In questi giorni in cui l’attenzione dei media è tutta concentrata sul Festival di Sanremo, noi continuiamo, invece, il nostro viaggio nel mondo della musica underground e andiamo a conoscere una delle realtà più interessanti che l’ambiente indie ci offre: andiamo a conoscere gli Stoop.

Una band nata nel 2003 nella maniera in cui nascono la maggior parte delle band. Il rock come sintesi di uno stato d’animo complesso, spaventato dalla felicità e scosso dal timore di perderla a un passo, emozionato e comunque solare, un desiderio espresso che s’appresta ad essere esaudito. Quattro elementi con esperienze precedenti, che si conoscono già da tempo e che hanno voglia di ripartire da zero. Il nome scelto, Stoop, nasce dall’abbreviazione di Stoopid, come in Stoopid Monkeys in the House, il loro primo album. Oggi forse, con l’evoluzione più elettrica e tesa che ha subito la musica in Freeze Frames, “ricorreremmo ai significati più gravi del termine. ‘Chinarsi sotto un peso’, ‘picchiata’”.

Convinti delle loro potenzialità hanno partecipato ad alcuni dei più importanti contest musicali nazionali ed internazionali come l’Heineken Jammin’ Festival e Destinazione Neapolis. Nell’ottobre 2006 la band vince come Best Rock Act il concorso internazionale U-Music e suona alla cerimonia di premiazione alla Shoreditch Town Hall di Londra.
Nel 2007 concludono le registrazioni del primo album con Carloenrico Pinna (Modena City Ramblers, Cristina Donà, Perturbazione, Giardini di Mirò) al mixer. Stoopid Monkeys in the House è pubblicato nel 2008 per Prismopaco Records.

Fra settembre e ottobre 2010 la band termina la lavorazione del secondo album Freeze Frames, anche questo prodotto, registrato e mixato da Carloenrico Pinna, uscito nel gennaio 2011 per Bugbite Records.

La formazione della band vede Diego Bertani (chitarra elettrica, acustica e voce), Carlo Pinna (chitarra acustica ed elettrica, synth, percussioni e cori), Fabrizio Bertani (batteria e voce), Marco Ponzi (basso), Simone Benassi (tromba, synth e cori) e Marco Parmiggiani (chitarra elettrica, pedal steel guitar, synth e piano). Abbiamo incontrato gli Stoop per conoscerli più approfonditamente.

Come nascono e da cosa sono ispirate le vostre canzoni? E come mai la scelta di cantare in inglese e non in italiano?
Le canzoni normalmente nascono da idee di Faber, Diego o Carlo. A volte c’è un nucleo di un pezzo, che viene poi sviluppato in sala prove, altre volte si lavora su dei provini più strutturati. Ma c’è sempre un lavoro di riarrangiamento in cui intervengono tutti in fase di registrazione, e nel quale Carlo, che è anche il produttore artistico del disco, ha sempre la parola definitiva.
Nel caso di Freeze Frames i testi e le musiche sono stati composti simultaneamente, e quindi risentono gli uni delle altre, dando un’impronta molto forte ed omogenea al disco. Sono stati composti nell’ultimo anno, qui in Italia, e di sicuro la sensazione di disastro incombente, o forse già avvenuto, che caratterizza i testi e che anima la tensione un po’ sinistra dei suoni non si può scindere dal disagio con cui viviamo il presente.
Pur non essendo un vero concept album, i testi di Freeze Frames sono infatti tutti ambientati in un mondo compromesso, finito, o sull’orlo del precipizio. Alcune storie parlano della necessità di fuga (Remote), altre del non voler andarsene, anche quando tutto sta crollando (Freeze Frame), altri di un nuovo inizio, dopo un abbandono tormentato di tutte le proprie sicurezze (10000 Bugs).
Se si vogliono leggere come una narrativa, potrebbero essere i capitoli di un libro di fantascienza distopica, tipo La Strada di Cormac McCarthy (a cui fra l’altro il brano We carry the Fire è direttamente ispirato). Ma l’Apocalisse di cui si parla non prevede necessariamente morti o esplosioni. E’ più un disastro umano, lento e invisibile.
Perché la scelta di cantare in inglese? E’ una cosa su cui ci arrovelliamo da tempo. E’ più facile far suonare l’inglese quando si fa rock, dati anche i milioni di ascolti di musica anglofona che fan parte del nostro linguaggio musicale ormai. Ammiriamo però molto chi riesce a farlo bene in italiano, è più difficile ma sicuramente più soddisfacente quando l’operazione riesce. Qualche registrazione di prova l’abbiamo fatta, comunque. Ci stiamo lavorando.

Che rapporto avete con la tecnologia e come vedete la musica nell’era internet?
Internet è ovviamente una grossa opportunità per i gruppi indipendenti o autoprodotti come noi. Dà la possibilità a tutti di fare ascoltare la propria musica ovunque. Ma la sconfinata vastità delle proposte genera un rumore di fondo dal quale è difficile emergere. Per forza di cose gli ascolti sono meno attenti, e questo gioca a discapito di quei dischi che avrebbero bisogno di un approfondimento diverso. Anni fa quando si acquistava un disco lo si ascoltava per mesi, ora dopo quindici giorni è già passato.

Fra le canzoni che avete composto in quale vi identificate maggiormente?
Per quest’album forse Fever is a ghost, dato che è un pezzo che risente della mano di tutti. E’ stata scritta da Faber, che l’ha arrangiata insieme a Carlo. E’ stata poi reinterpretata da Diego in una nuova versione definitiva, che mantiene la maggior parte degli arrangiamenti iniziali ma con un‘intenzione completamente differente. E’ un pezzo che parla, anche se in modo molto sfuggente, della smania per il successo. Ed è un ottimo esempio di collaborazione all’interno del gruppo.

Avete in programma un tour? E qual è il rapporto con il vostro pubblico?
Il rapporto col pubblico è praticamente personale. Attraverso i vari social network si dialoga direttamente con chi è interessato al nostro lavoro, con chi compra i dischi, con chi critica. Cerchiamo di tenere aggiornato il più possibile chi ci segue su quello che facciamo soprattutto attraverso la rete.
Stiamo cominciando in questo periodo ad allineare un po’ di date per promuovere l’album. Inizieremo in marzo. Il 10 nelle Marche, il 12 vicino a casa in Emilia, poi il 9 Aprile nei pressi di Firenze. Per quest’estate stiamo anche organizzando alcune date all’estero, probabilmente un festival a Berlino e altre date che dobbiamo ancora confermare in Italia.

Chiunque fosse interessato a tenersi aggiornato sui live degli Stoop può consultare il loro sito. Gli aggiornamenti si possono seguire anche sui social network tradizionali come Facebook o Myspace.

A tutti, come sempre, vive le Rock!

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