Centro della rivolta è Bengasi. Qui gli uomini del Colonnello hanno aperto il fuoco su una cerimonia funebre. Manifestanti anche a Tripoli. Berlusconi non sente Gheddafi: "Sarà occupato"
La rivolta del popolo libico finisce nel sangue. In serata la conta dei morti viene aggiornata a 120 vittime, oggi il bilancio è salito a 258. Ma la conta è destinata a proseguire. Di queste la maggior parte sono state uccise nella sola Bengasi, il cuore della contestazione anti Gheddafi e in Cirenaica, quando alcuni uomini delle forze di sicurezza hanno aperto il fuoco su un corteo funebre. La brigata responsabile della sicurezza in città, al-Fadil Abu Omar, ha usato contro i manifestanti anche razzi Rpg e armi anti-carro. “La maggior parte delle persone uccise in questi giorni a Bengasi sono state ferite da colpi d’arma da fuoco al cuore o allo stomaco”, ha riferito il medico dell’ospedale al-Jala di Bengasi, Mohammed Mahmoud, nel corso di un collegamento telefonico con la tv araba al-Jazeera.
Gli scontri sono proseguiti per tutta la serata di ieri nel centro della città proprio davanti alla caserma di Al-Birka. In Cirenaica, invece, parte dell’esercito si è unita ai manifestanti ad Al Beida, Derna e Tobruk, mentre non ci sono notizie sicure sulla presa di posizione dell’esercito locale nella citta’ di Bengasi. La situazione risulta critica anche all’aereoporto, dove la popolazione cerca di impedire gli arrivi di mercenari provenienti dai paesi dell’Africa Nera. La protesta si è accesa anche Tripoli, dove gruppi di sostenitori del Colonnello sono scesi in piazza e, secondo alcuni italiani presenti nella capitale, si sono sentiti diversi colpi di arma da fuoco.
Fonti locali riferiscono che il cognato di Gheddafi, Abdallah Senussi, appositamente inviato per sedare la rivolta sia stato ucciso, mentre il figlio del Colonnello, Al Saadi, che era intrappolato all’hotel Tibesti, sia riuscito a fuggire.
Totalmente bloccate le comunicazioni. Non c’è accesso ad Internet, anche le linee telefoniche verso l’estero sono interrotte da un paio di giorni. Il governo turco ha nel frattempo inviato degli aerei per far evacuare i propri connazionali. Sulla polveriera libica questo pomeriggio è intervenuto anche Silvio Berlusconi, il quale, alla domanda se avesse sentito Gheddafi ha risposto. “No, non lo ho sentito. La situazione è in evoluzione e quindi non mi permetto di disturbare nessuno”.
Intanto si fanno sempre più insistenti le voci sulla morte dell’ex presidente tunisino. Diverse fonti non verificate che circolano sul web riferiscono che Zine al-Abidine Ben Ali sarebbe morto in un ospedale di Gedda, in Arabia Saudita. Ben Ali, da due giorni in coma, era fuggito all’estero il 14 gennaio, dopo una rivolta popolare che ha messo fine ai suoi 23 anni di potere nel Paese nordafricano. Un webmagazine israeliano in francese, JSSNews, ha dato la notizia del decesso, sostenendo di averla avuta da diplomatici tunisini in Europa occidentale, “fonti affidabili” secondo cui sono in corso trattative per organizzare i funerali a Tunisi. Il webmagazine è lo stesso che aveva dato per primo notizia del coma dell’ex presidente. Sarebbe stata la moglie Leila Trabelsi, da Tripoli, a dare l’autorizzazione a staccare la spina dopo che il marito era già clinicamente morto da 24 ore. Secondo JSSNews, il presidente Ben Ali è morto nella notte tra venerdì e sabato, alle 22.30, senza avere vicino alcun membro della famiglia. Per il momento la notizia non è stata ancora confermata perché si sta cercando di rispettare il rito musulmano che vuole i funerali nello stesso giorno del decesso. Pertanto, secondo il magazine, “l’annuncio della morte potrebbe essere ritardato di 3 o 4 giorni”.
