Voglio provare a raccontare (e a spiegare) questa storia. Stamattina sono stato svegliato da una telefonata furibonda del vicedirettore de Il Giornale Salvatore Tramontano. Il quale mi diceva: “Ma Luca, ti rendi conto che porcata hai scritto, contro dei tuoi colleghi? Ti rendi conto che stai sostenendo una campagna contro la libertà di stampa?”. Ci conosciamo da dieci anni, abbiamo lavorato insieme.
Ma eravamo su posizioni così distanti che in un primo momento non ho capito nemmeno a cosa si riferisse Salvatore. Ho fatto mente locale e ho cercato di ripercorrere mentalmente l’articolo che avevo in pagina sul Fatto. Avevo cercato di spiegare perché mi colpiva molto l’accanimento di tutti i media vicini a Berlusconi contro Italo Bocchino. Accanimento virulento, senza precedenti, a cui Bocchino ha risposto con un gesto estremo: la denuncia per stalking in cui ha citato ben 35 colleghi e persino un lettore del quotidiano diretto da Alessandro Sallusti.
Cosa avevo scritto, io, di quella denuncia? Che secondo me poneva un problema sulla libertá di stampa. Anche se Bocchino la intende evidentemente come una estrema legittima difesa dopo una campagna di stampa di 200 articoli che ha toccato persino la moglie e il suocero del vicepresidente di Futuro e libertá. A quello che avevo scritto, Tramontano opponeva questa argomentazione: “Attento Luca perché un giornale, se si crede alla libertá di stampa, deve essere libero di poter fare 200 articoli contro un politico senza che quello pensi di poter ricorrere alla magistratura”. In questo ragionamento c’erano un punto di verità e una grande omissione.
La verità é che io non credo che i miei 36 colleghi del Giornale (più un lettore) possano essere giuridicamente considerati da un giudice dei molestatori. Molti di loro hanno scritto delle semplici cronache, come quelle che avrei potuto fare io. Il lettore era stato incluso dagli avvocati di Bocchino perché serviva loro a dimostrare gli effetti del presunto stalking. Quello che invece Tramontano non puó ignorare é che il caso Bocchino é l’ennesimo episodio di “giornalismo vendicativo” in cui qualcuno viene messo nel mirino dei media di centrodestra solo perché é un nemico di Berlusconi e sta sulle palle a Berlusconi. E quando questo accade – come nei casi che citavo – la sua biografia viene infilata nel tritacarne senza pietà. Il che dovrebbe imporre due conseguenze sia per me che per Tramontano. Difendere la libertá di stampa, come dice lui, significa difendere anche il diritto di un giornale di destra di scrivere 200 articoli contro Bocchino, se vuole. Ma appellarsi alla libertá di stampa dovrebbe significare, anche per ottimi giornalisti (o soprattutto per loro) rifiutarsi di picchiare il nemico del padrone. Se si invocano le sacrosante guarentigie dell’indipendenza e della libertà, poi, a essere indipendenti e liberi bisogna provarci davvero.