Adesso lo dicono anche Le Iene, non sono più solamente alcuni anonimi cittadini attenti ad affermare da anni l’illegittimità delle strisce blu all’interno delle carreggiate. Veramente sono decenni che lo dice già il codice della strada (art. 7 comma 6). Furono proprio alcuni miei amici Vigili Urbani di Palermo (fra quelli più solerti e più convinti sostenitori della legalità, non certo fra coloro che le cronache di questi giorni ci hanno fatto conoscere come esempi deprecabili) a suggerirmi, nel 2007, di approfondire la questione, ben nota nel loro ambiente, di questa illegittimità diffusa in tutta Italia.
Mi misi all’opera e, con l’aiuto di alcuni legali, feci stilare un modello di ricorso (al Giudice di Pace) da offrire gratuitamente attraverso il sito Bispensiero.it. Fu una delle prime iniziative di quel gruppo di persone che seguivano quel blog, che di lì a poco si sarebbe costituito in una vera e propria associazione di cittadini, per la tutela dei diritti civili, soprattutto nelle aule dei tribunali.
Ma questa non è la prima volta che vedo portare alla ribalta della cronaca nazionale, dopo anni, delle questioni di “illegittimità istituzionalizzate” che, attraverso la forza di quel gruppo “critico” di cittadinanza attiva, ci siamo via via nel tempo trovati ad affrontare a Palermo.
Nel 2006 il sindaco Cammarata fece aumentare la Tarsu a Palermo del 75%. Quella volta fu Stefania Petyx di Striscia la Notizia a trasmettere un servizio su di noi, che denunciavamo quella illegittimità sul nostro sito (l’aumento sarebbe successivamente stato dichiarato illegittimo dal Tar siciliano). Tuttavia, a seguito di quella sentenza, risalente ad appena un anno fa, il Comune di Palermo ha sì dichiarato di ritenersi obbligato alla restituzione della somma che costituiva quell’illegittimo aumento del 75%, ma solamente per l’annualità 2006, che restituì, rifiutando però di fatto di restituire la stessa somma che negli anni successivi (2007, 2008, 2009) aveva continuato comunque a riscuotere (con il medesimo aumento). Oggi, se uno vuol vedersi restituite anche le somme relative agli anni successivi deve ricorrere autonomamente (individualmente) alla Commissione Tributaria (costo minimo iniziale fra marche da bollo e spese vive di notifica, circa 60 euro: per cifre basse non c’è convenienza economica a presentare ricorso).
Entrambi questi casi sono emblematici di quanto sia difficile, anzi impossibile per i cittadini ottenere giustizia da parte di una amministrazione che opera illegittimamente. Troppo impari lo scontro. Quanti cosiddetti partiti dell’opposizione avrebbero l’opportunità di fare quelle battaglie all’interno di ciascun comune! Con tutti i soldi dei rimborsi elettorali che prendono, peraltro!!! E perché nessuno di questi partiti, o nessun consigliere comunale, lo fa, salvo magari rarissime eccezioni? Limitandosi a chiacchiere inutili e polemiche sterili? Salvo poi, una volta ottenuti da parte dei cittadini (totalmente soli) certi risultati, saltare sul carro dei vincitori e dichiarare che loro da sempre si erano battuti per quel problema.
Non entro nei dettagli da azzeccagarbugli che consentono da un punto di vista legale alle amministrazioni di farla spesso franca, senza riconoscere la restituzione del maltolto ai cittadini; sarebbe complicatissimo sia spiegarli che comprenderli senza un certo approfondimento, ma sta di fatto che iniziative come quelle che alcuni di noi cittadini palermitani abbiamo attuato frequentemente fino ad oggi, al di là delle enormi preoccupazioni, anche legali, che hanno comportato per il nostro “amato” sindaco, a lungo andare sfibrano anche la cittadinanza più agguerrita e comunque non costituiscono se non un “incidente di percorso” per quegli amministratori che mettono già tutto questo in conto preventivamente, e che se invece dovessero pagare di tasca propria in base ai danni causati dai loro provvedimenti illegittimi, non sarebbero nemmeno sfiorati dalla tentazione di candidarsi a sindaco (chi glielo farebbe fare?).
Purtroppo infatti la politica non ha più quasi nessuna responsabilità di tipo pecuniario per questioni di questo tipo, la cui responsabilità viene oggi attribuita agli specifici dirigenti, nel caso di eventuali danni erariali.
E semmai alcuni di noi volessero oggi tornare a fornire ai propri concittadini appositi ricorsi contro le strisce blu (la maggior parte delle quali sono illegittime, perché anziché essere ubicate all’interno di apposite “aree adibite a parcheggio” poste al di fuori delle carreggiate, sono invece ricavate lungo i cosiddetti stalli di sosta all’interno delle suddette carreggiate), ecco che la stessa politica si è nel frattempo dotata di un rimedio “burocratico” efficacissimo nel disincentivare tali ricorsi: dall’anno scorso, fra le pieghe della scorsa finanziaria, è stato inserito l’obbligo del pagamento del cosiddetto “contributo unificato” per i ricorsi innanzi al Giudice di Pace, dal costo minimo iniziale di 30 euro, più ulteriori 8 euro di marca da bollo. Che convenienza può avere un cittadino a contestare una multa di 24 euro se ne deve anticipare prima 38? (Esattamente come nel caso della Tarsu)
La soluzione magari ci sarebbe: non appena viene emessa una qualunque ordinanza o delibera istitutiva di una zona a pagamento all’interno delle carreggiate, basterebbe impugnare al Tar quell’ordinanza, adducendo le motivazioni suddette (violazione e falsa applicazione dell’art. 7 c. 6 C.d.S.). Una sentenza di merito su questa specifica tesi non è stata finora mai emessa, diversamente da quanto invece è avvenuto sempre riguardo alle strisce blu ma rispetto alla necessità del rilascio da parte dell’Amministrazione di un congruo numero di stalli di sosta gratuiti nelle immediate adiacenze di quelli a pagamento. (Sentenza Tar Lazio)
Magari dopo questo servizio di ieri delle Iene, qualche blasonata associazione dei consumatori si prenderà di coraggio e affronterà nella sede amministrativa competente questa questione. Qualora il Tar dovesse infatti pronunciarsi per un comune qualsiasi, la sentenza avrebbe valore di giurisprudenza e si estenderebbe “erga omnes”, ossia di fatto su tutti i casi analoghi sparsi in tutt’Italia, isole comprese.
Ma occorre fare attenzione… è sì possibile ricorrere al Tar, ma entro 60 giorni dalla data di promulgazione del provvedimento!
Insomma, sono talmente tanti i “contro” in queste battaglie “civiche”, che diventa più facile se i cittadini si organizzano per continuare le proprie battaglie “dal di dentro” del palazzo.
di Massimo Merighi