Manifestazioni e cambi di governo. Cresce il malcontento per i tagli a salari, pensioni e flessibilità del mercato del lavoro imposti da Ue e Fmi per risollevare le economie dei due paesi
Il baratro per i conti pubblici greci e irlandesi è dietro l’angolo e le misure adottate per evitare il default stanno provocando il malessere popolare dei due paesi europei. I segnali non mancano e le numerose manifestazioni di piazza ad Atene, ma soprattutto i risultati delle elezioni in Irlanda sono un segnale da non sottovalutare: il giro di vite per salvare le casse pubbliche è inviso alla popolazione dei due paesi.
A Dublino a farne le spese è stato il Fianna Fail, partito di governo dal 1932, che è quasi scomparso alle elezioni anticipate di fine febbraio: da 77 seggi è passato ad appena 17. Chi ne ha approfittato è la formazione di centro destra Fine Gael, passato da 51 a 68 deputati, in cerca adesso di nuovi alleati per formare una coalizione governo. Radioso il suo leader, Enda Kenny, che ha saputo sfruttare il malcontento del collasso economico che ha messo il paese in ginocchio. Lo stesso vento di protesta che soffia da settimane nelle strade di Atene, dove ad un leggera diminuzione di partecipazione popolare fa fronte un aumento degli episodi di violenza di qualche gruppo organizzato.
Sullo sfondo, l’accordo con l’Ue e il Fmi giudicato come troppo punitivo per il fragile welfare di Grecia e Irlanda. Il pacchetto da 85 miliardi di euro di aiuti concessi dall’Unione Europea lo scorso anno prevede infatti un tasso d’interesse del 5,8 per cento che molti, a Dublino, giudicano “insostenibile” e possibile causa di una bancarotta nazionale. Lamentele alle quali il commissario Ue agli affari economici, Olli Rehn, ha fatto orecchi da mercante, ricordando che “gli impegni presi vanno rispettati”.
L’European Trade Union Confederation (Etuc, ovvero l’associazione dei sindacati europei, aveva già denunciato “le pressioni esagerate operate da funzionari della Commissione europea per tagliare salari e pensioni, rendere i contratti e il mercato del lavoro più flessibili in Grecia ed Irlanda”. Per questo John Monks, Segretario Generale Etuc, aveva scritto una lettera al commissario Rehn per chiedere chiarezza a riguardo. Secondo l’Etuc, un rapporto ricevuto dai sindacati nazionali denuncia che alcuni funzionari Ue ignorino il dialogo con le parti e la contrattazione sindacale, intervenendo così a gamba tesa nel mercato del lavoro nazionale.
“La politica d’interferire nel mercato del lavoro calpesta tutte le sacrosante dichiarazioni della Commissione circa l’autonomia delle parti sociali e del dialogo”, denuncia John Monks. Intanto, secondo dati Eurostat, in Irlanda gli stipendi dei lavoratori statali sono stati tagliati del 5-15% anche se ulteriori tagli sono stati bloccati per i prossimi 4 anni. Le pensioni subiranno una riduzione de 4% e scompariranno circa 25mila posti. Non meglio in Grecia, dove gli stipendi degli statali sono stati congelati fino al 2014 con tagli di circa il 15%. Abolita tredicesima e quattordicesima per chi guadagna più di 3mila euro al mese e limitate a 1000 euro per che ne prende meno. Inoltre si parla di tagliare la cassa integrazione per tutto il 2011.