Se adesso a fallire ci si mettono anche gli stati Usa, vuol dire che la questione si sta facendo grossa. Dal Wisconsin alla Grecia il passo è breve. Non è un caso se da Salonicco a Detroit, da Bruxelles a Torino il rito del dio mercato è lo stesso applicato dai suoi tecno-sacerdoti: eliminare i contratti nazionali di lavoro, tagliare tutto ciò che è pubblico, diminuire gli stipendi dei tutelati, segare tutto lo stato sociale, dimenticare la democrazia sostanziale. Un esempio che l’Europa, zitta zitta, sta seguendo alla lettera, Italia compresa.
Lo stato del Wisconsin è sull’orlo del fallimento, anche se il Tg1 preferisce parlare del Brunello di Montalcino. A Detroit l’amministrazione repubblicana vuole mantenere come unica regola sul lavoro il salario minimo, ma al Tg2 sfilano le gambe della moda a Milano. I servizi segreti stanno evacuando i tecnici Eni dall’Africa, ma al Tg3 sprecano 15 minuti parlando di buffoni che si reggono sui voti di scambio. La crisi mangia tutto è diventata il Pacman che toglie di mezzo ogni resistenza. Anche le ultime rovine delle democrazie, colte in fallo mentre vendono armi e trafficano con le risorse altrui, provocano migrazioni e gestiscono mafie.
E’ che il mercato non ha più bisogno degli Stati… ve ne siete accorti? Ora sta digrignando i denti nella più cattiva delle sue maschere, peggio dell’It di Stephen King. Quella che ogni greco sta combattendo da due anni, nel silenzio dei media, nonostante i 10 scioperi generali seguiti dalla maggioranza degli ellenici. Quella che insegnanti e vigili del fuoco, bibliotecari e assistenti sociali di Detroit stanno provando a battere con nuovi mezzi: non più scioperi del venerdì, ma occupazioni dei luoghi di lavoro a oltranza con sacco a pelo e tende. Non più manifestazioni ad uso televisivo, ma veri e propri assedi ai palazzi di un potere politico ormai screditato. Non più slogan elettorali, ma persone in carne ed ossa che ci stanno facendo vedere in Maghreb che l’immobilismo appartiene alla vecchia Europa.
La stessa Europa che nel nome della “stabilità” passa sopra a qualsiasi rivendicazione sociale e democratica. Da quando il Nord Africa ha iniziato la sua straordianaria mobilitazione seguiamo l’evolvere degli eventi in paesi dove sanno ancora immaginarsi un futuro. Siamo comunque consapevoli che l’Italia non sia come l’Egitto, la Tunisia o la Libia. Come non si esporta la democrazia con le armi, non si esportano le rivoluzioni con gli slogan altrui. Questo non vuol dire che non ci si debba mettere in gioco anche qua. Qualche idea ci sarebbe…
Vignetta di Arnald – Per ingrandire clicca qui