Carriere separate di giudici e pm: i primi costituiscono un “ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge”, i secondi sono invece un “ufficio” organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che “ne assicura l’indipendenza”, con l’obbligo di esercitare l’azione penale ma “secondo le modalità stabilite dalla legge”. Sono questi alcuni dei contenuti della bozza di riforma della giustizia, in fase di limatura. Nel testo che il ministro della Giustizia Alfano illustrerà oggi  al Capo dello Stato si prevede, tra l’altro, che i Csm siano divisi in due: uno dei giudici e uno dei pm. Il primo presieduto dal Capo dello Stato, l’altro probabilmente dal Pg della Cassazione di cui si immagina l’elezione da parte del Parlamento in seduta comune. Ma su quest’ultimo punto, come sulla composizione del Csm (metà laici e metà togati quello dei giudici o anche quello dei pm?), restano al momento aperte diverse opzioni. Ancora in fase di limatura ilprincipio della responsabilità dei magistrati da introdurre in Costituzione assieme alla modifica di un’altra dozzina di articoli della Carta. Nella bozza non risulta al momento traccia di alcuna norma transitoria.

Csm diviso in due. Per certo viene dato che il Capo dello Stato presiederà il Csm giudicante, di cui farà parte di diritto il primo presidente della Cassazione, mentre gli altri componenti saranno per metà giudici votati sulla base del sorteggio degli eleggibili (con l’obiettivo di porre un freno al correntismo della magistratura associata) e per metà da laici eletti da Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. Il vicepresidente del Csm dei giudici sarà un laico.

La composizione. Ancora aperta l’opzione sulla composizione del Csm della magistratura requirente: a presiederlo sarà il pg della Cassazione (probabilmente eletto dal Parlamento in seduta comune, su indicazione dello stesso Csm, tra i magistrati appartenenti all’ufficio del pubblico ministero), mentre gli altri componenti saranno o per metà togati (sempre scelti sulla base del sorteggio) e per metà laici, oppure per due terzi laici e per un terzo togati (così sovvertendo l’attuale composizione del Csm a maggioranza togata).

Ai due Csm spettano le assunzioni, le assegnazioni i trasferimenti e le promozioni di giudici e pm, ma è loro vietato adottare atti di di indirizzo politico, esercitare attività diverse da quelle previste dalla Costituzione ed esprimere pareri sui disegni di legge di iniziativa del governo, a meno che non ne faccia richiesta il ministro della Giustizia. Modifiche anche all’art.105 della Costituzione, con la creazione di una Corte di disciplina esterna ai due Csm: i componenti dovrebbero essere nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo da giudici e pm (previo sorteggio degli eleggibili tra la componente togata). La Corte di disciplina – alla quale la legge assicura “autonomia e indipendenza” e il principio del “giusto processo” nello svolgimento delle sue attività – eleggerà un presidente tra i componenti eletti dal Parlamento o dal Presidente della Repubblica.

Nessuna appellabilità per chi è assolto. Modifiche anche alle norme che riguardano la polizia giudiziaria (art.109 della Costituzione) e l’introduzione all’art. 111 del principio di inappellabilità delle sentenze di assoluzione.

Il contentino di Alfano alla Lega. Per andare incontro alla richiesta della Lega di una maggiore partecipazione del popolo all’amministrazione della giustizia, si modifica l’art.106 della Costituzione così da prevedere la nomina anche elettiva di magistrati onorari per le funzioni di pubblico ministero (attualmente questa possibilità è limitata ai soli giudici).

L’uso degli uomini di polizia giudiziaria. Cambia anche l’art.109: se oggi l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria, si pensa di affidare a una legge ordinaria le “forme” di utilizzo della Pg, secondo il più volte dichiarato intento, da parte del centrodestra, di evitare abusi da parte dei pm.

Obbligatorietà azione penale. I pubblici ministeri, inoltre, avranno sempre l’obbligo di esercitare l’azione penale ma – se passerà l’ipotesi di modifica all’art.112 della Costituzione – potranno farlo “secondo modalità stabilite dalla legge”. Si affiderà dunque a una legge ordinaria le priorità dei reati da perseguire. E ancora: l’inappellabilità delle sentenze di assoluzione introdotto a suo tempo dalla legge Pecorella poi bocciata dalla Corte Costituzionale torna ora in Costituzione: all’art 111 sarà aggiunto un comma secondo cui “contro la sentenza di condanna è sempre ammesso appello davanti a un giudice di secondo grado” mentre “le sentenze di assoluzione sono appellabili nei casi previsti dalla legge”. In Costituzione, all’art. 110, finirà la funzione ispettiva del ministro della Giustizia e il compito a lui attribuito di riferire ogni anno alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine.

L’organizzazione è confermata. Restano confermate le sue attribuzioni relative all’organizzazione e al funzionamento dei servizi giustizia. All’art.107 della Costituzione la bozza di riforma aggiunge, al primo comma, che “in caso di eccezionali esigenze dell’organizzazione giudiziaria, individuate dalla legge, i Consigli superiori” della magistratura giudicante e requirente “possono destinare i magistrati ad altre sedi”. In tutto 13-14 articoli, in cui non si fa minimo accenno alla Corte Costituzionale, e su cui sono ancora in corso limature: alcuni nodi – viene fatto notare in ambienti dei tecnici del Pdl – saranno sciolti in extremis, o forse anche durante il Consiglio dei ministri domani.

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