Non ricordate lo scambio di battute tra Nicole Minetti e Barbara Faggioli sulle preferite del premier o volete rileggere le conversazioni telefoniche tra il ragionier Spinelli e Ruby Rubacuori che lo supplica per un prestito?
Ora è possibile, e tutto grazie a un motore di ricerca ‘ad hoc’. Si chiama Bungle Bungle, è stato lanciato il 12 febbraio, poche ore prima della manifestazione “Se non ora, quando?” e ha già raggiunto oltre 50mila utenti grazie al passaparola via Twitter e Facebook. Il nome nasce dalla fusione di ‘bunga bunga’, ormai sinonimo dell’affaire Ruby, col brand di Page e Brinn (i fondatori di Google), di cui ricalca la grafica, anche se la parola che ne risulta (bungle) in inglese significa ‘pasticcio’. Una curiosa coincidenza.
Sotto la tradizionale barra di ricerca, al posto di ‘pubblicità’ o ‘soluzioni aziendali’ troviamo ‘conflitto di interesse’, ‘leggi ad personam‘ e ‘tutto su B.’ che linkano direttamente a Wikipedia. Il pulsante ‘mi sento fortunato’ è stato sostituito da ‘mi sento intercettato’ e, a meno che non siate coinvolti nel caso Ruby, un finestra vi dirà che al ‘momento non ci risultano intercettazioni a vostro carico’. Basta digitare uno dei nomi coinvolti nell’inchiesta e l’opzione ‘ricostruisci lo storico’ vi consentirà di ricomporre il puzzle della conversazione.
“Bungle è un progetto che nasce in contrapposizione al caos generato e voluto dai mass media, per divulgare informazioni di interesse comune – spiega Marcello Barile, sviluppatore web di 24 anni e fondatore con altri di Bungle Bungle – Viviamo in un Paese nel quale i tg selezionano il materiale per una scaletta di 30 minuti che intrattenga il telespettatore, spesso farcita di servizi spazzatura. Viviamo nell’era della mediocrità che trova la sua nemesi in ciò che vediamo ogni giorno in televisione”.
E il caso Ruby sarebbe soltanto un trampolino di lancio per dare spazio ad altri temi: “Io e gli altri collaboratori stiamo pensando a un’evoluzione di Bungle proprio in questo senso. Vogliamo però rimanere neutrali, senza schierarci e lasciando spazio ai fatti nudi e crudi”, spiega Barile. Affrontare più argomenti sul sito non significa però disporre di fonti in procure e tribunali, ma soltanto continuare un lavoro di ricerca “di documenti ai quali nessuno è interessato perché di difficile interpretazione, lettura o accesso. Basti basti pensare alla Gazzetta Ufficiale: quante leggi passano inosservate ogni giorno? E quanto sarebbe bello poterle ritrovare usando 1, 2 o 3 parole chiave al massimo? Posso anticipare che abbiamo già qualche idea a proposito per garantire vita lunga a Bungle. O almeno così speriamo”, racconta ancora Barile.
Quindi, non si tratterebbe, almeno nelle intenzioni, di un Wikileaks italiano, perché non c’è alcuna intenzione di scovare e pubblicare documenti riservati ma di “rendere di facile accesso notizie che solitamente passano in sordina sui media”.
Visto il materiale che potenzialmente potrebbe essere messo online, perché il sito si limita a riproporre le intercettazioni? “Un’ intercettazione, che spesso si riduce a un paio di battute tra due interlocutori, consente di fotografare la realtà senza strumentalizzazioni. Se non si avesse nulla da nascondere sarebbe impensabile temerne la diffusione, specie se parliamo di uomini delle istituzioni che dovrebbero, per definizione, essere trasparenti. Credo che i politici – conclude Barile – così come godono di privilegi e incarichi speciali, abbiano il dovere di mostrare caratteristiche all’altezza. E non è una questione di morale, ma di tutela della cosa pubblica”. Lunga vita a Bungle Bungle, allora.