L’ingresso dell’area industriale di Chignolo d’Isola è sbarrata dagli uomini della Protezione civile. La gente lascia la macchina lontano e si avvia a piedi verso il luogo dell’orrore. Un bambino arriva con il padre fino allo schieramento delle forze dell’ordine, un volontario gli prende la manina e lo fa passare oltre. Ha in mano un peluche, lo vuole portare nel campo desolato dove è stato trovato il corpo di Yara Gambirasio, la tredicenne che sognava di diventare una stella della ginnastica. Il bambino torna dopo cinque minuti, saluta i carabinieri e dice al papà: “Gliel’ho lasciato là”.
Dopo di lui inizia la processione di chi ha sentito una fitta al cuore quando ha saputo. Arriva una mamma con la figlia e consegna un mazzo di rose ai carabinieri. Poi tocca a un anziano: anche lui affida ai poliziotti l’omaggio floreale e se ne va senza dir nulla. Cento metri più avanti si vedono gli uomini della polizia e i carabinieri aggirarsi nel campo, in fondo alla strada che divide in due le file di capannoni. Arrivano anche i vigili del fuoco con l’autoscala, un agente della scientifica in tuta bianca si fa issare a più di trenta metri d’altezza per avere un’ampia panoramica della scena del ritrovamento. Mentre inizia a cadere la pioggia, la ricerca degli indizi si allarga: gli ufficiali si avviano lungo il viottolo che serpeggia nei campi incolti, il questore Vincenzo Ricciardi va e viene. “Abbiamo trovato cose importantissime – dirà – altre invece le stiamo ancora cercando”. Dal riserbo fittissimo degli inquirenti trapela che addosso al povero corpicino sarebbero state trovate la sim e la batteria del cellulare. Del telefonino invece non c’è ancora traccia. Yara è stata trasportata all’istituto di medicina legale di Milano, dove lunedì sarà effettuata l’autopsia. Solo l’esame autoptico potrà forse svelare come e dove la bambina è stata uccisa. Si parla di ferite da arma da taglio alla schiena, ma tutto è ancora da verificare.
Secondo quanto emerso in serata, Yara sarebbe stata uccisa da sei coltellate: la prima alla gola, poi una al polso, probabilmente mentre la povera ragazzina tentava di difendersi. Infine, quattro fendenti alla schiena. Una dinamica agghiacciante. Sul momento della morte, visto l’avanzato stato di decomposizione, ci sono pochi dubbi: il decesso risale probabilmente alla stessa sera della scomparsa. Tre mesi fa, il 26 novembre. Lo fa pensare un particolare: i capelli erano raccolti con lo stesso elastico che aveva quando uscì di casa.
Proprio la coincidenza della data, il 26 del mese, lascia interdetti. Forse è uno scherzo del destino, forse è la sfida dell’assassino. La prima grande domanda cui bisognerà rispondere infatti è proprio questa: Yara era lì da tre mesi oppure qualcuno l’ha gettata di recente? Lo stato del cadavere, decomposto ma integro, rende difficile l’ipotesi di uno spostamento successivo. Eppure c’è chi giura che in quel campo maledetto Yara non c’era: un operaio della ditta titolare del terreno ha spiegato di aver partecipato alle ricerche proprio in quel punto, verso metà dicembre, senza esito. La gente del posto ha poi spiegato che di lì si passa per correre, per andare a pescare nel vicino torrente, o semplicemente per una passeggiata con il cane. Strano che il cadavere sia spuntato soltanto ora. Una risposta potrà forse arrivare dalle telecamere di sorveglianza di alcune ditte della zona: si spera di individuare un veicolo sospetto, un movimento insolito. La caccia è aperta, la sensazione è che gli investigatori stiano mettendo assieme tutte le tessere del mosaico prima di stringere il cerchio. Potrebbe trattarsi di un folle del posto, anche se pare difficile che non abbia commesso errori in tre mesi. Al momento tutte le piste restano aperte.
Brembate Sopra intanto si chiude nel suo dolore. Alla Messa domenicale don Corinno ha annunciato che suonerà le campane ogni ora, “perché Yara ora è un angelo e gli angeli si festeggiano”. E ha aggiunto: “C’è un orco tra noi. Ora c’è solo il silenzio”. Intanto il carnevale è stato annullato, così come le partite di calcio. La famiglia è distrutta, i genitori si sono recati a Milano per il pietoso riconoscimento della figlia, accompagnati dal comandante dei carabinieri di Bergamo e dai dirigenti della Questura. Uno strazio che aggiunge dolore al dolore. In un posto lontano, o forse molto vicino, il mostro sbircia le conseguenze del suo delitto. Finora l’ha fatta franca, chissà se prima o poi qualcuno busserà alla sua porta.
di Paolo Grasso