Scontri fra manifestanti infuriati per l’arresto di un attivista dei diritti umani da una parte, polizia e sostenitori del governo dall’altro sono scoppiati la scorsa notte in Libia, nella città di Bengasi. Fonti ospedaliere parlano di 38 persone ferite. In tutto il Paese, dicono i media ufficiali, si tengono manifestazioni a sostegno del governo del leader Muhammar Gheddafi.

Fonti concordanti affermano che la polizia ha disperso con la forza un sit-in a Bengasi composto da familiari di detenuti uccisi in una sparatoria nel 1996 nel carcere di Abu Slim, a Tripoli, che si sono radunati per chiedere il rilascio del loro coordinatore, l’avvocato Fethi Tarbel, che era stato arrestato per motivi che non si conoscono. Tarbel sarebbe stato rilasciato su pressione dei familiari delle vittime, secondo quanto scrive il sito del giornale Qurina, vicino al figlio del leader Gheddafi Seif Al-Islam. Ma la folla dei familiari non ha lasciato la piazza ed è stata raggiunta da altra gente, spingendo la polizia ad intervenire. Subito dopo l’intervento della polizia, alcune centinaia di sostenitori del governo hanno sfilato a Bengasi, come è accaduto anche in altre città libiche.

“Siamo certi che domani ci sarà a Bengasi una grande manifestazione contro il regime di Muammar Gheddafi”. E’ quanto afferma il regista cinematografico e oppositore libico Mohammed Makhlouf, in un’intervista concessa all’edizione araba della Bbc. “La rivolta contro Gheddafi parte da Bengasi perché è la città più rivoluzionaria del paese – spiega – inoltre da giorni si registra un clima di tensione in città, in vista di domani, quando commemoreremo l’anniversario delle violenze del 17 febbraio del 2006. Quel giorno la polizia ha sparato contro i giovani che manifestavano davanti al consolato italiano. Questa vicenda ha contribuito a rendere Bengasi la capitale dell’opposizione nel paese”. Il regista fa riferimento alla vicenda che vide l’allora ministro Roberto Calderoli mostrare in tv una maglietta con vignette su Maometto, provocando la protesta di Bengasi. Makhlouf sostiene infine di non credere all’esistenza nel suo paese di una lotta tra la vecchia e la nuova guardia del regime. “Non credo che ci sia un vero contrasto tra Gheddafi e suo figlio Seif Al-Islam – spiega – sono tutti parte dello stesso regime. Anche se nessuno ci credeva, ritengo che la rivoluzione in Libia sia iniziata”.

Sulle proteste che in Libia potrebbero riproporre gli scenari già visti in Egitto e in precedenza in Tunisia, l’erede di re Idris dice di non temere la reazione dei militari, “che sicuramente faranno come al Cairo, dove hanno difeso la gente, non l’hanno attaccata”, quanto piuttosto “certe milizie violente, alcune collegate ai figli di Gheddafi”. E proprio il ruolo dei sei figli del colonnello, secondo al-Senussi, rende peculiare la situazione in Libia. “Se prendiamo l’esempio del Marocco, vediamo che lì non c’è una casta ingombrante intorno al giovane re Mohammed VI e per questo la situazione è più stabile, ci sono riforme, un parlamento che funziona, partiti, libertà di stampa”, dice. “Invece il Libia, il leader ha sei figli che controllano tutti i settori della società, dell’economia e della politica – dice – Ma Gheddafi dovrebbe imparare dell’esperienza dell’ex rais egiziano Hosni Mubarak e capire che con la sua caduta è finita l’era delle repubblica ereditaria”. Per il principe, la situazione è “critica” e “rischia prima o poi di esplodere” anche in Algeria, dove però “i militari riescono a controllare tutto e quindi è più difficile riuscire a dare voce al malcontento”. E sulla situazione in Egitto, al-Senussi loda “il ruolo dei giovani”, oltre a quello dei militari, che “hanno ottenuto un compromesso ragionevole, hanno evitato un ulteriore spargimento di sangue”, senza “umiliare Mubarak”. “Ora l’Occidente deve spingere per una transizione in tempi rapidi – dice – perché un processo troppo lungo in mano ai militari sarebbe pericoloso”. Di certo, a suo giudizio, la rivolta è un processo irreversibile che riguarderà tutta l’area. “In piazza ci sono anche le donne – sottiolinea – e i potenti dovrebbero ricordare che la Rivoluzione Francese è arrivata al successo quando anche le donne sono scese in campo accanto agli uomini”. 

Il leader libico Muammar “Gheddafi si comporti con intelligenza e avvii lui stesso il cambiamento, cominci subito ad attuare le riforme, eviti lo spargimento di sangue”. E’ l’appello che il principe Idris al-Senussi, nipote dell’ultimo re di Libia, di cui porta il nome, rivolge al colonnello Gheddafi, in vista della ‘giornata della collera’ proclamata per domani sulla scia delle rivolte in Egitto e Tunisia. In un’intervista all’agenzia di stampa Aki-Adnkronos international , al-Senussi, il cui avo fu deposto nel 1969 proprio da Gheddafi, si dice pronto a “tornare in Libia al momento giusto, per dare un contributo al paese, una volta che sarà avviato il cambiamento”. Già questa mattina, in vista della marcia convocata per domani tramite Facebook e Twitter, a Bengasi si sono registati violenti scontri tra la polizia a alcuni gruppi di manifestanti, in cui almeno 14 persone sono rimaste ferite. “La Libia è un paese ricco, che paradossalmente si confronta con una povertà estrema – dice il principe Idris – Ci sono disoccupazione e corruzione dilaganti, una sanità allo sfascio. Gheddafi, che senza dubbio è un leader intelligente, deve rendersi conto che questa situazione non può durare a lungo, che anche se riuscirà a reprimere la manifestazione del 17, ne seguiranno altre e altre ancora”, come al Cairo e a Tunisi, dove le piazze si sono svuotate solo dopo la caduta del regime. La rabbia dei giovani libici, secondo al-Senussi, che oggi vive tra Roma e Washington, è giustificata dal fatto che in Libia “non c’è una costituzione, non si sa cosa ci sarà dopo Gheddafi, chi prenderà il suo posto, in base a quali regole sarà gestito il passaggio dei poteri”. “La gente non manifesta necessariamente perché Gheddafi vada via, ma vuole regole chiare e vuole un cambiamento – aggiunge – E vuole anche sapere che fine fanno gli introiti del petrolio, chiede che siano distribuiti tra tutta la popolazione, che non vadano solo una cerchia ristretta”.

L’alto rappresentante della politica estera della Ue Catherine Ashton ha lanciato un appello alle autorità libiche perché diano ascolto “alle richieste dei manifestanti e alle voci della società civile”. Attraverso la sua portavoce, Maja Kocijancic, la Ashton chiede alle autorità libiche di “permettere la libera espressione” delle opinioni e delle manifestazioni. L’Alto rappresentante, che segue molto da vicino la situazione in Libia, lancia un appello perché prevalga la calma e “siano evitate tutte le violenze”.

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