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L’efficienza del Colonnello e il silenzio italiano

L’onda delle rivolte ha raggiunto la Libia. E a pochi giorni dalla manifestazione della collera il 17 febbraio scorso la repressione sanguinosa di Gheddafi ha già prodotto centinaia di morti e migliaia di feriti. C’era da aspettarsi una reazione violenta del Colonnello, il più longevo leader arabo e anche uno dei più spietati. Oggi la sua mattanza indigna la comunità internazionale e imbarazza l’Italia e la sua classe dirigente. Anche perché la Libia da sempre è un paese importante per l’Italia. E oggi, al di là dei legami storici, è un partner importante.

Recentemente i rapporti tra i due paesi sono stati segnati dalla firma del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione siglato a Bengasi il 30 agosto 2008. Il Colonnello e il Cavaliere hanno voluto chiudere un vecchio contenzioso coloniale con tanto di risarcimento in forma di investimenti pari a 5 miliardi di euro in 20 anni per la realizzazione di progetti infrastrutturali. Una operazione “risarcitoria” ma anche una forma di aiuto allo sviluppo vincolato ad appalti per le imprese italiane.

Al di là degli aspetti economici, la collaborazione prevede anche la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche al fine di combattere il terrorismo, la criminalità organizzata, il traffico di stupefacenti e l’immigrazione clandestina. Ed è proprio su quest’ultimo punto che la collaborazione tra i due paesi è stato “qualificante”. L’Italia ha delegato alla Libia le funzioni di controllo e contrasto dei flussi migratori. E dunque l’Italia ha iniziato una politica di respingimenti indiscriminati verso la Libia, senza neppure preoccuparsi degli eventuali richiedenti asilo o delle convenzioni internazionali sul diritto di asilo e sui diritti umani.

La Libia a sua volta respinge nel deserto migliaia di candidati all’immigrazione senza alcun riguardo dei diritti umani. Negli ultimi 3 anni si è consumato un vero e proprio genocidio di poveri provenienti dall’Africa subsahariana e non solo. Chiunque venga ripreso nel mare viene respinto verso la Libia. E si sa che le autorità libiche senza remore li “accompagnano” e li lasciano nel bel mezzo del deserto senza cibo né acqua. Infatti, secondo le stime degli esperti, il Sahara ha sorpassato il Mediterraneo nella graduatoria del numero di “martiri della speranza”. E la Libia è pagata dall’Italia anche per questo “egregio servizio”.

E oggi mentre le piazze arabe si ribellano per chiedere libertà e dignità l’Italia si imbarazza perché non può chiedere al suo più efficace collaboratore di rispettare i diritti umani dopo averlo premiato per compiere un vero e proprio sacrilegio della dignità delle persone. E ora che il Colonnello usa gli stessi metodi contro i manifestanti libici, l’Italia non può che tacere. Anche perché ci si deve preoccupare di chi può continuare a fermare l’eventuale invasione di immigrati arabi. Insomma vale la politica dello struzzo e per questo delicato lavoro serve un esperto affidabile, appunto il Colonnello. Allora, meglio non disturbarlo.