“Non sono più un poliziotto. S’è avverato il sogno di Silvio Berlusconi che già dal 24 gennaio 2009, riferendosi a me, parlava del più grande scandalo della Repubblica. Se questo provvedimento fosse stato adottato a Milano, invece che a Roma, forse qualcuno avrebbe aperto un fascicolo d’indagine. Mi hanno tolto la divisa ma non possono riuscire a togliermi la dignità”. Dopo 25 anni, da ieri, Gioacchino Genchi, vice questore della Polizia di Stato, è fuori dal servizio: destituito per motivi disciplinari. “È un provvedimento illegittimo – continua Genchi – ricorrerò al Tar”.
Il super esperto informatico che ha indagato sulle stragi di via D’Amelio, e ha consentito l’arresto di decine di mafiosi, ricorda che fino all’ultimo la Polizia di Stato gli ha riservato elogi – “ottimo” è il giudizio ottenuto anche quest’anno – e del capo della Polizia Antonio Manganelli, che ha firmato la sua destituzione, dice: “Bisogna vedere chi gliel’ha fatto firmare”. La pesantissima sanzione arriva a fronte di alcune dichiarazioni, in qualche occasione infelici, come quando Berlusconi fu ferito dalla statuetta del duomo lanciata da Massimo Tartaglia, per esempio, e Genchi parlò in pubblico di “pantomima”. Nella sua memoria difensiva, però, Genchi spiega che si riferiva alla prognosi certificata dal medico del premier, che l’aveva disposta per 90 giorni, mentre i medici della Procura di Milano la ridimensionarono tra i “venti e i quaranta giorni”.
È per questo che Genchi viene destituito dalla polizia. Le altre frasi incriminate riguardano l’arresto del mafioso Giovanni Nicchi che fu definito da Berlusconi il “numero due della mafia”. Un arresto giunto a poche ore dal “No Berlusconi day” del 5 dicembre e che, secondo Genchi, fu gonfiato apposta per distrarre l’opinione pubblica dal dissenso verso il premier. Un’opinione più che legittima, considerato che lo stesso Genchi, nella sua difesa, ha prodotto il certificato penale di Nicchi, fino ad allora incensurato e che Nicchi è stato assolto. Per quanto incredibile, Genchi viene punito per aver espresso, su un episodio del 1996, la stessa opinione del ministro dell’Interno Roberto Maroni: l’esperto informatico parlò pubblicamente di “pantomima” sulla microspia rinvenuta nello studio di Berlusconi nel 1996. Genchi aveva chiamato Maroni a testimoniare, visto che il ministro, nel 1996 aveva dichiarato all’Ansa: “La microspia se l’è messa Berlusconi da solo per fare la vittima”. Testimonianza esclusa . E destituzione disposta. Un caso davvero incredibile, se si considera che – come lo stesso Genchi evidenzia nella sua memoria difensiva – i suoi colleghi coinvolti e condannati (poi prosciolti per prescrizione) nelle violenze del G8 2001 di Genova non hanno subìto neanche una sospensione. Stessa sorte per i poliziotti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi.
Genchi aveva chiesto di poter acquisire gli atti che li riguardavano, per poterli utilizzare nella propria difesa, ma anche in questo caso ha ricevuto un rifiuto. Resta il fatto, sottolineato da Genchi nella sua difesa, che “già nel settembre 2007” lavorando a un “traffico internazionale di cocaina”, il consulente aveva sviluppato il “traffico telefonico di Perla Genovesi, rilevando numerosi contatti diretti con l’abitazione di Arcore dell’onorevole Silvio Berlusconi”. E da lì arrivava a una delle ragazze che avrebbero intrattenuto Berlusconi nei suoi bunga bunga: Nadia Macrì. Genchi s’era anche imbattuto – in un procedimento giudiziario calabrese – in “una intercettazione telefonica dell’allora ministro Maurizio Gasparri”. E conclude: “Non appare difficile inquadrare il contesto politico e il movente che può avere ispirato la mia delegittimazione personale e professionale”. “Non è un caso”, conclude Genchi, “che il 13 marzo 2009 Gasparri si era interrogato su ‘quale incarico ricopra attualmente Genchi e come mai il capo della polizia e direttore del dipartimento per la pubblica sicurezza, prefetto Manganelli, non lo abbia ancora sospeso dal servizio’”. Da ieri Genchi non può più indossare la divisa: viene punito per aver parlato di “pantomima” e per le sue “dichiarazioni dal contenuto lesivo del prestigio di organi e istituzioni dello Stato”.
da Il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2011