Si fa presto poi a dire che ha ragione lui. Solo poche ore dopo aver annunciato di avere in tasca “una maggioranza a quota 325”, ecco che un nuovo terremoto ha dato un’ulteriore botta alla già precaria stabilità di Futuro e Libertà. Giuseppe Menardi, senatore finiano, da giorni con il mal di pancia verso Fini al punto da aver votato la fiducia al governo sul Milleproroghe, ieri sera ha compiuto il grande strappo: “Il mio percorso in Fli – ha spiegato – si è concluso domenica scorsa con il nuovo organigramma del partito”. Quindi, la frase magica: “Torno nei confini della maggioranza parlamentare”. Con questo addio, Menardi non solo va a rinforzare le fila del Pdl, ma fa anche crollare il gruppo finiano al Senato “e non c’è neppure bisogno – sibilava ieri sera tra i corridoi di palazzo Madama – che a Viespioli arrivi una lettera formale, gliel’ho annunciato di persona”.

Fli, dunque, perde i pezzi e il Cavaliere gode (gode meno per le carte depositate dal gip di Censo). Ma non è il Senato a concentrare le attenzioni dei cacciatori di teste del Caimano, è la Camera il novello lago di Tiberiade dove tentare la “pesca miracolosa”. E persino i “pescatori” non sono più gli stessi, visto che Moffa è passato alla guida dei responsabili e per avvicinare i possibili, nuovi “numeri” tra i più attivi c’è Mario Pepe, piediellino doc, che sta puntando da giorni sull’area veltroniana, per ora senza successo. Però l’operazione allargamento è partita da giorni e ora si sta intensificando, anche se gli “attenzionati” principali al momento restano nomi già sentiti. Come Italo Tanoni e Daniela Melchiorre dei Liberaldemocratici, Aurelio Misiti e Fernando Latteri dell’Mpa.

Da soli, però, non riuscirebbero mai a far toccare alla maggioranza quota 325, numero che consentirebbe al Cavaliere di passare pressochè indenne i prossimi passaggi parlamentari soprattutto nelle commissioni; per un allargamento così netto ci vuole di più. Ed ecco che l’occhio dei cacciatori si è spostato, grazie anche allo strappo di Menardi al Senato, sui dissidenti di Fli come Andrea Ronchi, Pasquale Viespoli e soprattutto Adolfo Urso, anche se par di capire che dovrà passare ancora del tempo prima che i tre, pur con laceranti mal di pancia, possano tornare indietro nel Pdl. Così come appare difficile che due uomini di Antonio Di Pietro, avvicinati da emissari di Verdini che hanno sondato la loro disponibilità a “votare, in qualche occasione, con la maggioranza”, possano tradire platealmente modello Scilipoti. Anzi.

Le offerte, comunque, sono state fatte e variano dalla promessa del mantenimento del seggio, di solito assai in bilico, ad offerte di varia natura, anche economiche e piuttosto sostanziose che, comunque, al momento sono state respinte. Insomma, la caccia al peone dissidente e con il timore di non essere rieletto è ancora lunga e piena di insidie per gli uomini di Silvio. Il Cavaliere, tuttavia, non si preoccupa più di tanto. Perché sa che, in questo caso, il tempo gioca a suo favore. E che più passa il tempo, più i deputati consapevoli di non essere rieletti si avvicineranno spontaneamente a lui, facendolo anche risparmiare. Il motivo risiede tutto nel fatto che gli attuali nominati, soprattutto alla Camera, in caso di elezioni anticipate perderanno il vitalizio; da questa legislatura, infatti, è in vigore la legge che prevede di aver portato a termine un’intera legislatura per poterlo ottenere e non più solo due anni, sei mesi e un giorno come era prima.

“Chiunque di noi, anche dell’opposizione – svelava ieri un peone del Pdl – si inchioderebbe allo scranno della Camera sostenendo il governo sempre pur di raggiungere la pensione”. Ecco, se si riuscirà ad andare oltre aprile e quindi non si potranno più chiamare le elezioni ad inizio dell’estate, alla ripresa dei lavori parlamentari di settembre si potrebbe assistere alla formazione di una singolare “onda anomala” di parlamentari sia alla Camera che al Senato. Forti del non avere vincolo di mandato nell’espressione del voto nelle aule, questi peones di tutti i colori politici si muoveranno di volta in volta a sostengno del governo e della maggioranza per evitare che crolli improvvisi possano mettere a repentaglio l’agognata pensione a pochi metri dalla meta.

Non ci sarà alcun bisogno di cambi di casacca plateali, né di formare nuovi gruppi parlamentari, sarà una sorta di movimento spontaneo pro pensione che nessuno, ma davvero nessuno, sarà capace di contrastare. I “responsabili” , a confronto, sembreranno una simpatica nota di colore rispetto ad un’onda che, a quel punto, sarà fondamentale al Cavaliere per restare in sella, davvero fino al 2013. La domanda, però, è un’altra; il Paese sarebbe in grado di resistere così a lungo con il Caimano al comando? Probabilmente no, ma ai peones a caccia del vitalizio questo importa davvero poco; L’Italia viene sempre dopo il tornaconto personale.

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