Non devi scrivere dei tuoi colleghi. Parlare male del festival di Sanremo è scontato. Un giorno potresti essere invitato.
Non è il modo migliore di iniziare questo blog. Ignora il fenomeno con eleganza.
Poi quando nella serata della celebrazione dei 150 anni dell’unità d’Italia ascolto Vecchioni cantare come si deve “o’ surdato ‘nnammurato” e mi commuovo con Benigni che a voce nuda ridona dignità all’inno nazionale (sporcato solo dagli applausi prematuri di una platea che sembra selezionata da Dario Argento), arriva il crollo. L’orrore del prima e del dopo è troppo evidente. E’ stato come accendere la luce in una stanza sporca. Il nostro paese è pieno di fonici che sanno far sentire una voce, critici e direttori artistici che vendono solo il frutto del loro lavoro, cantanti intonati, grandi autori, arrangiatori eccellenti, ottimi musicisti.
Dovremmo fare insieme una causa collettiva a questa trasmissione televisiva che anno dopo anno distrugge la credibilità della nostra musica, la memoria di quello che è stata, la fiducia in come potrebbe essere, la verità di quello che è. Ecco, scripta manent. Mi sento un po’ meglio. Sparate pure sul pianista.