoggio. Almeno fino alla settimana scorsa quando la Cancellieri annuncia che andrà a Roma per un paio di giorni. E non sono vacanze. A Palazzo Chigi incontrerà Gianni Letta che la prega di accettare la candidatura, lo stesso fa il ministro dell’Interno Roberto Maroni e quello degli Esteri Ignazio La Russa.
E’ a quel punto che i vertici del Pd locale vanno su tutte le furie. Primo tra tutti Raffaele Donini, segretario provinciale, l’uomo che aveva scommesso sulle primarie, anche contro le perplessità di Pierluigi Bersani. Un personaggio, Donini, solido ma sempre posato. E per una volta perde anche lui il proverbiale aplomb: “Ci aspettiamo che Cancellieri prosegua e concluda il suo incarico di commissario prefettizio nell’imparzialità e nel modo super partes che ha avuto fino ad adesso. In ragione di questa imparzialità noi le abbiamo offerto una nostra forte collaborazione. Se dovesse cambiare natura e diventare parte politica snaturerebbe e tradirebbe se stessa e inevitabilmente si presterebbe come salvagente per il centrodestra”. In pratica quella collaborazione offerta dal Pd cesserebbe immediatamente e non è un dettaglio, visto che Cancellieri deve a giorni presentare il bilancio di previsione per il 2001, forse l’impegno di maggior rilievo da quando ha assunto l’incarico.
E con il Pd sono anche l’Idv, il movimento cinque stelle di Grillo, la sinistra di Vendola e Futuro e libertà. Alla finestra, invece, Pierferdinando Casini, che l’avrebbe tanto voluta per l’Udc e che ora dovrebbe digerire lo scippo del Pdl.
In un Pd già agitato e faticosamente arrivato a chiudere le primarie, la tegola Cancellieri non ci voleva. Merola dice che vincerà comunque al primo turno. Sarà, ma preoccupato lo è anche lui, e non poco. C’è chi in direzione di partito propone di rimettere in pista anche Maurizio Cevenini, popolarissimo mister preferenze, costretto a un ritiro forzato nella corsa alle primaria a causa di problemi di salute. “Cevenini”, dicono i dirigenti del partito, “è l’unico che può raccogliere voti anche in ambienti che altrimenti andrebbero verso la lista Cancellieri”.
Il commissario ha preso tempo. Pochi giorni, ma l’impressione è che, salvo l’ennesima retromarcia, accetti le avance del Pdl che la presenterebbe come civica, naturalmente. “Sono rimasta fortemente colpita da questo movimento di cui non ho ancora capito né l’ampiezza né da dove venga, perché sicuramente non parte da me – spiega Cancellieri, riferendosi alle sollecitazioni venute dalla città – per cui ho bisogno di riflettere per rispetto nei confronti di questa gente”. Solo pochi giorni, poi parlerà e scioglierà le riserve.