“Se non ora quando?”. Il Tg5 di Mimun, nel dare la notizia, ha ovviamente dato il meglio di sé, inserendola come quarto titolo dopo immigrati, Egitto e assemblea costituente di Fli. Il Tg1 di Minzolini ne ha parlato dopo gli immigrati e l’Egitto, ma prima di Fli. Fede, Emilio Fede, ovvero l’abiura al giornalismo, ha reso all’informazione italiana il miglior servizio, rispondendo perfettamente ai dettami dell’etica e della deontologia professionale. Ci sarebbe da ridere, se non fosse che c’è da piangere.
Già, perchè se un direttore di Tg presenta una mobilitazione nazionale che ha portato in duecento piazze oltre un milione di persone un attimo prima del meteo e intingendola nelle sue opinioni personali da indagato, c’è davvero da piangere. Sì, piangere, per tutti quei giornalisti che hanno sacrificato la propria vita per dare una notizia, per la verità e l’informazione.
Ma il bello arriva dopo le rapide indicazioni sul meteo, quando Fede riprende, apparentemente senza alcun motivo ma probabilmente memore di qualche telefonata del network informativo di Palazzo Grazioli, il discorso “donne” e chiosa “Rispetto, eccome, per il ruolo della donna. Ma quando il ruolo della donna diventa, ehm, scelta politica, e allora, ooorhm (o qualcosa di simile), meglio farsi il segno della croce”.
Ecco, Fede, sono esattamente questi i motivi per cui le donne italiane si sono mobilitate e sono scese in piazza: il fatto che si intendano politica e donne su due piani diversi, due pianeti che devono rimanere estranei; il fatto che si intenda ancora la donna “sesso debole”, quindi facile da strumentalizzare. Come se le donne italiane fossero una categoria farcita di povere stupide che si lasciano usare da questo o quel leader di partito, del tutto prive di autonomia di giudizio.
In pochi secondi, quindi, Fede è riuscito a calpestare per l’ennesima volta l’etica del giornalismo e a offendere l’intelligenza di oltre un milione di italiane e italiani scesi in piazza per chiedere a gran voce le dimissioni del suo “santone”.