Quando è un politico a finire nelle indagini, spetta alla magistratura ordinaria, e in prima battuta al pm, stabilire se il parlamentare abbia commesso reati ‘comunì o reati ‘ministerialì, ossia compiuti nell’esercizio della sua funzione di governo. Tuttavia la camera di appartenenza dell’uomo politico in questione può, qualora ne ricorrano i presupposti, sollevare conflitto di attribuzione e non rassegnarsi alle decisioni della magistratura di merito se ritiene di essere stata “lesa nelle sue prerogative”. Lo sottolinea la Cassazione nella sentenza 10130 della sesta sezione penale depositata oggi e inerente alla vicenda giudiziaria dell’ex guardasigilli, Clemente Mastella, per il quale è in corso a Napoli il processo per tentata concussione e abuso di ufficio.

In particolare Mastella tramite i suoi legali, aveva fatto ricorso in Cassazione sostenendo la totale irregolarità (“abnormità”) della decisione con la quale il gup di Napoli, lo scorso 20 ottobre, aveva respinto la tesi della competenza del tribunale dei ministri ad esaminare la vicenda che riguarda l’ex guardasigilli senza informare il Senato di questa decisione. La difesa di Mastella sosteneva che la mancanza di comunicazione a Palazzo Madama era una procedura del tutto scorretta. In proposito la Cassazione fa presente che la Camera di appartenenza di un onorevole inquisito deve essere sempre informata del procedimento che riguarda uno dei suoi eletti solo quando il reato è di competenza del collegio dei ministri per via della sua natura ministeriale. Nessun obbligo di informazione è invece previsto – spiega la Cassazione – quando i reati commessi dall’onorevole sono di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria. Inoltre la Cassazione – a proposito di questa vicenda nella quale alcuni hanno visto similitudini con il caso Ruby per il quale è stato rinviato a giudizio il premier Silvio Berlusconi – sottolinea che “il potere di qualificazione del reato, anche con riferimento alla sua natura ministeriale o meno, spetta sempre all’autorità giudiziaria”.

Per quanto riguarda il coinvolgimento del Parlamento, la Cassazione sottolinea che “deve avvenire per via istituzionale e in forma ufficiale solo nei casi in cui il tribunale dei ministri “sia investito della competenza a conoscere del reato”. Nelle altre ipotesi, nelle quali il procedimento contro l’onorevole prosegue dinnanzi al giudice ordinario, “la Camera competente non beneficia di alcuna informativa per via ufficiale, non potendosi comunque escludere che, ricorrendo nei presupposti, possa ricorrere allo strumento del conflitto di attribuzione, qualora si ritenga lesa nelle sue prerogative”. E’ quanto è accaduto proprio in questo caso, segnala la stessa Cassazione, nel quale il Senato si è attivato autonomamente ricorrendo alla Corte costituzionale dopo aver richiesto gli atti all’autorità giudiziaria e contestando gli atti compiuti dalla Procura e dal gup del tribunale di Napoli. L’udienza era fissata alla consulta lo scorso 9 marzo.

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