Criticare la propria parte politica rappresenta un sintomo scomodo di un amore che, sempre più faticosamente, si cerca di tenere in piedi. Ma dal momento che di una destra insana che governa il nostro paese ne parlano tutti, mi diletto maggiormente a focalizzare la mia attenzione su ciò che resta dell’opposizione. L’ultima avventura di parte dei nostri oppositori mi consolida nella consapevolezza che la politica dovrebbe essere agita da persone equilibrate, che possibilmente siano capaci di fare politica e che non siano colpite dal sacro furore della Verità.
Nella querelle tra De Magistris e Grillo nessuno dei due è capace di mostrare equilibrio e, men che meno, spessore politico. Tra uno straccio e l’altro i due amanti dell’opposizione dura, si mandano a quel paese lasciando, presumibilmente, figli e figliastri nella solitudine e nella difficile decisione di prendere le difese dell’uno o dell’altro. Non ho mai amato i politici alla De Magistris e alla Grillo anche se riconosco a loro una capacità di affrontare temi che la palude della politica più tradizionale e istituzionale stenta ad affrontare. Non riconosco a loro la bontà di soluzioni che possano effettivamente rappresentare un’alternativa alle complesse vicende italiane.
Il livello di accuse reciproche mi convince del fatto che se al Governo di un paese ci fossero loro due, i loro dogmi, i loro personalismi, i loro infantilismi questo paese andrebbe a “remengo” con la stessa rapidità con cui sta andando in malora grazie a Berlusconi e alla sua Big Band. In generale, accusare uno di vivere in ville lussuose o l’altro di non essersi dimesso per un avviso di garanzia, rappresenta la somma politica del populismo di entrambi.
Costringere gli elettori a scegliere tra professionisti disonesti e dilettanti onesti non mi sembra un buon viatico per invogliarli ad andare a votare. Nel primo caso saremmo derubati e nel secondo disastrati. Scegliere di morire per rapina o per incapacità non mi sembra la migliore delle scelte.