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Una reputazione <br>da difendere

La Dolce Vita, la più grande fiera di prodotti italiani in Gran Bretagna, porterà dall’11 al 13 marzo la tradizione enogastronomica italiana al Business Design Centre di Islington (quartiere del centro-nord di Londra), provando a risollevare l’immagine dell’Italia e a far dimenticare gli scandali che hanno coinvolto il presidente del Consiglio. A Londra le feste a luci rosse di Arcore sono ancora tra gli argomenti più in voga nei pub, nei bar o fuori dall’ufficio durante la pausa pranzo, ma allo stesso tempo sono un tabù per chi lavora con imprese italiane.

Gemma Bell e Charlie Gardiner, responsabile stampa e responsabile per le sponsorizzazioni di Single Market, la società d’organizzazione eventi che cura la fiera insieme alla Camera di Commercio italiana a Londra, dopo aver concordato un’intervista sull’avvenimento, sono letteralmente scomparsi al momento di rispondere alla domanda se gli scandali politici abbiano avuto un impatto sull’appeal dei brand italiani in Gran Bretagna.

Telefoni fissi con segreteria perennemente attivata, cellulari staccati, e-mail senza risposta, sono sintomi d’un evidente imbarazzo a trattare temi del genere sul posto di lavoro. In un Paese come l’Inghilterra, con una moralità completamente diversa dalla nostra, dove Andy Gray, giornalista di Sky Sport, è stato recentemente licenziato per una battuta a sfondo sessuale su una guardalinee, è comprensibile che si faccia fatica a parlare del primo ministro di uno Stato con cui si hanno importanti rapporti lavorativi quando è accusato di sfruttamento della prostituzione minorile. Se le imprese italiane hanno avuto dei problemi a causa dei recenti scandali, lo chiederò ai diretti interessati in occasione della fiera. Quello che sembra chiaro è che la situazione susciti profondo imbarazzo anche a chi italiano non, è ma lavora con gli italiani.

Tuttavia, se oggi la nostra reputazione è ai minimi storici, non è che in passato gli inglesi si siano mai profusi in lunghi e memorabili elogi del Belpaese. Per gran parte dell’Ottocento, come riportato da uno studio di Lucio Sponza, docente di Economia all’Università di Westminster (pubblicato ne I segreti di Londra di Corrado Augias), se da un lato l’Italia era considerata la culla della bellezza e della cultura, dall’altro gli italiani erano visti come un popolo ingegnoso, ma incline alla corruzione e passivo rispetto alla tirannia.

Anche la massima lode rivolta a un uomo politico italiano è abbastanza eloquente su come l’Italia fosse vista oltremanica: “Assomiglia più ad un intelligente gentiluomo di campagna inglese che non ad un fine italiano”, disse lo statista John Bright riferendosi a Cavour, in un commento che al tempo suonò come un insulto, ma che riferito al premier di oggi sarebbe accettato da tutti come un complimento. Per dovere di cronaca, bisogna poi ricordare che intrecci tra potere politico e sesso purtroppo non sono una novità per noi: in un articolo del Guardian, Philip French ricorda come nel film La dolce vita di Fellini non manchino riferimenti ad un caso di cronaca nera (quello di Wilma Montesi trovata morta su una spiaggia di Roma nel 1953), le cui indagini scoperchiarono un insospettato mondo di feste a base di sesso e droga che coinvolgevano celebrità e politici.

Se l’immagine che si ha dell’Italia oggi non è solo colpa del presidente del Consiglio attuale, è altrettanto evidente come lui sia l’emblema dei peggiori pregiudizi che subiamo da secoli. Per aprire una nuova pagina della nostra storia ci sarebbe bisogno come non mai di un taglio col passato, di una persona possibilmente giovane che inizi un lungo percorso di ricostruzione della reputazione del Paese ripartendo dalla legalità. Altrimenti non ci si può continuare a stupire, ad esempio, se Bild discredita Draghi nella corsa alla Bce solo perché italiano.

di Andrea Tancredi, giornalista italiano a Londra