E’ ancora difficile dire se siamo alla fine della più torbida e degradante fase vissuta dalle istituzioni repubblicane e dal sistema informativo italiano, a causa del conflitto di interessi, della immoralità e dalla capacità corruttiva di Silvio Berlusconi. Quando essa finirà, comunque – si spera almeno non attribuendo ulteriore peso e autorevolezza al “separatismo” leghista (non a caso ultimo e decisivo punto di appoggio della maggioranza parlamentare berlusconiana) – si dovrà ricominciare: prima sgombrando il campo per quanto possibile dalle macerie e poi rivedendosela con i problemi dell’era pre-berlusconiana che il berlusconismo hanno consentito, in buona misura prodotto e ancora adesso, direttamente o indirettamente, tenuto in piedi. Parliamo ad esempio di Rai. Certo, si dovrà sgombrare il campo dalle macerie del minzolinismo e del masismo. Ma poi si dovrà rivedere di sana pianta la stessa natura e organizzazione dei talkshow, giustamente ritenuti dai più accorti osservatori fra i più esemplari prodotti e più efficaci produttori di degrado politico e civile.
Non a caso, proprio in questi giorni, la disperata e pericolosa resistenza berlusconiana ha concepito un nuovo tentativo per neutralizzare le trasmissioni considerate “ostili”, tipo Annozero, Ballarò, Report e Che tempo che fa. “Non voglio cacciare nessuno”, ha garantito il senatore Alessio Butti, relatore Pdl in Commissione Vigilanza Rai, a proposito della bozza di “atto di indirizzo sul pluralismo informativo” che la maggioranza ha già depositato. “Però in Rai ci sono soggetti che fanno giornalismo col torcicollo. Io Santoro non lo guardo, ma l’altra sera ad Annozero c’era solo Vendola… E’ opportuno aumentare gli spazi informativi e di approfondimento che si ispirano a quella vasta area culturale del Paese che non si riconosce in Floris, Santoro, Gabanelli, Fazio & Co”. E, per pluralismo, si propone la “doppia conduzione” dei talkshow: che significherebbe la definitiva riduzione del giornalista-conduttore a uomo di parte e di propaganda (e non sorprende in gente che è riuscito a concepire e a realizzare persino la riduzione dell’ecumenico e conformista Tg1 in aggressivo video-allegato al Giornale e al Foglio). E se i due conduttori fossero uno di una parte politica e l’altro dell’altra, non sarebbe superfluo anzi inutile invitare rappresentanti politici di una parte e dell’altra? E se ci fosse un vero “terzo polo” che si fa? una conduzione a tre? E se si tornasse al proporzionale, una conduzione a sette o a dieci?
Rispetto all’ipotesi iniziale, dall'”atto” è stata eliminata, almeno, l’idiota “divieto di replicare lo stesso tema nei talkshow nell’arco di otto giorni”. In compenso, si viene a sapere che sarebbe introdotto il divieto, “per chi ha ricoperto ruoli politici nazionali“, di condurre programmi di approfondimento del servizio pubblico: un divieto – e questo appare ragionevole – “valido per i due anni successivi alla cessazione del mandato politico”.
Si tratta, evidentemente, di una iniziativa da un canto dai chiari intendimenti punitivi e dall’altro disperata. Sprovvisti di personale giornalistico all’altezza (o alla bassezza) degli ambiziosi obiettivi professionali e politici prefìssisi, falliti i contraltari Mediaset (Belpietro) e Rai (dal fanatico Socci al desolante Paragone) a “Fazio & Co”, sprofondata nell’impresentabilità e nella perdita di autorevolezza e di ascolti la minzonilizzazione del Tg1, sempre rinviato (per pudicizia e timori dell’interessato?) il ritorno del ciclone-Ferrara sugli schermi del servizio pubblico, i funzionari parlamentari e televisivi del berlusconismo sarebbero dunque tentati – se quest’ultima loro iniziativa ha un senso – di lucrare sul successo ottenuto dai Floris, Santoro, Gabanelli e Fazio, abbandonando l’idea di far varare a Masi trasmissioni informative “di successo” alternative e di contrasto, e imponendo invece d’imperio la presenza di loro uomini nelle trasmissioni di successo che questi maledetti giornalisti “di sinistra” riescono a confezionare… Tutto questo non avverrà mai, ovviamente. Sarebbe ridicolo e inaccettabile, e comunque inaccettato. Da “Fazio & Co” innanzitutti. Berlusconi, Masi e Butti se ne facciano una ragione.
