Se ancora sembra ci siano delle crepe, si stanno rapidamente chiudendo. Umberto Bossi è riuscito, per l’ennesima volta e contro ogni previsione, a rinsaldare i suoi. Il senatùr ha individuato uno spiraglio per far uscire la Lega Nord dalla palude in cui fino a pochi giorni fa appariva invischiata, trascinata dal malessere della base e le difficoltà politiche delle ultime settimane. Come? Durante il vertice di ieri sera nel quartier generale di via Bellerio, dopo un confronto con l’intero stato maggiore del partito, Bossi ha scelto la linea che da mesi propone Roberto Maroni: individuare un’exit strategy per abbandonare, nel modo meno traumatico possibile, Silvio Berlusconi.
Già a novembre il ministro dell’Interno, durante una riunione con Bossi, aveva sbottato: “Non ci sto a sostenere un governo inesistente” (leggi). Inascoltato. Già prima dell’estate Bobo aveva spinto affinché il Carroccio staccasse la spina per andare a elezioni anticipate, ricevendo anche il sostegno del “rivale” interno, Roberto Calderoli. Ma Bossi non ha voluto sentire ragioni: “Si va avanti con Berlusconi, resisterà”, ha ripetuto spesso durante i vertici del lunedì sera. Una posizione di fermezza fortemente criticata da Maroni, a cui nel frattempo si sono avvicinati in molti. Tanto che nelle ultime settimane, durante i vertici di via Bellerio, c’è stata una sorta di conta su quanti si erano “iscritti” all’istanza Bobo. Una lista che si è costantemente allungata.
Il fallimento del federalismo, le vicende in cui il premier è coinvolto, la quasi rivolta della base hanno spinto Bossi a rivedere la linea. Il senatùr settimana scorsa ha incontrato il premier, cercando di trovare insieme a lui una strategia comune. Ma a Palazzo Chigi ha trovato un uomo ostinato ad andare avanti. Così ieri ha convocato in via Bellerio l’intero stato maggiore e ha comunicato la decisione raggiunta: “Con Berlusconi abbiamo fatto molto ma purtroppo il suo tempo è finito, non possiamo rischiare di affondare con lui, dobbiamo pensare al dopo e dobbiamo farlo da subito”. Come? Affidando a Maroni l’incarico di portare avanti il dialogo con il Partito Democratico, aperto con l’intervista pubblicata su La Padania al segretario Pier Luigi Bersani. L’obiettivo: individuare una potenziale maggioranza in grado di portare a termine il federalismo e sostenere un eventuale governo di transizione guidato dallo stesso Maroni. Sì, il ministro dell’Interno l’ha spuntata su tutta la linea: da sempre favorevole a un esecutivo tecnico alternativo a Berlusconi e contrario al sostegno a Giulio Tremonti premier.
A nome del Carroccio può garantire un distacco lento del premier e una riforma elettorale che superi il porcellum, come invoca l’opposizione. Realizzando la Camera delle Regioni, passo ulteriore del federalismo e visto positivamente anche da Gianfranco Fini e dal leader dell’Udc, Pierferdinando Casini. La nascita della nuova aula, nell’ottica leghista, è la chiave di volta per il definitivo abbandono del Cavaliere. Gli unici dubbi sono i tempi. Oggi in Senato c’è il passaggio del federalismo, con la relazione invocata dal Capo dello Stato. Poi si tornerà di nuovo a doversi concentrare sui guai giudiziari del premier. E se la base è stanca di dover “parare il culo flaccido del Cavaliere”, Bossi non è da meno. “Agiamo lentamente, non parliamo in troppi e interveniamo senza bocciare niente ma lasciando capire la nostra posizione critica”, ha dettato la linea ieri sera. Perché questa volta la Lega vuole che il Pdl si concentri sul federalismo, basta pensare ai guai del premier. Prima la riforma bandiera del Carroccio.
La bocciatura arrivata stamani dalla Corte dei Conti, che ha detto di apprezzare i “profili di positività” dell’impianto del federalismo fiscale municipale ma ha messo in guardia sui rischi di squilibrio e incertezza che potrebbe produrre, ha convinto ulteriormente la Lega a trovare un percorso alternativo al governo attuale per eventualmente corregere ma comunque approvare la riforma tanto cara al popolo del Nord.
Così, dopo giornate di silenzio totale, nonostante gli inviti del Pdl a intervenire, oggi il Carroccio ha aperto la nuova stagione. Berlusconi e i suoi invocano la riforma della giustizia tornando all’impunità e sostenendo di avere il beneplacito della Lega? “E’ una proposta che è emersa come altre, la valuteremo”, ha detto Marco Reguzzoni, capogruppo alla Camera. Sottolineando che l’interesse del partito “è procedere verso una riforma della giustizia che serve ai cittadini e alle imprese”. E l’immunità a loro proprio non serve. I vertici del Carroccio hanno espresso la loro contrarietà all’accelerazione della riforma della giustizia al sottosegretario Gianni Letta e al guardasigilli Angelino Alfano. In particolare sul processo breve. E sembrano aver espresso con fermezza il loro no. Tanto che il ministro della Giustizia, lasciando il vertice, ha detto: “Non voglio che (il processo breve, ndr) sia un elemento di rottura in un momento come questo in cui stiamo lavorando alla riforma costituzionale”.
Oggi in Senato Umberto Bossi e Roberto Calderoli illustreranno il decreto del federalismo municipale e confidano di mostrare un passo avanti ma sanno che è solo apparenza, con effetti neanche troppo pirotecnici. I fuochi d’artificio veri li sta confezionando Maroni e non illumineranno le Camere ma Arcore.