“Le intercettazioni sono indispensabili nella lotta per contrastare la corruzione, le proposte del governo non sembrano andare in questa direzione…” Queste le parole usate dal presidente della Corte dei Conti nella sua relazione annuale. La suprema magistratura contabile, luogo dove non siedono pericolosi girotondini e neppure quelle toghe rosse che tormentano le già agitate notti del piccolo Cesare, ha voluto aggiungere la sua autorevolissima voce a quelle di chi non è disposto ad assistere in silenzio alla distruzione del principio di legalità e alla manomissione della carta costituzionale.
Il presidente della Corte conosce, forse meglio di ogni altro, quanto la corruzione e la concussione siano tornate ad infestare la vita pubblica e politica, determinando un inquinamento profondo della vita democratica.
In qualsiasi altro paese, forse Libia esclusa, il governo ne prenderebbe atto, ritirerebbe il provvedimento, convocherebbe le supreme magistrature e chiederebbe loro come rafforzare e con quali strumenti la lotta contro la corruzione e la criminalità, anche quella dei cosiddetti colletti bianchi, persone presentabili in società, ma impresentabili eticamente.
Il governo Berlusconi, Alfano, Previti, Dell’Utri, Brancher, Scajola tanto per citare qualche esempio, non solo non lo farà, ma probabilmente, dopo aver minacciato di chiudere la bocca alla Corte costituzionale, ai giudici e ai cronisti, ora lancerà i suoi strali i e le sue tv contro la Corte dei conti, rea di aver mancato di rispetto al sovrano e alla sua corte.
“Le intercettazioni sono essenziali per colpire la corruzione…”, ma proprio in queste parole del presidente sta la contraddizione di questa drammatica stagione italiana. Se le intercettazioni possono essere utili a comprovare alcune forme di corruzione e se alcuni di questi reati riguardano direttamente la corte o il suo sovrano, allora il problema non è più come contrastare il malaffare, ma come eliminare le prove, come distruggerle, o comunque come impedire che siano svelate alla pubblica opinione.
Del resto, al di là delle facili ironie, ci sarà pure una ragione se Berlusconi ha sempre avvertito una profonda consonanza politica, etica, antropologica persino, con Putin, con il ” saggio” Mubarak, con il colonnello libico, che, peraltro, proprio in queste ora ha compiuto una strage nel silenzio dell’amico di Arcore. Di fronte a tanta furia bisogna avere il coraggio di reagire con determinazione e con immenso spirito unitario.
Per quel poco che conta il mio parere trovo fondato l’appello che Camilleri, Travaglio e altri hanno rivolto alle forze politiche di opposizione affinchè usino tutti gli strumenti regolamentari e politici per fermare questa marcia sulla Costituzione e sulle istituzioni democratiche. Sarà almeno il caso di proporre una riunione congiunta di tutti i gruppi parlamentari di opposizione, nessuno escluso, per valutare modi e forme di un contrasto che dovrà uscire necessariamente dalle forme della consuetudine e del semplice regolamento parlamentare.
Alcuni cosiddetti moderati hanno storto il naso di fronte a questo appello ed anche di fronte alla sola idea di indire per il prossimo 12 marzo una grande giornata dedicata al tricolore e alla Costituzione che metta insieme quanti credono nella legalità repubblicana, senza distinzione alcuna di parte o di partito. Chi non è d’accordo faccia pure altro, ma la smetta di insolentire o di chiamare radicali quelle e quelli che non hanno intenzione alcuna di restare davanti alle tv, per altro quasi tutte di Berlusconi, nella speranza che una qualche congiura di palazzo mandi a casa il piccolo Cesare.
In attesa della congiura di palazzo, quella che dovrebbero ordire i cosiddetti professionisti della politica, Berlusconi avrà nel frattempo travolto tutti i palazzi delle istituzioni e della Costituzione. Per quanto ci riguarda non aspetteremo nè gli uni, nè gli altri. Ci sono momenti in cui ciascuno di noi, con o senza cariche politiche, è chiamato a rispondere solo a sè stesso e alla propria coscienza, questo è uno di quei momenti. Se non ora quando?