Sono anni che il vecchio Luis Durnwalder, semplicemente Durni per il suo popolo, cerca di mettere le mani sulla sede Rai di Bolzano. Non si accontenta di avere dalla sua il Dolomiten e un ufficio stampa di dodici persone, roba che neanche alla Farnesina possono permettersi: vuole concludere il suo regno – siamo a 22 anni di presidenza della Provincia di Bolzano – con un sogno iniziato un decennio fa: diventare, attraverso l’ente che presiede, azionista di riferimento della tv pubblica. Il metodo tecnico-giuridico per farlo esiste e la strada l’ha già aperta Paolo Bonaiuti, incaricato dal premier di concedere alla Svp ciò che vogliono pur di avere i loro voti da qui alla fine del mandato di governo. Voti utili, soprattutto, nella commissione bicamerale per il federalismo, dove la senatrice Helga Thaler Ausserhofer è ago della bilancia. E il sistema Bonaiuti non è neppure complicato: fare in modo che sia la Provincia autonoma di Bolzano e non più la presidenza del consiglio dei ministri, a finanziare i programmi in tedesco e ladino.
Una “sponsorizzazione” da 15 milioni di euro che darebbe un peso non indifferente a Durnwalder che potrebbe decidere l’intera programmazione Rai in Provincia, ma soprattutto una delega all’organizzazione generale. Dunque anche quello delle redazioni. In sostanza il padrone assoluto. Un peso forse paragonabile a quello di Berlusconi in Mediaset.”Le preoccupazioni sono molte”, spiega Piergiorgio Veralli membro del comitato di redazione della Tgr. “Un primo tentativo venne fatto nel 1997, epoca governo Prodi, e riuscimmo a fermarlo insieme ai colleghi di della redazione di lingua tedesca, Sender Bozen. L’ex ministro Paolo Gentiloni mise a tacere l’approccio.
Oggi quel vecchio accordo non solo è stato ripescato, ma l’azienda e la Provincia sono già in una fase di contrattazione avviata”. I timori? “Molti, troppi – afferma Veralli -. Non sappiamo neppure sul piano giuridico come possa accadere, ma sicuramente c’è il rischio che la Provincia vada a incidere non solo sulla programmazione, ma anche sulle testate giornalistiche”. E ancora: “Ufficialmente a noi non è stato comunicato niente, ma sappiamo che l’accordo è in fase più che avanzata. E il primo rischio è quello di spaccare l’unità della Rai, noi, gli esclusi, la redazione di lingua tedesca e quella ladina”.
Cerca di gettare acqua sul fuoco il deputato Siegfried Brugger (Svp), componente della Commissione dei 6, la paritetica che con il governo legifera per la provincia autonoma: “La Provincia non può e non vuole entrare nel merito dell’informazione. Al momento la discussione riguarda la convenzione per i programmi di lingua tedesca e ladina, finanziati oggi alla Rai dalla Presidenza del consiglio con 15 milioni di euro all’anno”. Parlare di una generica discussione è riduttivo, anche perché dopo i contatti con Bonaiuti, Brugger, il collega Karl Zeller, il direttore generale della Provincia Hermann Berger e il caporedattore di Rai Sender Bozen, Robert Asam, si sono incontrati con Gianfranco Comanducci (vicedirettore generale Rai), Luigi De Siervo (direttore dello sviluppo commerciale) e il direttore della Tgr Alberto Maccari. I massimi vertici dell’azienda, ma soprattutto coloro che incidono non solo sul contenuto dei programmi, ma sulla programmazione.
Proviamo a credere nei buoni intenti della Svp e in quelli di Durnwalder che nega di voler diventare il Berlusconi in salsa sudtirolese. Quale sarebbe allora l’obiettivo? Una domanda alla quale Brugger risponde senza esitare: «La Rai tedesca e ladina vorrebbero rilanciare la competitività del servizio: più ore e strumenti tecnici rinnovati. E la convenzione potrebbe non bastare, si dovrebbe lavorare su accordi tra Rai di Bolzano e sede centrale. Comanducci suggerisce che a Bolzano potrebbero partire progetti pilota». Una risposta che non esclude assolutamente l’intento di entrare nel merito dell’informazione. “No”, ripete Brugger, “parliamo di programmi e basta”. Sicuramente sull’accordo ha inciso l’appoggio che l’Svp, sempre più forza di governo, ha dato a Berlusconi e, soprattutto, quello che continuerà a dare. Non tanto in Parlamento, dove comunque la Svp si prepara a formare un nuovo gruppo, nelle commissioni. In particolare il voto della senatrice Helga Thaler Ausserhofer è ancora l’ago della bilancia nella bicamerale sul federalismo. E la Lega, con la norma municipale, ha portato a casa solo uno dei tanti obiettivi. Sicuramente la sterzata a destra dell’Svp mina la pacifica convivenza in una terra da sempre oberata dalle problematiche relative ai gruppi etnici.
E non fa bene a nessuno la posizione in cui talvolta di colloca il Pdl locale. L’ultima opera di calcio alla convivenza è stata stata portata a termine dalla deputata Micaela Biancofiore, berlusconiana di ferro, che ha avuto la buona idea di invitare ieri Vittorio Sgarbi a una discussione sui monumenti. E il critico d’arte, dopo pochi centesimi di secondo, ha iniziato a inveire contro la Svp e contro Durnwalder, paragonandolo a Hitler, davanti a una platea composta da parlamentari, prefetti, questori, comandanti dei carabinieri, tutti che definire imbarazzati sarebbe riduttivo. “Gli italiani”, ha detto Sgarbi, “non possono essere minoranza in una nazione che è Italia, altrimenti vi si rende simili agli ebrei durante il nazismo. Essere un italiano che patisca sofferenze sulla propria identità vi rende simili agli ebrei. Attento Durnwalder a non cancellare Mussolini per diventare simile a Hitler”. Un’arringa che non fa bene né ai programmi della Svp (hanno definito Sgarbi “vergognoso”) né a Berlusconi.