Bruxelles ha davvero intenzione di regolamentare le intercettazioni a livello europeo? Imbeccata da un giornalista bulgaro sulla possibilità di prevedere standard di privacy europei, Viviane Reding, vicepresidente della Commissione europea e responsabile di Giustizia e Diritti fondamentali, è sembrata possibilista: “Le discussioni sull’uso delle intercettazioni emergono sistematicamente, in molti stati. Il problema è quello di proteggere la privacy dei singoli dagli abusi dello stato, ma colpisce anche i giornalisti. Attualmente la protezione dei dati personali è attuata in modo molto diverso da stato a stato”.
Il tutto s’inserisce all’interno del dibattito sulla revisione della direttiva sulla protezione dei dati personali 95/46/CE prevista per quest’anno, normativa che andrà a definire i nuovi standard di privacy dei cittadini Ue assicurando al tempo stesso una libera e sicura circolazione dei dati nel mercato unico. La normativa ora in vigore è stata pensata soprattutto per proteggere la privacy dei cittadini nei confronti di tecniche commerciali sempre più spregiudicate ed invasive. Mentre nulla si dice sul rapporto tra diritto alla privacy e indagini giudiziarie.
Come spiegano i servizi della Commissione, grazie al trattato di Lisbona entrato in vigore nel 2009, la Commissione sarà ora in grado di fare proposte legislative anche su materie che prima erano precluse all’Ue, come l’utilizzo di dati nelle operazioni giudiziali o di polizia. A patto, spiegano i servizi della Commissione, che le indagini siano transfrontaliere, ovvero riguardino più Stati membri. Mentre, riguardo alle intercettazioni disposte da una magistratura nazionale, nulla dovrebbe cambiare.
Insomma Bruxelles non è autorizzato interferire con l’operato delle magistrature nazionali. E con le intercettazioni che così tanta paura fanno al governo italiano. E non solo. Basta pensare ai recenti scandali di corruzione in Romania e Bulgaria, per non parlare del ben più grave caso di traffico d’organi scoperto grazie alle intercettazioni in Albania (che ha presentato domanda di adesione all’Ue il 28 aprile 2009).
Ad ogni modo più di uno Stato membro ha interesse ad allargare l’ombrello della nuova direttiva sulla protezione dei dati personali. Sulla base degli elementi ricevuti finora, la Commissione europea presenterà le sue proposte per un nuovo quadro giuridico generale che dovrà essere negoziato e adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio. ”Quello che ho in mente – ha spiegato la Reding – è di istituire una regolamentazione uniforme europea per la difesa della privacy. Non intendo proporre un’authority europea che sostituisca quelle nazionali, ma far sì che queste abbiano chiare norme europee per la protezione uniforme della privacy, aggiornate anche alla luce dello sviluppo delle nuove tecnologie”.