“Prima di tutto la poesia ci scaccia, quando la poesia è finita noi non ci siamo più. E questo è un dato. Quindi non è mai biografica o non è solo biografica: c’è continuamente, o almeno a me succede questo, la vita altrui che entra, la memoria di racconti di altre persone. Anche qui c’è qualcosa che si spalanca, non c’è mai un io univoco. Nel momento stesso in cui c’è la mia subito mi si affollano altre voci ed esperienze. Così in Residenze invernali questa malattia famigliare mi ha anche reso più acuto lo sguardo verso altre esperienze e questo è un dono della poesia. E come prendere le biografie di tutti quelli che ti circondano.”
E poi proprio a proposito della raccolta Notti di pace occidentale da cui è tratta la poesia che presentiamo: “Un titolo ironico. Gran parte delle poesie sono nate durante la guerra del Golfo e in quella della ex Jugoslavia poiché ho avuto la netta percezione di un’idea di pace in cui l’Occidente si era cullato e un tempo diverso. Mi è stato chiaro che da quel momento in avanti fosse più giusto parlare di tregua. Mi sembrava che l’Occidente usasse la parola ‘pace’ ma che in realtà stesse vivendo una tregua anche abbastanza atterrita. La guerra nell’ex Jugoslavia era molto vicina, alle porte. Molte poesie sono nate da questa riflessione, non volevo scrivere un libro ‘impegnato’, volevo riflettere su una cosa che la guerra azzera, cioè il dettaglio.”
Anche questi sono versi di guerra
a Nathan Zach
Anche questi sono versi di guerra
Composti mentre infuria, non lontano, non vicino
Seduti di sghembo a un tavolo rischiarato da lumi
Mentre cingono le porte di palme
Anche questo è un canto verso Dio
Che chini lo sguardo sui suoi vermi e ci travolga
Amati e non amati.
Non una tregua – un dono
Per questa terra folgorata.
da: Notti di pace occidentale, Donzelli, Roma 1999
Ascolta anche la lettura di Antonella Anedda. La registrazione è stata realizzata alla Casa della poesia nel maggio 2007.
Foto Archivio Casa della poesi