Raccontare fatti, storie e personaggi che possibilmente abbiano poca visibilità nelle riviste mainstream. E’ questo il proposito di Jessica Dainese giornalista di Alias, settimanale culturale del Manifesto, quando scrive di musica. Anche se non si ritiene una “critica musicale”, ma una “scrittrice di musica” a cui non interessa molto pubblicizzare l’ultimo disco della rockstar o il libro dello scrittore del momento, preferendo focalizzare la propria attenzione più sui dettagli, e soprattutto sull’opinione dell’intervistato, su temi che le stanno a cuore, come i diritti delle donne, i diritti degli animali, della tutela dell’ambiente… E questo è un compito molto arduo poiché la rockstar è notoriamente un “animale che vive di sé, con un ego smisurato”. Ma lei riesce a domarle: belle le interviste a Crisitina Donà, Ani Di Franco tra le altre, con aneddoti, curiosità, per non parlare del capitolo dedicato al Grunge molto interessante. A quasi otto anni da quando inviò il suo primo articolo alla redazione di Alias, Jessica Dainese ha raccolto gran parte dei suoi scritti e interviste per dar vita a “La felicità è una fetta di vinile” la sua opera prima, un libro che si è autoprodotto attraverso il sito ilmiolibro.it da cui è possibile ordinarlo nel caso foste interessati.
La felicità è una fetta di vinile, un titolo da cui traspare tutta la tua passione per la musica, un titolo che non poteva essere più azzeccato…
A dir la verità è una frase che la critica musicale Katy St. Clair ha usato come titolo per un suo articolo sul settimanale East Bay Express, articolo che ho citato in un mio pezzo sulle collezioniste (donne) di dischi (per Alias). L’ho ripreso come titolo per il mio libro perché riassume il mio amore per la musica, non potrei mai essere felice in un mondo senza musica.
Come nasce la tua passione per la musica?
L’ho amata fin da bambina. Ricordo che telefonavo alle radio per richiedere le canzoni di Alberto Camerini e uno dei primi regali che chiesi fu un walkman. Successivamente mi sono innamorata di Madonna (quando avevo 9-10 anni) perché aveva questa immagine da donna forte e trasgressiva. Al rock sono arrivata con i Nirvana, che mi hanno cambiato la vita, e quindi le Hole e la scena riot grrrl (Bikini Kill <3). A questo punto sono passata da (ossessiva) ascoltatrice di musica a un ruolo più attivo, iniziando a scrivere su fanzine, a organizzare concerti e a cimentarmi (anche se è stata una breve parentesi) come cantante in un paio di band pop-punk.
Un libro che ben descrive il lato femminile della musica: credi ci siano ancora discriminazioni nei confronti del gentil sesso?
Personalmente ho sempre avuto una preferenza per gruppi e soliste donne (da Madonna alle Go-Go’s attraverso la scena riot grrrl per arrivare a band di oggi come Diva Scarlet, Motorama e tante altre). Nel libro parlo delle band che mi piacciono, e molte sono composte da uomini o band “miste”. Sì, credo che le donne non abbiano ancora raggiunto la “parità” nel mondo del rock, purtroppo. Questa non è una mia impressione, ma un dato di fatto che ho confermato nel corso di decine e decine di interviste a musiciste donne. Su questo tema sto scrivendo il mio secondo libro, che questa volta uscirà per una casa editrice “vera”.
Ritieni che le donne abbiano il giusto spazio nella musica italiana?
Ci sono moltissime (e bravissime) band femminili (e soliste) in Italia e secondo me non ricevono l’attenzione che meritano. Se questo sia dovuto al fatto che sono donne non lo so con certezza, perché ci sono anche molte band maschili che non ricevono l’attenzione che meritano, ma personalmente credo che le donne abbiano maggiori difficoltà a farsi strada a pari talento, perché è chiaro che il rock, come l’intera società, soprattutto in Italia, è maschilista.
Come vedi la scena musicale italiana?
Ho amato molto la scena italiana indipendente degli anni Novanta: Marlene Kuntz, Disciplinatha, Üstmamò… poi Soon, Prozac+, Punkreas, 99 Posse e tanti altri… Peccato che molti di questi gruppi non esistano più, mentre altri, dopo un ottimo esordio, mi hanno delusa (Marlene Kuntz). Credo che verso la fine degli anni Novanta si sia perso l’entusiasmo nella scena indipendente italiana. Comunque ci sono moltissime band italiane attive oggi che mi piacciono molto, dalle storiche Mumble Rumble alle Diva Scarlet, poi le Cleopatras, Heike has the giggles, Il Genio, Cosmetic (e molte band dell’etichetta La Tempesta).
Durante questi anni hai fatto conoscere a chi ti segue molte band provenienti da tutto il mondo. Qual è il gruppo di cui sei più fiera?
Mi sembra strano quando qualcuno mi dice di aver “scoperto” una band o un artista dopo aver letto un mio articolo, ma qualche volta è successo. Ad esempio molti mi dicono di aver conosciuto Tying Tiffany, per fare un nome, dopo aver letto una mia intervista su Alias quando non era ancora “famosa”. Non nascondo che me la “tiro” un po’ (ride, ndr) per aver intervistato i Sonic Youth e Patti Smith.