Educazione. Secondo la maggior parte dei relatori, cosa fondamentale è quella di entrare nelle scuole e spiegare ai “nativi digitali” che scaricare album, programmi, film è illegale e si danneggia fortemente una fetta di mercato. I punti di criticità sono stati quelli relativi alle azioni a tutela del diritto d’autore, quel notice and takedown che rischia di immobilizzare la rete. Un sito può essere oscurato anche se si suppone contenga dei contenuti coperti dal copyright illecitamente ospitati. La risposta potrebbe essere quella del sanzionare colui che firma la denuncia, quindi se la segnalazione si rivela infondata sarà il denunciante a pagare.
Altro malumore generale è stato il Decreto Romani, attraverso il quale si vorrebbe trasferire al web le pratiche vecchie e obsolete che regolano la Tv.
Chi invece ha dato un forte segnale di innovazione culturale e profonda conoscenza del “comportamento della rete” è stato Fabrizio Caccavello di Iwa (International Webmaster Association) che si è espresso per ultimo: “Noi veniamo da un altro mondo, non ci vogliamo calare nella struttura economica tradizionale. La rete è diventato un servizio dove il modello di business si è autogenerato creando parentesi come il Common Creative o l’Open Source. Perché il vecchio ordinamento deve distorcere il nuovo?”. E’ la politica bellezza!
La vera bomba la lancia il senatore Vincenzo Vita: “Il diritto d’autore ha una data d’inizio recente che si potrebbe concludere dopo i fatti” spiegando che si dovrebbe tutelare la proprietà intellettuale ma cercare di superare la forma del copyright.
La dottoressa Stefania Ercolani, Direttore dell’Ufficio Multimedialità, ha un brivido e replica: “Finché non si inventerà un diritto nuovo, va bene quello che gia c’è”. La Siae commissariata dovrebbe essere quella che questo nuovo diritto dovrebbe progettarlo.
Eugenio Prosperetti dell’Università La Sapienza spiega che “se le piattaforme o i dispositivi continuano a non potersi parlare realizzando dei circuiti chiusi (vedi iTunes, PS3, Xbox360, CuboMusic) è chiaro che il retropensiero è quello di rivolgersi alla pirateria nel caso un servizio non mi offrisse ciò che sto cercando”.
Marco Pierani di Altroconsumo dichiara incostituzionale e lesivo della tutela dei consumatori la proposta di Agcom di oscurare un sito solo perché sospettato di violare il diritto d’autore. Menziona SitoNonRaggiungibile.it accostando i diritti civili, quelli di accesso a quello d’autore.
L’intervento di Fiorello Cortiana, da politico Verde a teorico del web, è molto filosofico, parla di ecosistema cognitivo, di produzione di valore, di licenze collettive. Poi si rivolge al tavolo “multi stakeholder” avvertendoli che questo, lo stabilire i nuovi parametri del diritto d’autore online, è un lavoro che spetta al Parlamento: “Che è stato sempre assente nelle materie della rete”.
Antonello Busetto di Confindustria porta una presentazione che altro non è che una fotografia dell’economia attuale spiegando che il mercato, quando è passato dall’analogico al digitale, ha trasformato i prodotti in servizi; che il pagamento elettronico è ancora troppo poco diffuso in Italia; ribadisce la necessità di abbassare l’Iva al 4% avvertendo che nei prossimi anni ci saranno 20 miliardi di euro da investire nelle infrastrutture.
Quello di Paolo Marzano (presidente del Comitato permanente per il diritto d’autore) è un monologo dedicato al diritto d’autore e, come presidente di un Comitato permanente, auspica la nascita di un tavolo permanente sul diritto d’autore online: “Il web si modifica costantemente, dobbiamo realizzare qualcosa che segua costantemente queste modifiche”.
Enzo Mazza parla per conto di Confindustria Cultura e avverte che il 90% dei download illegali di un Cd avviene nelle prime 24 ore: i cinque giorni di contraddittorio voluti da Agcom sono quindi inutili. Il resto dei 7 minuti li utilizza per attaccare Pierani di Altroconsumo.
Carlo Blengino di Nexa parla di sovrastrutture molto complicate che rendono impossibile la trasmissione sul web di un film recente a causa di esclusive che immobilizzano il mercato, o di come il mash-up/remix sia considerato un atto di pirateria, invece che una produzione di valore. Anche lui cita l’indifendibile Decreto Romani come madre di questa consultazione Agcom.
Matteo Mille (Business Software Alliance) porta dati concreti: un programma su due è piratato; sui software hackerati siamo secondi dopo la Grecia; perdiamo 1,3 miliardi di euro all’anno; il 25% dei programmi scaricati illegalmente ha dei virus interni; in Italia l’80% sa di utilizzare un software non genuino. Quindi secondo lui si deve: “Forzare la componente educativa. E non è un problema di prezzo, perché in Svezia i programmi costano come in Italia, ma non hanno lo stesso tasso di pirateria”: se è per questo, non hanno neanche il nostro stesso tasso di corruzione.
Come per Fabrizio Cacavello, quello di Paolo Nuti (Presidente Aiip) è un intervento da esperto del settore: “Ogni sorta di filtro che possiamo applicare alla rete sarà bypassato, internet è nato per questo, per poter comunicare eludendo ogni forma di censura”. Per quanto riguarda le licenze collettive avverte: “Le major non accetteranno mai, per loro il web è soltanto un modo per saltare la filiera”.
Dino Bortolotto di AssoProvider non condivide l’ingerenza Agcom nel loro lavoro: “Perché devono dirmi come utilizzare le mie risorse? Devo staccare e riattaccare la spina ai vari siti seguendo le istruzioni di Agcom, cosa che tra l’altro non fa assolutamente bene alla rete”.
Quello di Giampaolo Colletti (Femi) è più una presentazione della sua associazione che non un intervento tecnico, ma con una scintilla: “Che tipo di valore porta la rete al contenuto?”, ossia, perché non evidenziare i meriti di una forma di distribuzione gratuita e basata sul crowdsourcing? (Neologismo che definisce un modello di business nel quale un’azienda richiede lo sviluppo di un progetto, di un servizio o di un prodotto a un insieme distribuito di persone non già organizzate in una comunità virtuale. Questo processo avviene attraverso il web, ndr).
Anche per Giordano Sangiorgi del Mei (Meeting degli Indipendenti) si deve entrare nelle scuole, educare e dare un patentino a chi accende il computer per la prima volta perché “molti non sanno che esiste un metodo legale per scaricare musica”. Poi punta la luce sugli autori, sul fatto che sono assenti dalla tavola rotonda e che si sta correndo un forte rischio di avere una Siae commissariata dedicata esclusivamente a difendere il diritto di quei 700/800 grandi autori lasciando gli altri 5000 per strada.
Se si dovesse prendere per buona questa prima consultazione pubblica, la tutela del diritto d’autore online dovrebbe partire dalle scuole, mentre una commissione permanente dovrebbe vigilare costantemente la rete per prendere al volo i grandi pirati, così come viene fatto per i pedopornografici. Agcom e Siae sono strutture troppo lente per stare dietro ai movimenti della rete mentre il Decreto Romani ambisce a mediasettizzare tutto il web. La strada verso una visione comune è molto lunga, sembra che la politica italiana si stia svegliando e voglia dire la sua: questo significherà buttare nel cestino tutti gli interventi finora registrati e ripartire dalle necessità di una sola persona?