Ad altro livello, diciamo così, è in corso in viale Mazzini un altro tentativo: nientemeno che fare il contraltare a Saviano, ricorrendo a Vittorio Sgarbi. Un uomo indubbiamente di cultura, si sarà detto Masi, e poi “fa ascolti”. Perciò è previsto per il prossimo aprile lo sbarco in prima serata, su Rai Uno, della trasmissione del valente critico d’arte e aggressivo squadrista televisivo Il bene e il male, presentata appunto come “la risposta di destra a Vieni via con me di Fazio e Saviano”, dalla quale si è dimesso polemicamente, prima ancora di cominciare, il “direttore artistico” Oliviero Toscani (sul quale Il Giornale è già tentato di praticare per questo il “metodo Boffo”). Masi, che conosce poco la Tv ma che soprattutto è troppo occupato a soddisfare i capricci del capo per poter fare quello che come manager pubblico magari potrebbe anche tentare di fare, sbaglia a mettere insieme la “cultura” di Sgarbi e il suo “fare ascolti”. Egli, infatti riesce a far impennare l’attenzione dei telespettatori (non si sa quanto gli “ascolti” propriamente detti) non con il suo apporto culturale, ma con le sue sguaiate incazzature, gridando come un ossesso, vaffanculando gli interlocutori, impedendo loro di parlare, ecc.. Il contraltare a Saviano, che fa 10 milioni di telespettatori con la sua cultura, la sua moralità, la sua idealità e la sua credibilità, sarebbe uno Sgarbi “di destra” o più esattamente “di Berlusconi” che avesse una cultura, una moralità, una idealità e una credibilità (già una indiscutibile contraddizione in termini) tali da coinvolgere e appassionare una decina di milioni di italiani.
Diciamo che qui siamo ancora nel campo delle macerie che occorrerà rimuovere, quando si riuscirà finalmente a neutralizzare il berlusconismo. Intanto – per accennare appena a uno dei problemi dell’era pre-berlusconiana che il berlusconismo hanno consentito, in buona misura prodotto e ancora adesso, direttamente o indirettamente, tenuto in piedi – va detto che la questione del pluralismo e di una corretta ed efficace rappresentazione del dibattito politico nei talkshow, anche quelli “di successo” e “di sinistra”, andrebbe affrontata in direzione esattamente opposta a quella indicata da Butti.
L’altro giorno, a Matrix, il conduttore Alessio Vinci ha consentito non solo che Sgarbi insolentisse con ogni genere di improperi una giornalista dell’Unità, Francesca Fornario, ma ha letteralmente impedito con una inarrestabile scena isterica (che lui rappresenta consapevolmente: lo chiamano per questo) che la poverina dicesse la sua e che la trasmissione potesse proseguire. Uno spettacolo infame. Un po’ tutti gli anchormen, a cominciare da Vespa e Floris, consentono spesso sovrapposizione di voci e interruzioni continue, tali da rendere inintelligibili le posizioni in campo, per non parlare dei ragionamenti più pacati e chiari che molte tematiche richiederebbero. Nei talkshow, poi, sono abitualmente tollerate offese e aggressioni reciproche, spesso strumentali e comunque inammissibili. E’ esemplare una scena in cui, mentre Di Pietro si sforzava di parlare di politica, Bondi a freddo, senza essere provocato, senza nemmeno che l’odiato ex-magistrato parlasse di lui o del suo capo, gli rivolse con la faccia atteggiata allo sdegno più ripugnato: “Lei mi fa orrore”. Floris, ovviamente, non fece quello che un conduttore serio avrebbe dovuto fare: invitare Bondi a ritirare quella gratuita, oltraggiosa battuta e a impegnarsi a non farne più e, di fronte al probabile diniego del poco autorevole interlocutore, pregarlo di lasciare il “salotto”…
Un altro enorme difetto dei nostri talkshow è quello di lasciar dire al politico di turno quello che gli pare, spesso senza alcun collegamento con la domanda che gli viene posta, impedendo quindi al telespettatore/cittadino/elettore di farsi una idea ragionata delle questioni di cui si discute. Non si è mai visto un anchorman interrompere la risposta evasiva e propagandistica di un politico, con un invito decisivo che invece dovrebbe essere sistematico e, se necessario, ripetuto sino alla noia, sino all’ottenimento del risultato: “Risponda alla domanda!”.
Infatti, in un paese normale, un giornalista fa domande precise e scomode, ed è bravo (non di destra o di sinistra) se sa farle, e un politico dà risposte (pertinenti e chiare) ed è degno di essere votato se riesce ad essere convincente e credibile. Perciò, quando e sa sarà rimosso il berlusconismo, vorremmo che gli attuali talkshow non continuassero ad essere il pollaio che oggi perlopiù sono, che non diventassero gli “sgarbi” e gli sgorbi che hanno in mente Masi e Butti, ma che fossero un po’ più normali.