Forse tra qualche anno la piccola “Facebook Ibrahim” chiederà conto ai genitori di questa loro scelta. O magari, tra qualche anno, sarà normale anche in Italia chiamare i propri figli WWW, YouTube, o Google. Fatto sta che in Egitto, il 18 febbraio è nata Facebook, una bambina che nello stesso nome porta la gratitudine che i suoi genitori hanno per il ruolo che il social network ha svolto nella rivolta culminata l’11 febbraio con le dimissioni del presidente Hosni Mubarak. Lo riporta il quotidiano Al-Ahram, spiegando che Jamal Ibrahim ha chiamato così la sua primogenita per esprimere la sua gratitudine verso i giovani che hanno messo fino a un governo in carica da 23 anni.
Il social network, così come altri strumenti online, ha svolto un ruolo cruciale per preparare e coordinare la rivoluzione iniziata il 25 gennaio (per la storia è già “la rivoluzione di Facebook”). Gli egiziani, che in cinque milioni hanno un loro profilo sul sito blu (più che in qualsiasi altri Paese del Medioriente e del Nordafrica) hanno usato il social network per organizzare le proteste, diffondere informazioni e mantenere i contatti con l’estero. Bisogna aggiungere, a onor del vero, che il Facebook non ha espresso nessun calore per come cittadini del mondo stanno utilizzando le loro bacheche per scopi politici (il manager egiziano di Google Wael Ghonim, appoggiato ufficialmente dal motore di ricerca, ha invece avuto un ruolo decisivo prima nel fare partire la protesta online, e poi per fare forza alle richieste di democrazia con un suo intervento in tv).
Indubbiamente molti potranno storcere il naso davanti all’uso di un marchio 2.0 come nome proprio. Ma anche in Italia i nomi particolari non mancano: da Brenda a Dylan (in omaggio a Beverly Hills) passando per Chanel e Nathan Falco. E numerose sono le nonne che hanno il nome “Idea socialista” stampato sulla carta d’identità. “Facebook” è peggio? Il dibattito è aperto.
Dal Fatto Quotidiano del 23 febbraio 2011 (foto da TechCrunch)