Stavolta non è colpa di Berlusconi. Né dei comunisti. Né di Putin o di Obama, né di alcun potere umano conosciuto.
E’ proprio che siamo deboli, noi umani. Ci strappiamo a vicenda acqua, bancomat e pezzi di terra ma – quando viene il momento – siamo tutti formiche nelle mani della natura. Che non abbiamo domato affatto, né con le buone né con le cattive. I giapponesi, dopo Hiroshima, hanno inventato Godzilla, il mostro inarrestabile che spunta dal profondo. Poi l’hanno dimenticato, e allora hanno costruito le centrali.
Non ci sono ideologi a cui rifarsi, in queste cose; solo poeti (io, italiano, penso al nostro Leopardi) e basta. E’ tutto, concettualmente, da inventare. E da inventare alla svelta, perché coi sistemi attuali – com’è oggi evidente – l’Atlantide affonda. Il terremoto ha dato il primo colpo, e già qui noi formiche eravamo impotenti.
La centrale il secondo, perché avevamo bisogno – alla svelta – di sempre più energia facile; e Godzilla dormiva.
Il terzo colpo – che deve ancora arrivare – è quello dell’impatto sul sistema economico mondiale (insurance, subprimes, ecc.), enormemente acuito da tutte le speculazioni che hanno già provocato la crisi di tre anni fa. Tanto “inaspettato” (e aspettabile) quanto un terremoto. E tanto sproporzionato, nella sua incontrollabile enormità, alla misera forza di noi povere formiche.
Ecco: di questi colpi, almeno due si possono parare. Non pretendendo di più di quel che il pianeta – coi suoi mostri dormienti – ci consente. E non consentendo più, ai Godzilla artificiali di un’economia ormai esplosa, di calpestare la terra e la carne senza controllo alcuno.
Bisogna cambiare sistema, profondamente. Un socialismo, un’anarchia, un cristianesimo, un Tolstoi… – un’utopia qualunque, da mettere in opera subito, a partire da ora. Senza bisogno di darle un nome ma credendo profondamente nella necessità di essa. Perché così, col “realismo” che abbiamo, stiamo finendo male e ogni alternativa è meno peggio.
Davvero questo Giurassico folle, percorso da tirannosauri che calpestano ogni cosa, è l’unico modo di vivere che abbiamo? Davvero il mondo dev’essere amministrato solo dagli uomini maschi, con un pisello fra le cosce e una clava tecnologica in mano? E se la “finanza” svanisse, e tornasse a regnare la produzione? E se governassero le donne, la signora Roccuzzo, la regina di Saba, o quelle come mia nonna? Gli basterebbe governare “anche” loro (che non è mai accaduto: ci sono tante donne al comando oggi quante nell’Egitto dei Faraoni), per imporre finalmente i loro antichi valori: la lentezza, gli affetti umani, la spesa meditata, la gioia e non la rapina del sesso, l’armonia.
E’ “utopistico”, certo, miei signori. Ma tanto, peggio di così non può andare. Sull’orlo dell’abisso, l’utopia è ragionevole e la pigrizia del “realismo” è la rovina.