Oltre mille pagine di dati e analisi sulla criminalità organizzata made in Italy. In Lombardia accade un vero e proprio fenomeno di 'colonizzazione'. E una volta messe le radici, sviluppa un certo grado di indipendenza dalla casa madre
In altri termini, in Lombardia “si è riprodotta una struttura criminale che non consiste in una serie di soggetti che hanno semplicemente iniziato a commettere reati in territorio lombardo; ciò significherebbe non solo banalizzare gli esiti investigativi a cui si è potuti giungere con le indagini collegate, ma anche contraddire la realtà che attesta tutt’altro fenomeno e cioè che gli indagati operano secondo tradizioni di ‘ndrangheta: linguaggi, riti, doti, tipologia di reati sono tipici della criminalità della terra d’origine e sono stati trapiantati in Lombardia dove la ndrangheta si è trasferita con il proprio bagaglio di violenza”.
La ‘ndrangheta è presente però anche “in Piemonte, tradizionale territorio di insediamento di numerose cosche calabresi; in Liguria che, assieme al Piemonte e alla Lombardia, fa parte dell’area più produttiva dell’intero Paese; in Toscana, ove è confermata la presenza di ramificazioni dei sodalizi calabresi attivi nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia; nel Lazio ed in particolare a Roma e nel basso Lazio; in Abruzzo, ove sono emersi inquietanti interessi, negli appalti per la ricostruzione dopo il sisma che ha colpito il capoluogo nell’aprile 2009; in Umbria ed Emilia Romagna, ove risultano insediate strutture ndranghetistiche”. Per quanto attiene ai rapporti sul territorio, insomma, “è oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale, tanto da rendere sostanzialmente irrilevante, e comunque, in posizione subordinata, ogni altra presenza mafiosa di origine straniera”.
Non solo: la ‘ndrangheta si è da tempo proiettata anche verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. Le numerose indagini concluse e quelle in corso “confermano il ruolo della organizzzione quale leader europeo nel traffico di cocaina e conclamano l’esistenza di comprovati rapporti negoziali illeciti con potenti organizzazioni straniere spagnole, africane, sudamericane e statunitensi”. Le proiezioni all’estero della ‘ndrangheta sono riscontrabili in Germania, Svizzera Olanda, Francia, Belgio, Penisola Iberica, Canada e Australia: soggetti che operano per conto delle cosche calabresi, inoltre, sono stati “tracciati” in Europa orientale, Usa, America centrale e meridionale. “Non trascurabile” nemmeno “il rapporto con i paesi dell’Est e con le mafie ivi presenti, in particolare con Bulgaria ed Albania, finalizzato alla creazione di nuovi mercati di approvvigionamento e distribuzione di droga di vario genere”.
La ‘ndrangheta ha “caratteristiche di organizzazione mafiosa presente su tutto il territorio nazionale, globalizzata ed estremamente potente sul piano economico e militare tanto da potere essere definita presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale”, si legge in uno dei passaggi della Relazione. “Emerge in modo costante e preoccupante”, avverte il rapporto, “soprattutto nel centro-nord del Paese, la presenza sempre più gravemente pervasiva di soggetti collegati alle organizzazioni criminali i quali perseguono i propri intenti illeciti attraverso tecniche di mimetizzazione sociale molto efficaci. Lo sganciamento definitivo delle organizzazioni mafiose dai contesti territoriali di riferimento, la dissipazione del patrimonio sociale di conoscenze circa i soggetti intranei alle organizzazioni o ad essi vicini, l’inevitabile abbassamento della soglia di attenzione che i soggetti ‘contattati’ dalle organizzazioni pongono ai tentativi di collusione e infiltrazione rendono particolarmente temibile la situazione, anche per la difficoltà di dimostrare in giudizio la piena consapevolezza delle persone coinvolte nelle investigazioni circa la natura e la provenienza degli uomini dei clan”.
“In altre parole”, continuano gli analisti, “c’è il rischio che si crei una schiera di ‘invisibili’ che, germinata dalle cellule silenti delle mafie al centro-nord, penetri in modo silente ma insidioso il tessuto politico, istituzionale ed economico delle regioni oggetto dell’espansione mafiosa. In questo contesto recupererebbe grande efficacia l’intero spettro dei delitti contro la pubblica amministrazione, i quali opererebbero da veri e propri delitti – spia rispetto alla natura dei rapporti instaurati e alla consapevolezza della natura comunque illecita delle relazioni in corso. Non a caso, l’Unione europea e la comunità internazionale convergono verso l’attribuzione di un medesimo coefficiente d’allarme per i delitti di corruzione e quelli di criminalità organizzata, a riprova di un coacervo illecito che andrebbe congiuntamente esplorato, con i medesimi mezzi probatori e le stesse tecniche investigative”.