Marocco. Manifestazioni e scontri si sono registrati anche nel regno di Mohammed VI. Migliaia di persone sono scese in piazza nelle principali città del paese per chiedere al re di rinunciare ad una parte dei suoi poteri. Incidenti si sono verificati a Marrakech e Larache. A Marrakech, un gruppo di 150-200 persone ha attaccato i negozi e lanciato pietre contro un edificio pubblico e un McDonalds. L’episodio si è verificato dopo la dispersione della manifestazione a cui hanno partecipato circa 1.500 persone.
Incidenti simili si sono verificati a Larache, nel nord del paese. Alcuni giovani hanno attaccato un ufficio doganale e una stazione di polizia. In entrambi in casi, la polizia ha deciso di intervenire, mentre il ministro degli Interni ha annunciato che il re terrà presto un discorso, preannunciando il varo di riforme per la democratizzazione del paese.
Algeria. Il deputato dell’Rcd si trova attualmente ricoverato in rianimazione all’Ospedale Mustapha Pacha, a pochi passi da piazza Primo Maggio. “I medici stanno tentando di risvegliarlo”, ha detto all’agenzia di stampa Ansa, Mohseb Belabbas, portavoce del partito. “Dopo essere stato colpito al ventre da un agente – ha precisato – ha sbattuto la testa e ha perso i sensi e per alcuni minuti è rimasto a terra”. “La polizia ha impedito che venisse trasportato via subito dalla protezione civile”, ha aggiunto. “Soltanto l’insistenza di alcuni manifestanti ha convinto gli agenti a lasciar passare i soccorsi”.
La polizia di Algeri in tenuta antisommossa sta usando la linea dura per reprimere la manifestazione in corso della capitale, dove secondo il giornale arabo al-Watan si sono riuniti 300 manifestanti. Le forze dell’ordine hanno impedito l’accesso alla piazza del Primo Maggio, dove sabato scorso si è tenuta la prima ‘giornata della collera’, e i manifestanti si sono dispiegati lungo boulevard Belouizdad cantando slogan contro il governo, sulla scia delle proteste che in Tunisia e in Egitto hanno portato alle dimissioni di presidenti in carica da 23 e 30 anni. La polizia, circa 400 uomini in campo, ha usato manganelli per disperdere la folla e diversi carri armati sono stati posti in diverse zone della capitale per evitare che i cittadini aderissero alla manifestazione. I manifestanti si sono comunque riuniti davanti al ministero della Gioventù e dello sport chiedendo una “Algeria libera e democratica”. La marcia odierna non è stata autorizzata dalle autorità in base allo stato di emergenza, in vigore da 19 anni, che impedisce la libertà di manifestare in piazza.
Yemen. Uno studente è rimasto ucciso negli scontri intorno all’Università di Sanaa fra oppositori e sostenitori del presidente. Cinque i feriti. Secondo la tv araba al-Jazeera si tratta degli scontri più violenti degli ultimi nove giorni nella capitale yemenita.
Bahrein. L’opposizione respinge l’offerta di negoziato avanzata dal principe ereditario e in mattinata riprendono i disordini.
La posizione degli Usa. In una telefonata al re del Bahrein, Hamad bin Isa al-Khalifa, il presidente americano, Barack Obama ha “condannato l’uso della violenza contro i pacifici manifestanti e ha sollecitato con forza il governo” del piccolo emirato del Golfo “a mostrare moderazione”. “Da alleato di lunga data del Bahrein”, ha riferito una nota della Casa Bianca, “gli Usa ritengono che la stabilità del Paese dipenda dal rispetto dei diritti universali e da riforme che rispondano alle aspirazioni di tutti i cittadini”. Il Bahrein ospita la Quinta Flotta Usa ed è un alleato strategico dell’America nel Golfo. In un altro comunicato diffuso a margine di una visita in Oregon, Obama si era detto “profondamente preoccupato” dalle notizie di violenze in Bahrein, Yemen e Libia. “Gli Usa”, ha ricordato il presidente americano, “condannano l’uso della violenza da parte dei governi contro manifestanti pacifici in questi Paesi o dovunque possa accadere”. Ai governi dei tre Paesi viene chiesto di “mostrare moderazione nel rispondere a proteste pacifiche e di rispettare i diritti dei loro popoli”.