Le donne che piacciono al Pdl non sono necessariamente tutte stupide. Possono anche essere scaltre ed opportuniste. L’importante è che abbiano labbra grosse, meglio se rifatte per aderire allo standard aziendale, che siano sufficientemente attraenti e che soprattutto siano servili, fisicamente oppure intellettualmente. La donna per il Pdl è merce. Può essere sfruttata per il proprio piacere personale, come un poggiapiedi, oppure usata per attrarre consenso, grazie all’immaginario che evoca nell’italico maschio (e in quelle italiche femmine che la vedono come un modello). Sapreste fare il nome di una donna non particolarmente avvenente che occupa una posizione di rilievo nel partito dell’amore? La Polverini è l’eccezione che conferma la regola.
Le donne che piacciono al Pdl sono quelle buone per il Bunga Bunga, oppure quelle buone per la foto sui santini elettorali. Talvolta le prime, se si impegnano e lavorano sodo – oppure se sanno troppo – passano di diritto nel gruppo delle seconde. Una volta “tenuto alto il morale del capo“ (come disse Berlusconi a Saccà) possono anche essere rese patrimonio dell’umanità, per “tenere alto il morale degli italiani“. I lapponi mi pare facciano qualcosa di simile: offrono la consorte al forestiero di passaggio.
Tutte le altre signorine, quelle senza il cartellino del prezzo, al Pdl non piacciono. Neppure se sono carine: a che serve infatti una “serva” che non “serve”?
Helene Benedetti e Lea del Greco non sono nella disponibilità di Silvio Berlusconi. Tantomeno in quella di Gasparri, che infatti non le riceve e neppure le fa avvicinare nel corso di un convegno pubblico dove chiunque è autorizzato a stringergli la mano e a presentargli i suoi più cari amici (minuto 6:58). Alle donne che piacciono al Pdl è sufficiente dire “Minetti” all’ingresso di Villa San Martino per entrare nella residenza privata nientemeno che del presidente del Consiglio. Viceversa, quelle che non piacciono al Pdl non possono neppure consegnare un foglio contenente dieci domande a un semplice ministro senza venire braccate, identificate, controllate a vista, spintonate, trattenute dietro a pesanti porte e trattate come criminali, esposte alla pubblica gogna.
Ci avevano provato già l’anno scorso, ci hanno riprovato quest’anno, nel corso di un convegno pubblico a Pescara, mentre l’associazione culturale Espressione Libre, che manifestava in nome della legalità, veniva relegata ad oltre un centinaio di metri di distanza. Come ebrei nel ghetto. Come appestati in quarantena. Gli adoratori di Mangano e Dell’Utri sul palco a raccogliere applausi, gli estimatori di Falcone e Borsellino confinati su un marciapiede lontano. Un paradosso? No: l’Italia di Berlusconi. Stesse facce del 2009, stesso trattamento, stesso risultato finale: le donne che non piacciono al Pdl sono pericolose eversive su cui uomini senza dignità agiscono con la forza nella totale mancanza di ogni forma di diritto.
Gasparri ha promesso che risponderà. Per aiutarlo a non dimenticarsene, pubblico sul mio blog (per non appesantire questo articolo) le dieci domande che le donne italiane (quelle che non piacciono al Pdl) fanno a lui e a tutto il Governo Berlusconi.
Grazie a Helene Benedetti, a Massimiliano Di Pillo e ad Antonio Di Carlo per le riprese