Giacinto Palmieri si definisce un timido, ma ci vuole una certa audacia per presentarsi come stand-up comedian (cabarettista) in un paese dove la satira ha una grande tradizione e far ridere in una lingua che non è quella madre. Pugliese di origine, trapiantato a Milano ed emigrato a Londra, dove lavora come sviluppatore di software senior, Giac è abituato ad osservare le cose con l’occhio dello straniero. Un’osservazione partecipante che si tramuta in risata quando ironizza sui modi di dire e i phrasal verbs inglesi.
L’interesse di Giac per la risata nasce con Woody Allen, Dario Fo e Roberto Benigni, ma è quando il suo superiore strappa risate leggendo ai colleghi uno dei pezzi ironici che Giacinto gli aveva inviato per sbaglio, che l’interesse si trasforma in passione. Una passione che lo porta ad essere finalista al concorso New Act of The Year del teatro Hackney Empire di Londra e a partecipare con un discreto successo al Festival del teatro d’avanguardia di Edimburgo, dove il prossimo agosto spartirà il palco con Cecilia Delatori e Alice Frick. Recentemente ha inoltre avviato una collaborazione con il sito Comedysubs in qualità di traduttore di spettacoli di stand-up comedians anglofoni.
Parlando delle differenze tra comicità italiana e inglese, Giac riconosce che “in Italia i comici tendono a nascondersi dietro maschere o personaggi e non a parlare con la propria voce raccontando esperienze personali”. Palmieri ammette inoltre che in Inghilterra non ci siano “mostri sacri e chiunque viene giudicato ogni singola sera e per ogni singola performance. Non esiste l’adulazione italiana dell’introdurre il personaggio citando premi e riconoscimenti, atteggiamento che finisce per rovinare l’artista” per la mancanza di senso critico.
La Tv inoltre ha molto meno peso in Inghilterra e “personaggi come Daniel Kitson riescono a vivere da comici senza l’appoggio del piccolo schermo, grazie anche al ruolo che rivestono i pub e i comedy clubs”, luoghi di aggregazione perfetti per stand up comedians. Giacinto auspica quindi di “prendere coraggio, spegnere le televisioni e iniziare a fare lo stesso nelle bocciofile italiane, nei bar, nei circoli culturali, nei ristoranti”, di provare a portare una diversa cultura della satira su piccola scala, senza il bisogno di molta visibilità. Questo sarebbe un modo per cambiare qualcosa nel nostro paese dove si avverte un “eccesso di pessimismo anche nelle piccole cose, mentre l’Inghilterra è più possibilista. E’ come se l’Italia fosse clinicamente depressa” e non riuscisse più a dare stimoli.
Ipotizzando di voler fare satira sull’attuale società italiana, Giac attaccherebbe il culto della bellezza, diventato quasi ossessione, ed il cinismo ormai dilagante. L’argomento di maggior successo, soprattutto in questo periodo, sarebbe la politica, ma l’ormai cittadino inglese, da buon laureato in filosofia, è più orientato verso la “satira esistenzialista e la comicità come sfida linguistica che più si adatta alla cultura inglese, più incentrata sulla parola, in contrasto con quella italiana, focalizzata sull’immagine”.
La satira è in ogni caso un mezzo di “consolazione del disagio della civiltà” e uno strumento che dovrebbe “rompere tabù che l’individuo non si rendeva neanche conto che fossero tali” prima che la satira ne svelasse il lato oscuro. Un’arma potenzialmente di grosso impatto se solo ne riuscissimo ad esportare l’efficacia.
Per conoscere meglio Giacinto Palmieri: Italianmisfit.blogspot.com
di Luca Russo, giornalista italiano a Londra