Ho sempre avuto rispetto e ammirazione per tutti quegli artisti che intraprendono un cammino lento ma costante di costruzione, confronto e miglioramento. Per anni è stato “il” modo di affrontare la musica, adesso è diverso. Ma il dono artistico, l’estro, l’istinto vanno alimentati con costanza, studio e molta determinazione.
E’ quello che ha fatto Amos Lee, trentatreenne cantautore di Philadelphia che negli ultimi dieci anni non si è mai fermato, facendosi le ossa come spalla di Norah Jones all’inizio e successivamente aprendo i concerti di Paul Simon, Elvis Costello, Van Morrison e persino Bob Dylan.
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Da pochi giorni la Blue Note ha dato alle stampe Mission Bell, quarto album che nel giro di una settimana è arrivato al n°1 tra i dischi americani. Un bel traguardo, a lungo atteso, ma il successo ai tempi della crisi non regala più aragoste e champagne, bisogna accontentarsi di un filetto di surimi e di un bicchiere di bianco californiano.
Mission bell di Amos Lee è arrivato al n°1 con sole 40mila copie, il punto più basso mai toccato dalla discografia.
Learned a lot
Peccato perché il disco merita, sia per la capacità di scrittura notevolmente migliorata, sia per lo splendido dosaggio dei suoni e dei colori effettuati dai Calexico dietro al mixer, sia per la presenza di grandi amici come Lucinda Williams, Priscilla Ahn, il leggendario Willie Nelson e l’inarrestabile Sam Beam, alias Iron & Wine in questo pezzo:
Violin
E’ una voce avvolgente quella di Amos Lee che nel suo mondo sospeso fonde in chiaroscuro frammenti unici di rock e soul. Un mondo piacevole da scoprire e da ascoltare.
Per la realizzazione tecnica grazie a Cristiano Ghidotti di www.pianetarock.it