In un Paese pieno di problemi come l’Italia, l’esodo in Spagna di un festival musicale non ha fatto molto scalpore. Certo, il Rototom Sunsplah, Festival Reggae più importante d’Europa – dal 1994 andava in scena Friuli – non è la Fiat che (forse) va a Detroid, né l’Olivetti che dilapida un patrimonio industriale nazionale. Ma il suo trasferimento in Spagna, adesso raccontato in un documentario che verrà presentato oggi a Roma, rappresenta bene l’incapacità della nostra politica di valorizzare la cultura giovanile e le eccellenze del territorio.
Appuntamento fisso fino al 2009 ad Osoppo, in provincia di Udine, il Rototom ha rappresentato per oltre un decennio un punto d’incontro fondamentale per i ragazzi di tutta Europa: 150mila partecipanti nell’ultima edizione, otto giorni di incontri, mostre, campeggi e naturalmente, concerti che negli anni hanno visto la partecipazione di tutti i più importanti artisti reggae sulla scena mondiale: da Alborosie agli Africa Unite, da Buju Banton a Luciano.
La situazione però precipita nel 2009: una serie di avvisi di garanzia piovono sulla testa dell’amministrazione comunale della cittadina che ospita il Rototom e sui responsabili dell’associazione che organizza il festival. Agli indagati viene contestata la violazione della Legge Fini-Giovanardi che all’articolo 79 punisce chi: “adibisce o consente che sia adibito in un locale pubblico o un circolo privato a luogo di convegno di persone che ivi si danno all’uso delle sostanza stupefacenti”. L’equazione giudiziaria, basata sulla durissima legge che punisce i consumatori di droghe anche leggere nel nostro paese è che, essendo la cultura che ruota intorno alla musica reggae favorevole all’antiproibizionismo e all’uso di cannabis, allora anche il solo organizzare un concerto reggae può essere reato.
Un anno fa, quando partì l’inchiesta, gli organizzatori del Festival ricevettero la solidarietà da tutta Italia e organizzarono una giornata di protesta ad Udine: “Non processate Bob Marley” alla quale prende parte anche un applauditissimo Beppe Grillo. Nonostante la solidarietà anche di alcuni esponenti politici (tra tutti Debora Serracchiani e Ignazio Marino); tutto si dimostrò inutile: l’unica soluzione per far sopravvivere il Rototom era esportarlo, e così è stato: dal 2010 la manifestazione si svolge a Benicassim, sulla costa orientale della Spagna.
Questa storia, con il racconto dei protagonisti e degli artisti, è oggi al centro del documentario “Exodus, Finding Shelter” diretto da Tommasso D’Elia e Silvia Bonanni e prodotto proprio dal Rototom Sunsplash. Il doc, presentato nei giorni scorsi a Udine, verrà proiettato questa sera al cinema L’Aquila di Roma e nei prossimi giorni in altre città italiane.
Dalle storie del Rototom alla delusione di amministratori e cittadini del Friuli, dall’entusiasmo delle amministrazioni spagnole alle difficoltà in cui si trovano gli organizzatori italiani, Exodus mostra plasticamente come un’impostazione ideologica e reazionaria da parte del governo in carica (“La marijuana fa i buchi nel cervello” dice il sottosegretario Giovanardi in un passaggio del film) abbia portato all’azzeramento di un evento che portava al nostro Paese non solo cultura, ma anche ricchezza (circa 4 milioni di euro ogni edizione il calcolo degli organizzatori).
“Il Rototom ha fatto la fine della ricerca, degli scienziati, dei ricercatori universitari che vengono cacciata dall’italia. Non c’è spazio per la cultura nel nostro paese!” dicono i Sud Sound System in un passaggio del documentario.
Per ora gli organizzatori del Festival mantengono una punta di ottimismo: “Speriamo un giorno di riuscire a tornare in Italia” il loro auspicio. Ma non si vede ancora all’orizzonte alcun governo in grado di capire il valore sociale, culturale ed economico che si porta dietro un evento come il Rototom. La vicina Spagna, al contrario, sembra averlo capito benissimo.
di Lorenzo Galeazzi e Federico Mello