In Libia prosegue la guerra civile. Il bollettino delle vittime si aggiorna di ora in ora. Il rais, asserragliato nel bunker di Tripoli, ordina attacchi violenti sui rivoltosi. Prima con missili sulla folla, poi con i tank. La tensione resta altissima. E ancora oggi sono state molte le reazioni internazionali. A partire da quella del ministro degli Esteri, Franco Frattini, per il quale “Gheddafi ormai è over” perché “un regime che continua a sparare sulla folla e a uccidere i suoi connazionali non può più essere interlocutore per la comunità internazionale”. E dunque “prima il regime finisce meglio è”. Il capo della Farnesina spiega poi che l’ipotesi di una “no fly zone” potrebbe essere utile anche se, ricorda, “occorre naturalmente una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. Il ministro ricorda poi l’avvio della missione umanitaria al confine con la Tunisia, che nasce “da circostanze di fatto ma anche da esplicita richiesta dei governi tunisino ed egiziano”. Parlando invece del rimpatrio degli italiani dalla Libia, Frattini spiega che c’erano, prima dello scoppio della crisi libica, circa 1.500 connazionali nel paese. Di questi ne sono rientrati 1.400, ’cioè tutti quelli che lo hanno richiesto: gli altri 100 hanno ritenuto di rimanere. Abbiamo inoltre rimpatriato’ con i nostri concittadini anche ’circa 600 stranieri’ nei rispettivi paesi, aggiunge il ministro.
Sceglie, invece, la via della prudenza il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano. “La situazione libica è la più complessa, la più difficile, la più intricata”. Quindi spiega: “Noi la stiamo seguendo con estrema attenzione, tenendo conto degli interessi strategici italiani in Libia e delle partecipazioni di investitori libici in aziende italiane”. Mantovano cita poi Tremonti: ” Come ha ricordato il nostro ministro dell’economia, immaginiamo per un momento che gli investitori libici ritirassero tutte le loro partecipazioni nelle aziende italiani in cui si trovano, penso per tutte all’Unicredit, che è partecipata per oltre il 7%. Quale sarebbe l’effetto? Allora quella che qualche esponente dell’opposizione italiana chiama inerzia, dal mio punto di vista è una comprensibile cautela, prudenza, che non fa trascurare il profilo importante e prioritario del rispetto dei diritti umani, ma fa tener conto di un quadro estremamente complesso”.
E di investimenti esteri, scrive oggi il quotidiano spagnolo Abc, in un articolo in cui si ricostruiscono le attività di Muammar Gheddafi e del suo clan in Costa del Sol, una delle zone di maggior interesse. Il giornale spiega che sul litorale di Malaga l’intenzione dei familiari era costruire circa 2mila appartamenti nella tenuta “La Resinera” che si estende su quattro territori comunali vicini a Marbella. Nella zona, il clan del colonnello libico possiede anche due ville di lusso e, stando a fonti del quotidiano, sono la figlia Aisha e il figlio Saif al Islam, a passare più tempo a Marbella, la “perla” della Costa del Sol, in una “dolce vita” discreta e lontana dalla mondanità. In particolare, si legge, “arrivano a Puerto Banus, come fanno in tanti, a bordo di grandi auto. Li si vede di più a Estepona e nella zona di Cancelada”. Al contrario del padre, poi, i due fratelli quando si muovono non fanno uso di grandi dispositivi di sicurezza. “Sono persone che badano agli affari e non vogliono dare nell’occhio”, commenta una fonte del quotidiano, spiegando che “sono diversi dai figli dei leader o degli sceicchi arabi”. Ora, con le rivolte in Libia e la condanna internazionale per le repressioni brutali, la ’dolce vita’ dei Gheddafi sulla Costa del Sol si interrompe. E la tenuta della Resinera resterà allo stato brado, in attesa di autorizzazioni amministrative che non sono arrivate.
Il ministro degli Esteri francese, Alain Juppè, ha invece avuto un colloquio telefonico con Abdel Fatah Younes, del Consiglio nazionale dell’opposizione libica. I due hanno parlato della situazione umanitaria in Libia e alle sue frontiere, oltre che della situazione interna. Il ministro, inoltre, “ha ricordato che la Francia condanna con la più grande fermezza l’atteggiamento del colonnello Gheddafi, che, utilizzando la violenza contro il suo popolo, si è screditato, e ne chiede la partenza”.