Non escludo di essere entrato in paranoia per i recenti, drammatici fatti di attualità.
Però, se penso un attimo agli ultimi 10 anni del mondo e dell’Italia penso che siano successe troppe cose irripetibili e che, dunque, stiamo vivendo in uno dei momenti più importanti della storia dell’umanità per come la conosciamo. Dobbiamo rendercene conto rapidamente ed essere consapevoli che le nostre scelte sono decisive. Scomodando Soren Kjerkegaard, “è in questa vita che decidi la tua eternità“.
Utilizzo tre eventi per spiegarvi perché mi sento preso da questa strana febbre:
– 11 settembre 2001;
– fallimento di Lehman Brothers e successivo effetto-domino sull’economia mondiale;
– disastro giapponese.
Quest’ultimo evento mi ha indotto a scrivere perché, lo ammetto, ci sto malissimo. Stamattina mi stavo mettendo a piangere guardando NHK, la tv giapponese, sul satellite. Pur non comprendendo assolutamente nulla di ciò che i giornalisti stavano dicendo mi bastava guardare i loro volti, le grafiche presentate, perché uno si possa rendere conto di quanto il mondo sia cambiato, stia cambiando e cambierà.
A questi tre eventi se ne possono aggiungere tanti altri: lo tsunami del sud-est asiatico del 2004, il terremoto di Haiti di poco più di un anno fa e le recenti rivolte dei paesi del Maghreb sono altri segnali, pur diversi, della delicatezza, quasi della solenne gravità, di questo momento.
Dall’Italia non arrivano segnali molto migliori. L’economia non cresce, gli indicatori di benessere, di qualità dei servizi sociali, della libertà di stampa sono ai minimi e le previsioni non sono rosee. Gli italiani paiono quasi rassegnati. Nel frattempo pare non ci possa essere spazio per il minimo dubbio, per la minima riflessione sul nucleare.
Il Governo e Confindustria ci dicono che non dobbiamo lasciarci guidare dall’emotività. Ma cosa c’è di emotivo nel contare migliaia di morti, di porre la no-fly zone sulla centrale di Fukushima, nella ritirata delle navi americane perché i soldati a bordo sono rimasti contaminati? Ci sono fatti oggettivi, tragici, e valutazioni politiche e strategiche da fare.
Spero che i decisori siano consapevoli che sulle politiche energetiche non si prendono decisioni contingenti, ma scelte che fanno la storia dell’Italia. Decisioni che riguardano la vita di tutti, indistintamente. Scelte che influiranno sulle politiche ambientali e di difesa della salute e della sicurezza dei cittadini. Dei genitori e dei figli.
Per le stesse ragioni, ritengo che la nostra generazione sia chiamata a un impegno storico e irripetibile, proprio come storici ed irripetibili sono gli eventi che ci troviamo a commentare: per certi versi, è come se il mondo intero avesse subito degli attacchi. Le Torri Gemelle e il crack di Lehman Brothers ci hanno restituito un presente diverso, più insicuro, meno ricco. Il boom dei paesi asiatici ha di fatto spesso coperto la crescita ridotta (o addirittura la recessione) dell’economia mondiale evitandoci guai peggiori a breve termine.
La combinazione terremoto + tsunami + disatro nucleare, una combinazione senza precedenti nella storia della modernità, causerà una serie interminabile di reazioni a catena sull’economia che non sono facilmente comprensibili oggi: basti pensare che il Sol Levante è la terza economia mondiale e che era già in grossa difficoltà prima della catastrofe che l’ha colpita, a causa di un rapporto debito/PIL pari al 220%. Obiettivamente pare difficile trovare una speranza per la rapida riscossa dell’economia e dello sviluppo di questa nazione, se non nello straordinario orgoglio e spirito di comunità tipico del popolo giapponese.
Ed è proprio dallo spirito nipponico che mi piacerebbe che tutti noi ripartissimo, in particolare i più giovani.
Quello che voglio provare a dirvi è che penso che non ci si possa più limitare a lavorare per quello per cui siamo chiamati per poi ritornare a casa e pensare alle nostre cose, alla famiglia, alla fidanzata, alle bollette e ai problemi di tutti. Sia chiaro, non voglio ridimensionare le fatiche e i drammi personali di ciascuno di noi, ma vorrei che fossimo tutti consapevoli che non siamo in una condizione “normale” e che dobbiamo dunque mettere in campo energie straordinarie. Dobbiamo fare qualcosa di più, tutti.
Provate a ritagliarvi un po’ di spazio e di energia per buttare il vostro cuore oltre l’ostacolo. Provate a ridurre il vostro livello di conflittualità verso il capo, l’arrampicatore sociale, il politico che non vi rappresenta, la suocera. Provate a pensare a cosa potreste fare se invece di lottare con il prossimo vi metteste a lavorare insieme a lui. Provate, dopo aver fatto tutto ciò che vi riguarda, a concentrarvi per un attimo sui problemi degli altri. È così difficile?
Proviamoci tutti, nel nostro piccolo, con la massima umiltà, ma senza sottovalutarci mai. Dalla nostra abbiamo Internet, ogni essere umano è potenzialmente portatore di un messaggio, è un “mezzo di comunicazione”, non vedo perché non possano esserlo la somma di più esseri umani.
Non è il momento di fare solo il proprio dovere: chi fa il proprio mestiere e non sente che c’è qualcos’altro da fare è, per me, del tutto equivalente agli orchestrali del Titanic mentre la nave affonda.
Dino Amenduni
Responsabile nuovi media, Proforma
Cronaca - 16 Marzo 2011
Se la storia ci chiede
uno sforzo in più
Non escludo di essere entrato in paranoia per i recenti, drammatici fatti di attualità.
