Politica

Lettera ipotetica

Cara mamma,
oggi esco dal guscio e mi affaccio al mondo, in questo mio primo giorno di agosto, Italia, 1994.

Ho diciassette anni e ho sempre vissuto sotto l’era di Silvio Berlusconi. Oggi scendo in piazza con te e la nonna. Ci sono anche gli uomini della mia vita: papà, zio Carlo, il nonno, e il mio amore. Tutti insieme, insieme a molti altri insiemi di persone, per testimoniare di corpi e pensieri liberi, vivi, pronti a rivendicare il proprio essere donne (e uomini) semplicemente normali. Non veline. Non puttane. Non vendute. Semplicemente noi, con la voglia di studiare per conquistarci un lavoro pulito, nella speranza che non ci costringano più a firmare dimissioni in bianco qualora il caso volesse farci rimanere incinte.

Noi, che non pensiamo ad infilarci in un letto di vecchio per fare carriera, apparire, guadagnare. Semplicemente noi, mamme figlie amiche donne amanti. Noi con le nostre insicurezze quotidiane, la nostra cura per gli altri, il nostro complice donarci. Semplicemente noi, con la dignità delle storie che portiamo in spalla, e nelle braccia e dentro agli occhi. Tutte insieme, insieme a molti altri insiemi di donne, per gridare di una solitudine tutta maschile, quella del possedere, del consumare, del violentare, del gettar via. Non più schiave. Non più oggetti. Non più trofei da mostrare.

Cara Mamma, oggi esco dal mio guscio di diciassette anni e insieme a te cammino la mia fiera indignazione, di quelle che costruiscono, ribaltando il mondo, un passo per volta, una goccia in fila all’altra. Perché noi donne, che oggi siamo in piazza e non dentro a una televisione o in una delle tante ville del Povero Imperatore Sterile, siamo l’altra Italia possibile. Semplicemente, adesso!