La Russia chiude a Gheddafi e decide di bloccare la vendita di armamenti alla Libia. Questa l’ultima notizia sul fronte della crisi. Che oggi si sposterà sul tavolo della diplomazia internazionale con un decisivo doppio incontro a Bruxelles. Ieri, l’agenzia portoghese Lusa ha fatto sapere che il ministro degli esteri lusitano Luis Amado incontrerà un inviato di Gheddafi.
A cercare contatti con l’Europa non ci sono solo gli uomini di Gheddafi, ma anche i ribelli. Secondo quanto riferito dal portavoce del Consiglio nazionale libico Abdel Hafiz Al Ghogha, che ha parlato di “contatti con il governo italiano che stanno andando nella giusta direzione. Da ieri – ha riferito Ghogha – abbiamo avuto colloqui telefonici con il ministro degli Esteri Franco Frattini”. L’Eliseo ha poi riferito che il presidente francese Nicolas Sarzkoy riceverà domani due emissari del Consiglio di transizione.
Su uno dei leader della rivolta, Mustafa Abdel Jalil, ex ministro della Giustizia e capo del Consiglio nazionale transitorio costituito dagli insorti a Bengasi, le autorità libiche hanno posto una taglia da 400mila dollari. Lo riferisce l’emittente satellitare al-Arabiya, spiegando che la cifra è stata promessa a chiunque riuscirà a catturare Jalil.
Tutto questo mentre nel paese continua la battaglia a Ras Lanuf e Brega, dove sarebbero stati bombardati e fatti esplodere i depositi dei terminal petroliferi. “E’ un colpo di coda che dimostra la sua crisi che è giunta ai livelli massimi”. Così il portavoce dei rivoltosi libici, il colonnello Hamed Al Hasi, definisce l’attacco dei bombardieri governativi. “Il regime è a corto di rifornimenti per i suoi mezzi blindati e per i caccia”, noi – ha detto il colonnello nel corso di un colloquio telefonico con l’emittente televisiva araba, Al-Arabiya – stiamo controllando l’incendio e lo domeremo – ha aggiunto – abbiamo i mezzi per farlo perché siamo forniti, qui a Bengasi”. Al Hasi si è detto “sicuro che questo tipo di attacco non si ripeterà”. Per il portavoce, “il regime è ai suoi sussulti finali e noi, da un lato abbiamo aperto canali di contatto con alcuni dei capi dei suoi servizi segreti. La rivolta – ha concluso Al Hasi – ha sgretolato il terrore dal regime che albergava dentro i libici”.
Intanto torna a farsi sentire la voce della diplomazia. Qualsiasi azione nei confronti della Libia, compresa un’eventuale no fly zone, deve essere internazionale e non guidata dagli Stati Uniti. E’ quanto ha ribadito Hillary Clinton intervistata dalla britannica Sky News. “Credo che sia molto importante che non sia uno sforzo guidato dagli Stati Uniti perché viene dallo stesso popolo libico – ha detto il segretario di Stato americano – non viene dall’esterno, non viene da qualche potenza occidentale o paese del Golfo che dicono quello che devono fare o come devono vivere”. La Clinton – che ha rilasciato l’intervista poche ore dopo che Barack Obama e David Cameron hanno discusso al telefono la possibilità di istituire una zona di interdizione al volo in Libia – ha poi ripetuto che per Washington chiede a Muammar Gheddafi di lasciare il potere “al più presto possibile”. Noi vorremmo, ha aggiunto, che lo facesse “in modo pacifico, ma se non sarà possibile – ha detto ancora – noi lavoreremo con la comunità internazionale”.
Ma gli scontri continuano. Carri armati delle forze armate pro Gheddafi si sono avvicinati alla piazza controllata dai ribelli nella città di Zawiya. Lo ha detto uno degli insorti al telefono con l’agenzia Reuters. “Possiamo vedere i carri armati. I carri armati sono dappertutto”, ha raccontato. A causa degli intensi combattimenti è stata chiusa la raffineria della città, una delle più grandi in Libia.
“Impugneremo le armi in caso di no-fly zone”. Il popolo libico prenderà le armi contro le potenze occidentali se loro cercheranno di imporre una no fly zone. Che Muammar Gheddafi sia convinto di spuntarla ancora una volta lo ha detto lui stesso in un’intervista alla televisione di stato turca Trt. “Se prendono una decisione del genere, sarà utile per la Libia perché il popolo vedrà la verità e cioè che quello che vogliono è prendere il controllo della Libia e rubare il suo petrolio”, ha detto Gheddafi. “Allora, il popolo libico prenderà le armi contro di loro”, ha aggiunto il leader libico, che ha parlato anche del rischio che il caos arrivi a coinvolgere anche Israele. ”Se al Qaeda riuscirà a impadronirsi della Libia, l’intera regione fino ad Israele sarà preda del caos”, ha detto il raìs. “La comunità internazionale ha cominciato a comprendere ora che siamo noi ad impedire a Osama bin Laden di prendere il controllo della Libia e dell’Africa”.
Le accuse all’Occidente. In un’intervista all’emittente francese TF1 Gheddafi ha nuovamente accusato le potenze straniere di essere coinvolte nella ribellione in corso nel Paese nordafricano per chiedere le sue dimissioni. In particolare, questa volta il Colonnello ha parlato di un complotto colonialista contro la Libia, guidato dalla Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. “La ribellione”, ha detto il Rais, è il frutto di un complotto ordito dai Paesi occidentali per mettere le mani sul petrolio”. E’ con queste parole che Muammar Gheddafi ha descritto la situazione in cui si trova il suo paese nel discorso tenuto ieri alle tribù della città di al-Zintan, trasmesso all’alba di oggi dalla tv di Stato libica. “I paesi imperialisti stanno approfittando di questa situazione per inviare nel paese loro agenti – ha aggiunto – e stanno usando le tv come al-Jazeera per i loro interessi”. Il colonnello ha inoltre attaccato i leader dei rivoltosi sostenendo che “i ribelli non sono altro che dei traditori dietro i quali ci sono al-Qaeda e forze straniere che vogliono mettere le mani sul petrolio del paese. Sono dei traditori che avevano preparato questo tradimento da tempo, sono persone note che hanno legami con gli stranieri”.