Però, se penso un attimo agli ultimi 10 anni del mondo e dell’Italia penso che siano successe troppe cose irripetibili e che, dunque, stiamo vivendo in uno dei momenti più importanti della storia dell’umanità per come la conosciamo. Dobbiamo rendercene conto rapidamente ed essere consapevoli che le nostre scelte sono decisive. Scomodando Soren Kjerkegaard, “è in questa vita che decidi la tua eternità“.
Utilizzo tre eventi per spiegarvi perché mi sento preso da questa strana febbre:
– 11 settembre 2001;
– fallimento di Lehman Brothers e successivo effetto-domino sull’economia mondiale;
– disastro giapponese.
Quest’ultimo evento mi ha indotto a scrivere perché, lo ammetto, ci sto malissimo. Stamattina mi stavo mettendo a piangere guardando NHK, la tv giapponese, sul satellite. Pur non comprendendo assolutamente nulla di ciò che i giornalisti stavano dicendo mi bastava guardare i loro volti, le grafiche presentate, perché uno si possa rendere conto di quanto il mondo sia cambiato, stia cambiando e cambierà.
A questi tre eventi se ne possono aggiungere tanti altri: lo tsunami del sud-est asiatico del 2004, il terremoto di Haiti di poco più di un anno fa e le recenti rivolte dei paesi del Maghreb sono altri segnali, pur diversi, della delicatezza, quasi della solenne gravità, di questo momento.
Dall’Italia non arrivano segnali molto migliori. L’economia non cresce, gli indicatori di benessere, di qualità dei servizi sociali, della libertà di stampa sono ai minimi e le previsioni non sono rosee. Gli italiani paiono quasi rassegnati. Nel frattempo pare non ci possa essere spazio per il minimo dubbio, per la minima riflessione sul nucleare.
Il Governo e Confindustria ci dicono che non dobbiamo lasciarci guidare dall’emotività. Ma cosa c’è di emotivo nel contare migliaia di morti, di porre la no-fly zone sulla centrale di Fukushima, nella ritirata delle navi americane perché i soldati a bordo sono rimasti contaminati? Ci sono fatti oggettivi, tragici, e valutazioni politiche e strategiche da fare.
Spero che i decisori siano consapevoli che sulle politiche energetiche non si prendono decisioni contingenti, ma scelte che fanno la storia dell’Italia. Decisioni che riguardano la vita di tutti, indistintamente. Scelte che influiranno sulle politiche ambientali e di difesa della salute e della sicurezza dei cittadini. Dei genitori e dei figli.
Per le stesse ragioni, ritengo che la nostra generazione sia chiamata a un impegno storico e irripetibile, proprio come storici ed irripetibili sono gli eventi che ci troviamo a commentare: per certi versi, è come se il mondo intero avesse subito degli attacchi. Le Torri Gemelle e il crack di Lehman Brothers ci hanno restituito un presente diverso, più insicuro, meno ricco. Il boom dei paesi asiatici ha di fatto spesso coperto la crescita ridotta (o addirittura la recessione) dell’economia mondiale evitandoci guai peggiori a breve termine.
La combinazione terremoto + tsunami + disatro nucleare, una combinazione senza precedenti nella storia della modernità, causerà una serie interminabile di reazioni a catena sull’economia che non sono facilmente comprensibili oggi: basti pensare che il Sol Levante è la terza economia mondiale e che era già in grossa difficoltà prima della catastrofe che l’ha colpita, a causa di un rapporto debito/PIL pari al 220%. Obiettivamente pare difficile trovare una speranza per la rapida riscossa dell’economia e dello sviluppo di questa nazione, se non nello straordinario orgoglio e spirito di comunità tipico del popolo giapponese.
Ed è proprio dallo spirito nipponico che mi piacerebbe che tutti noi ripartissimo, in particolare i più giovani.
Quello che voglio provare a dirvi è che penso che non ci si possa più limitare a lavorare per quello per cui siamo chiamati per poi ritornare a casa e pensare alle nostre cose, alla famiglia, alla fidanzata, alle bollette e ai problemi di tutti. Sia chiaro, non voglio ridimensionare le fatiche e i drammi personali di ciascuno di noi, ma vorrei che fossimo tutti consapevoli che non siamo in una condizione “normale” e che dobbiamo dunque mettere in campo energie straordinarie. Dobbiamo fare qualcosa di più, tutti.
Provate a ritagliarvi un po’ di spazio e di energia per buttare il vostro cuore oltre l’ostacolo. Provate a ridurre il vostro livello di conflittualità verso il capo, l’arrampicatore sociale, il politico che non vi rappresenta, la suocera. Provate a pensare a cosa potreste fare se invece di lottare con il prossimo vi metteste a lavorare insieme a lui. Provate, dopo aver fatto tutto ciò che vi riguarda, a concentrarvi per un attimo sui problemi degli altri. È così difficile?
Proviamoci tutti, nel nostro piccolo, con la massima umiltà, ma senza sottovalutarci mai. Dalla nostra abbiamo Internet, ogni essere umano è potenzialmente portatore di un messaggio, è un “mezzo di comunicazione”, non vedo perché non possano esserlo la somma di più esseri umani.
Non è il momento di fare solo il proprio dovere: chi fa il proprio mestiere e non sente che c’è qualcos’altro da fare è, per me, del tutto equivalente agli orchestrali del Titanic mentre la nave affonda.
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a Roma sarebbe come in Campania
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“Risoluzione Usa all’Onu non cita l’integrità ucraina”. Rubio: “Semplice e storica”. Mosca: “Una buona idea”. Voci al fronte: “Non sarà giusta, ma almeno sarà pace”
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Cronaca
Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.